Recensione: Explanation to Failure

Di Daniele D'Adamo - 5 Luglio 2016 - 17:50
Explanation to Failure
Etichetta:
Genere: Metalcore 
Anno: 2016
Nazione:
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75

«Chi l’ha dura la vince».

Il motto si adatta bene ai piemontesi Five Minutes Hate che, nati nel 2004, giungono ora al debut-album, “Explanation to Failure”. «Tutta arte che entra», continuando con i detti popolari. E difatti, pur essendo un’Opera Prima, il disco pare l’ennesimo di una lunga serie, talmente è… grande. Adulto, pienamente formato, maturo, cioè.

«L’occhio vuole la sua parte», e quindi i Nostri hanno badato anche all’aspetto grafico, con uno stupendo, evocativo disegno di copertina forgiato da Dan Seagrave. Disegno che, nella completissima versione digipack a due ante, può diventare addirittura un poster da appendere alla parete.

Ovviamente è il contenuto, a dover interessare, alla fine, e il contenuto c’è. I Five Minutes Hate dichiarano di aver mosso i primi passi artistici nel campo del melodic death metal. E si sente lontano un miglio. Stante, in particolare, l’impostazione classica delle song, tipicamente heavy. Tuttavia, Davide Monti e i suoi compagni hanno saputo benissimo aggiornare il proprio sound ai tempi che cambiano, e allora diventa quasi matematico scrivere di metalcore. Metalcore non melodico. Stranamente. Sì, poiché il sound della formazione di Borgomanero è roccioso, durissimo, massiccio. Tagliato con il bisturi. Molto, molto metallico. *-core, cioè.

Con una dose di armonia ridotta all’osso (‘Cem Anahuac’), per l’appunto: i Five Minutes Hate amano «menar le mani», picchiare duro. Fare male, insomma. Soprattutto quando gli scoppiettanti up-tempo di Mattia De Roit assumono i folli connotati dei blast-beats (‘Damnatio Memoriæ’), con disarmonie al seguito tali da far sconfinare lo stile nel technical death metal. Stile che, per la sua ambivalenza death metal melodico / metalcore, appare davvero personale. Grazie, anche e – forse – soprattutto, alla voce del già citato Monti. Una vera «spina nel fianco», con la sua dose di scabrezza quasi assoluta. Hars vocals perfette, cattive, aggressive. Ma anche modulate e adattate a ciascun brano, e non il viceversa come molte volte accade.

Con ciò, a ben vedere, del suono di “Explanation to Failure” si può dire tutto, fuorché che sia accattivante, nel senso di facile e semplice orecchiabilità. Poiché, davvero, i Five Minutes Hate piacciono per la loro acuta personalità, per il loro modo di interpretare il metal estremo moderno allineati alla moda, ma senza dipendere da essa. Difficile, difatti, trovare dei metri di paragone per effettuare delle similitudini stilistiche. I Five Minutes Hate sono i Five Minutes Hate. Punto e basta.

E, questo, probabilmente anzi sicuramente, è il miglior viatico, per loro, per una lucente carriera.

Daniele D’Adamo

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