Recensione: Förlorad

Di Daniele D'Adamo - 23 Luglio 2010 - 0:00
Förlorad
Band: Svart (Ita)
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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71

«Förlorad». Cioè, «perso».

Perso come colui il quale varca l’invisibile barriera che separa la dimensione del tangibile da quella dell’etereo, per precipitare nell’orrido ove alberga Draug; mentore dell’one-man band svedese Svart. Polistrumentista fecondo (Livsnekad, Promenia, Sanctum Sanguis, Apati), in soli due anni il suo oscuro progetto ha dato alla più tenue delle luci un demo (“Då Allt Upphör”, 2008), due EP (“Våran Tid är Förbi”, 2009; “Namnlös och bortglömd”, 2010) e due full-length: “Vanära, Vanmakt och Avsmak” (2009) e, appunto, “Förlorad”, tetro neonato ora di quattro mesi.

L’album è composto di tre lunghe parti, forse più per un motivo formale che sostanziale. Il tutto, «a briglie sciolte». Cioè, senza alcuna preoccupazione per quanto riguarda la data d’uscita e lo stile delle composizioni che, pertanto, sono libere da ogni condizionamento. Con che, come dichiarato dallo stesso Draug, è venuto fuori il materiale più buio che giaceva nella sua tenebrosa anima. E così è. L’inquadramento di “Förlorad” nella famiglia del black è solo un atto dovuto. Gli oltre settanta minuti di musica sono ben lungi da esagerazioni sonore: l’introspezione è spinta oltre i limiti del conscio, arrivando a percorrere i più intricati labirinti della psiche umana; sulle cui muraglie, in eterno, frangono le onde della luce. La vibrazione prodotta da tale fenomeno permea la rarefatta atmosfera circostante, assorbendo definitivamente coloro che si accordarno con la vibrazione medesima. La quale, nei fatti, non è altro che la sequenza di armonie che il progetto Svart mette assieme in modo così etereo e misterioso. Non a caso, infatti, non mancano riferimenti stilistici alla corrente «post-black metal», che trasporta verso mete lontane monomi e binomi quali Alcest e Lantlôs; mete forse irragiungibili, ma perfettamente allocate all’inteno della nostra personalità. Draug sviluppa la sua astrazione mediante una melodia costante, quasi ripetitiva; lenta, trascinata, impregnata da sostanze nere come l’inchiostro di seppia. Il tono è inequivocabilmente dimesso, teso a far precipitare chi ascolta in uno stato d’animo inquieto, permeato dalla depressione. La produzione del suono è più che buona, in antitesi alla regola che esige il caos, quando si tratta di sviscerare note da accumunare al depressive black metal che, a parere di chi scrive, accoglie con maggior facilità le emanazioni della mente dell’artista svedese. La limpidezza del suono, quasi, stride con il mood dello stesso. Anzi, determina un contrasto che teoricamente porterebbe all’annichilazione come quella che si avrebbe se una particella materia e una di antimateria s’incontrassero. Tuttavia, questo non avviene, ed è in ciò che è insita la bontà del lavoro degli Svart: scatenare emozioni incommensurabilmente oscure mediante un suono chiaro. Gli strumenti sono ridotti all’osso: la parte maggiore la fa la chitarra elettrica, leggermente distorta. Accompagnata dallo stanco incedere del drumming, quasi fermo per far sì che si possa aumentare senza limiti temporali la meditazione spontanea che sorge dal nulla ascoltando “Förlorad”. Rarissimi i momenti un po’ più movimentati (“Förlorad II”), dispensati con abilità lungo il CD, quasi a risvegliare l’uditorio dal quel torpore mistico che lo assale quando si chiudono gli occhi e si vola con l’immaginazione. Non sono molte, nemmeno, le intrusioni vocali, limitate a gorgoglii indicanti un profondo stato di sofferenza psicologica. Le linee di basso sono concepite, anche loro, per incupire il più possibile il groove del platter che, per chi è incline di natura alla melanconia, si rivela un’inestricabile, buia foresta ipnotica in cui è dolce perdersi indefinitamente. Se il sole illumina la cima degli alberi di questa foresta, Draug crea il passaggio dimensionale per penetrarvi, alla ricerca – con l’uso di arcane dissonanze – dei più reconditi angoli dove regna l’eterna oscurità. Nel suo fiacco srotolarsi, l’album, volutamente monotono per indurre con maggiore facilità lo stato di trance, si avviluppa su se stesso: inizio e fine coincidono come in un cerchio, rendendo difficoltoso, se ritenuto necessario, il ritorno alla luminosità.  

Per definizione è impossibile condensare, in una fredda e sintetica votazione, l’infinto Universo che si apre nell’animo umano durante l’ascolto di “Förlorad”. Accennando alla tecnica l’esecuzione, il missaggio e la produzione sono più che buone. Ciò che importa, in opere come questa, è tuttavia l’arte. Nemmeno le canzoni, minimali e ridondanti. E se per arte intendiamo, anche, la capacità di creare emozioni vere partendo da un’intangibilità così complessa qual è la composizione musicale, in pochi riusciranno a far meglio degli Svart che, come del resto è evidente, non mirano altro che a navigare, nell’ombra, nell’underground; a uso e consumo di coloro amano mutuare e gustare il potere visionario dell’artista. Un full-length assolutamente particolare, al di fuori di ogni contesto, al di fuori di ogni coercizione, al di fuori di ogni regola.

Daniele “dani66” D’Adamo

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Track-list:
1. Förlorad I 14:30
2. Förlorad II 20:30
3. Förlorad III 39:36

Line-up:
Draug – Vocals, All Instruments

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