Recensione: Evolution Purgatory

Di Luca Palmieri - 10 Marzo 2007 - 0:00
Evolution Purgatory
Band: Persuader
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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87

Secondo album per i “Young metal Gods”, premio conferito ai Persuader sulla base di un contest promosso dai più importanti metal-magazine europei, e secondo colpo messo a segno per gli svedesi. Un pò dappertutto questi giovani sono stati accostati ai Blind Guardian, ed effettivamente ad un ascolto poco profondo le sonorità sono molto simili. Ma ascoltando più attentamente ciò che fa divergere i Persuader dai bardi è la loro attitudine, la loro scelta delle linee sonore, la loro energia maggiormente “rude” e “violenta”. Anzi, mettendo a confronto il nuovo corso dei ragazzi di Krefeld con i Persuader, sono sicuro che più di un orecchio si sia fatto rapire dai brani di questo platter, e molti dei defenders dei bardi abbiano abbracciato la causa del “ritorno alle origini” dei nostri.

La band è capitanata dal cantante/chitarrista Jens Carlsson (ora a tempo pieno dietro il microfono), mente e cuore dei Persuader, sostenuto dall’altro chitarrista Emil Norberg (fratellino del chitarrista dei Nocturnal Rites) e dalla sezione ritmica eseguita da Efraim Juntunen e Fredrik Hedstorm. Il genere proposto è, come avrete intuito, un power metal teutonico con evidenti venature speed, spruzzate generose di thrash e qualche richiamo leggero al black. Ciò che comunque contraddistingue i Persuader dagli altri gruppi power è, non mi stancherò mai di ripeterlo, il loro squisito gusto e bravura a rivisitare e ad ammodernare sonorità che echeggiano dagli eighties e nineties. Alcuni ritengono che questa sia una pecca, e non di rado si trovano delle solenni stroncature sulle riviste di genere; il tutto, giustificato dal fatto che questi svedesi non abbiano fatto altro che risuonare le canzoni del celebre “Battalions of fear”. A mio parere, i Persuader possono essere accostati di più agli Iron Savior (non a caso), od anche ai Grave Digger, ma sempre precisando che la loro musica è personalissima ed ha portato una salutare ventata di freschezza e gioventù in un ambiente quasi saturo di gruppi-fotocopie e che continua a respirare grazie alle fatiche dei veterani, come i Gamma Ray.

Tornando al disco in questione, dicevo in apertura di recensione che questo è il secondo colpo per i Persuader. Se già il primo album, “The Hunter”, aveva riscosso un discreto successo e aveva attirato l’attenzione delle label sulla band, grazie alla firma con la Noise/Sanctuary e alla collaborazione con Sielck i nostri hanno perfezionato il songwriting e hanno sfornato questo “Evolution Purgatory”, dieci tracce di metallo fuso e rovente.

Il platter inizia con “Strike down“, opener schiacciasassi, e continua con “Sanity soiled“, perla pregiata dell’album, con una ritmica forsennata e incessante. “Masquerade” inizia con un riff di tastiera, prontamente supportato dalle chitarre, e poi il tutto va a riversarsi in un’altra sfuriata che accenna a calmarsi solo nei bridge. “Godfather” è un altra top-song del disco, che nel suo incedere dà una carica epica irripetibile; momento stupendo è sentire Jens che urla al mondo intero “I am the Persuader!”. La successiva “Turn to dust” ha un attacco fortemente ispirato agli Iron Savior, e ugualmente si sviluppa nel resto dei cinque e passa minuti. E qui si arriva, a mio parere, alla migliore canzone del disco: “Passion/Pain“. Tutto in una canzone: melodia, break lenti, e cavalcate velocissime di puro stile speed; semplicemente fantastico, ossimoro di dolcezza e rabbia tutt’uno, l’assolo. E di qui, in discesa, con “Raise Hell“, “To the end“, “Fire at will” (altro stupendo sfoggio di pura attitudine speed) e l’ultima “Wipe out“.

Voce – Graffiata, potente e aggressiva. Certo, le affinità con il più blasonato Kursch sono evidenti, ma in tutta tranquillità mi sento di dire che in alcuni passaggi il giovane Jens riesce a fare ancora di meglio nelle linee vocali. Il sound della band gli permette di esprimere allo stesso tempo rabbia e profondità con la sua voce, senza tradire nemmeno una nota di nervosismo o di tiro eccessivo. Anzi, sembra che questo stile ruvido e diretto sia l’abito perfetto per Jens. Assonanze (oltre al già citato Hansi) si possono ritrovare in Piet Sielck (che fa parte anche della crew delle backing vocals). Nel contesto generale, trovo che la prova vocale di Carlsson sia perfetta allo stile proposto dai Persuader.

Chitarre – Riff granitici e potenti, e assoli che alternano velocità a dolcezza. Cosa si può volere di più? Il songwriting di Jens e Emil associa sonorità tipicamente power a lampi di genio puramente thrash, senza disdegnare strizzate di occhio al black Dimmu Borgir-oriented. Il risultato è un mix fresco e pulsante, che non dà nessun momento di pace nei quasi 50 minuti del running-time.

Basso – Nel mezzo di questa valanga di suono, il basso risulta poco accentuato. La pecca non è però dovuta a Fredrik, ma alla produzione (ne parlerò più avanti). Le linee alternano riff semplici a riff in cui si sente che il giovane svedese ci sa davvero fare.

Batteria – Il vero punto di forza dei Persuader. Sostenere le melodie frenetiche e veloci di Jens e Emil è compito arduo, ma che Efraim porta a termine col massimo dei voti e anche con la lode. Patterns geniali si alternano e si sovrappongono a scariche di doppia cassa adrenaliniche che fanno da motore propulsore alle parti più speed del disco. Thomen Stauch è una similitudine abbastanza pertinente, ma attenzione: similitudine e non uguaglianza. Efraim è più pesante e preferisce partiture più martellanti rispetto ai frequenti stop&go tipici di Stauch. Nel complesso, un solidissimo scheletro su cui si poggiano le furiose linee degli altri componenti della band.

Produzione – Sielck-Style. Basterebbero queste due parole per descrivere una produzione che può essere descritta come un triangolo i cui vertici inferiori sono la batteria e le chitarre e il vertice superiore è la voce. Cosa manca? Come detto sopra, il basso è lievemente penalizzato. Altresì però, mi sembra doveroso dare un voto positivo alle stupende backing vocals e agli inserti di tastiere e sintetizzatore, mai troppo invadenti e allo stesso tempo ben distinguibili.

I bimbi crescono in fretta, e bene. Un motto popolare dice “L’allievo supera il maestro”. Una volta, il ben più quotato Cimabue poggiò la mano su una tela del giovane Giotto per scacciare una mosca; con sua immensa sopresa si accorse che la mosca era parte del quadro dipinto. Chissà se questi giovani svedesi un giorno riusciranno ad esaudire le speranze delle riviste impegnate a selezionare una band in cui riporre le speranze riguardanti il futuro dell’heavy metal, e confermarsi come “Metal Gods”. Chissà se i cancelli del Valhalla si apriranno al loro cospetto…

Luca “NikeBoyZ” Palmieri

Tracklist:

1. Strike Down
2. Sanity Soiled
3. Masquerade
4. Godfather
5. Turn to Dust
6. Passion Pain
7. Raise Hell
8. To the End
9. Fire at Will
10. Wipe Out

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