Recensione: Extermination Revelry

Di Giorgio Vicentini - 31 Maggio 2004 - 0:00
Extermination Revelry
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Genere:
Anno: 2003
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72

Per la serie “a me piacciono gli Incantation”, tornano sul mercato gli americani Drawn And Quartered con il secondo lavoro della loro notevole carriera artistica, che vanta ben dieci anni di dura e coerente militanza nella scena brutal americana.

Dico notevole riferendomi essenzialmente alla longevità, in quanto, spulciando la loro bio, non brillano certo per prolificità avendo all’attivo un primo full lenght d’esordio nel 1999 e due demo, oltre alle svariate esperienze live che ne hanno fatto una macchina da guerra fin dal 1993, anno della fondazione. Che siano musicisti preparati è indubbio: questo disco è suonato con violenza ma con il piglio di chi dimostra di sapere davvero come dosare la brutalità con mestiere; “Extermination Revelry” è un’opera calibrata che predilige l’intelligenza alla follia cieca di certe produzioni brutal più oltranziste, che potranno impressionare per efferatezza, ma che spesso si perdono in loro stesse.
I quattro di Seattle, grazie alla loro notevole esperienza, danno vita ad un disco brutale e tecnico che ha il pregio di offrire punti di interesse nella maggior parte dei pezzi, pur non proponendo nulla di nuovo per il genere stesso tanto che, come premesso in apertura, forti sono le assonanze con gli Incantation.

Rispetto ai citati compatrioti, i Drawn And Quartered suonano meno cupi ed ossessivi ma decisamente accattivanti, alla luce di una produzione davvero lussuosa che non lascia che nessuna delle componenti del disco si perda anche nei momenti più violenti, rendendo il suono pesante ma chiaro e facilmente leggibile. La maggior parte dei pezzi è ben riuscita proprio perchè fondata sull’alternanza tra un riff principale, che costituisce la linea guida del pezzo, inframmezzato da accelerazioni sferzanti o rallentamenti (“Embrace of Darkness” oppure “Incinerated Faithful”); quindi cambi di tempo continui ma non cervellotici o disorientanti, bensì ordinati in modo da rendere dinamici quasi tutti i pezzi. Buona cura è stata dedicata ai testi che, senza entrare nello specifico sì immaginano dai titoli che già ne denotano il tenore (“Necrophile Decapitator”), sono costruiti per inserirsi a pennello nelle ritmiche più controllate, ma che purtroppo sembrano una semplice lettura senza espressività nelle sezioni più estreme. Essendo un disco decisamente classico, non manca un bel vocione gutturale e cavernoso, poco dinamico in alcune occasioni (leggasi testi quasi parlati), ma incredibilmente pulito come dizione; cosa non da poco viste certe produzioni totalmente incomprensibili. In tutte le composizioni la fa da padrone l’affiatamento consolidato del il duo basso-batteria, preciso, vivace che non si limita a creare un effetto “segheria” basato sulla velocità di esecuzione, bensì fautore di un vero e sostanzioso apporto allo svilupparsi dei pezzi, come nel caso i “Kill for my Master”, la traccia meglio riuscita del disco.

Notevole è anche il lavoro dell’unico chitarrista presente, che si accolla il compito di primo massacratore nei momenti più veloci, oltre a quello di virtuoso in un buon numero di assoli dalla struttura classica, sparsi in molti pezzi dell’album. Un’osservazione che muovo a questo disco è di essere un po’ prolisso; una tracklist più snella avrebbe alleggerito l’impegno chiesto all’ascoltatore che potrebbe distrarsi lungo i 46 minuti raggiunti grazie a tracce della durata media di circa 5 minuti l’una. Non si tratta di un lavoro innovativo, non si tratta di un disco geniale, ma sicuramente di un’opera alla quale dare ben più di qualche ascolto perché ben suonata e prodotta.

Tracklist:

01. Embrace Darkness
02. Incinerated Faithful
03. The Ovens Await
04. Kill For My Master
05. Necrophile Decapitator
06. Worshippers Of Total Death
07. Sodomized And Butchered
08. Under The Chainsaw
09. Abyss Behind My Gaze
10. Show No Mercy (US-only bonus track)

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