Recensione: Evangelion

Di Alberto Fittarelli - 5 Agosto 2009 - 0:00
Evangelion
Band: Behemoth
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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90

Un passo oltre, implacabilmente. I Behemoth ormai sono i nuovi classici contemporanei: dove una volta a dettare le coordinate di un genere come il Death Metal erano Morbid Angel, Deicide, Cannibal Corpse, Obituary, oggi solo i polacchi e i Nile (anche se questi ultimi un pelo stagnanti, rispetto a Nergal e soci) sono in grado di essere veri leader. E tutto questo, solo con la propria personalità, le proprie abilità tecniche e la propria musica.

Evangelion non fa per confermare quanto detto, e che si potrebbe scrivere per uno qualsiasi degli ultimi 6 album dei Behemoth. Questa volta si punta sul bianco e nero con contrasti netti e meno sull’epos mitologico, ma il risultato è assolutamente lo stesso: un caposaldo sin da ora. Evangelion è infatti un album tutto sommato semplice, senza arrangiamenti enormemente elaborati, ma basato su pezzi che sanno aggredire senza pietà né sosta, così come brani lenti, sulfurei, e per una volta da quando si abbinano questi aggettivi al death, non derivati direttamente dai Morbid Angel.

I polacchi ci attaccano frontalmente da subito con un binomio da paura: Daimonos è l’opener perfetta per il disco, presentando sia l’aggressione pura sia, in minor parte, quell’atmosfera strisciante degna del miglior death metal. Quello che sa dannare l’anima dell’ascoltatore senza tastiere o voci femminili. Ma è soprattutto Shemhamforash, subito dopo, a impattare su di noi senza pietà: un pezzo velocissimo, in cui Nergal tira fuori le viscere pur di annichilire l’ascoltatore; e ci riesce, grazie anche alle dissonanze scelte e al drumming feroce di Inferno.

Focalizziamoci infatti sui due veri e propri punti di forza tecnici del gruppo: Nergal e Inferno. Il primo, se si eccettua la comunque rivalutabile performance su Demigod, ha sempre dato quel valore aggiunto che ha reso i Behemoth il gruppo più annichilente dal vivo, ed è sempre – e dico sempre – capace di trasferire questa violenza su disco, senza risultare in nessun modo “finto”. Il secondo, oltre ad essere uno dei drummer più capaci degli ultimi anni, conferisce ai brani, da solo, almeno metà del proprio valore: impossibile non ammettere come il suo drumming potentissimo e vario sia colonna portante dei pezzi di Evangelion.

Sentitevi infatti l’attacco di Ov Fire And The Void, in cui un semplice riff viene ripetuto quattro volte supportato da una sezione ritmica sempre diversa; e ovviamente la cosa prosegue nel resto del brano. Brano che, scelto per il videoclip dell’album, vede delle soffuse e lontane tastiere, appena percettibili, donare quell’inquietudine di cui solo ascolti ripetuti possono identificare le origini. Ed è questa, la vera grandezza di Evangelion.

In questo gioca un ruolo fondamentale il mixing di Colin Richardson, perfetto nel saper cogliere i punti di forza del disco ed enfatizzarli, senza sbatterli in faccia all’ascoltatore; quest’ultimo deve soffrire pazientemente, cogliendo ad ogni ascolto un aspetto diverso degli arrangiamenti. Splendidi ma minuscoli dettagli, dal falsetto usato per un microsecondo su Shemhamforash al sitar che ne chiude l’assalto, dagli effetti ambientali che avvolgono i pezzi lenti dell’album (oltre alla citata Ov Fire And The Void, anche Alas, The Lord Is Upon Me si candida come brano catacombale), alla dinamica che i Behemoth forse per la prima volta imparano a usare in un brano sorprendente come He Who Breeds Pestilence, alternato tra il bianco dell’arpeggio atmosferico e il nero della coltellata portata dalla strofa.

Potremmo parlare per ore di un album come questo insomma, e non basterebbero forse nemmeno per sviscerare una “outro” (in realtà un brano sabbathiano da lasciare a bocca aperta) come Lucifer, penalizzata nell’immaginario solo dal banale titolo. La sostanza è qui le chiacchiere stanno a zero, bisogna ascoltare, riascoltare e mettere in bacheca al posto d’onore. Insieme al resto della discografia di questi ormai indiscussi padroni del death metal.

Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli

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Tracklist:

1. Daimonos    05:16 
2. Shemhamforash    03:56 
3. Ov Fire And The Void   04:28 
4. Transmigrating Beyond Realms Ov Amenti 03:28 
5. He Who Breeds Pestilence   05:41 
6. The Seed Ov I    04:58 
7. Alas, Lord Is Upon Me   03:16 
8. Defiling Morality Ov Black God  02:50 
9. Lucifer     08:07

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