Recensione: Farewell To Saints

Di Luca Dei Rossi - 11 Giugno 2009 - 0:00
Farewell To Saints
Band: Winterborn
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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78

Secondo full-length per i Winterborn, reduci già dalle critiche positive del loro primo album Cold Reality. I sei ragazzi svedesi da quando si chiamavano Mean Machine e facevano cover ne hanno fatta di strada. In questo CD hanno deciso di non cambiare rotta e di affinare e concretizzare ulteriormente il loro sound. Ed in effetti ci sono riusciti…non aspettatevi infatti la solita musica: la band unisce ai granitici riff tipicamente Heavy virtuosismi Prog e passaggi Power spettacolari.
In soli cinque anni i Winterborn hanno trovato il loro sound, personale e particolarissimo, che difficilmente scorderete. Secondo chi scrive, la band ha tutte la carte in regola per raggiungere la vetta dei più grandi, grazie alla loro concezione di Heavy fuori dai solti stilemi.

Le soluzioni ritmiche e le figure armoniche adottate sono difatti davvero inusuali, i riff sono davvero particolari, e per capirlo basta ascoltare solo la prima track Black Rain, che a grandi linee dà l’idea di cosa ci si dovrà aspettare dal resto del disco. Troviamo accelerate Heavy e riff martellanti accompagnati da doppio pedale a raffica in Seven Deadly Sins, troviamo momenti acustici di grand’effetto nella dolcissima e melanconica ballad Overture 1939, troviamo cambi di velocità imprevisti e continui nell’ottava Nightfall Symphaty. Ce n’è per tutti i gusti! Le tastiere sono inoltre un altro punto a favore dei Winterborn: non sono mai esagerate ma servono a dare un buon sottofondo alle diverse song e talvolta a renderle ancora più strane, o nel più semplice dei casi per eseguire assoli (tutti esclusivamente suonati alla velocità della luce) ad effetto “duello” con la chitarra. La voce del cantante Teemu Koskela è cattiva e graffiante, all’occorrenza acuta, e si amalgama perfettamente con il contesto musicale. Semplicemente fantastica Another World, track di chiusura dell’album: la canzone parte con un arpeggio di chitarra acustica accompagnato da un mini-assolo di elettrica, a cui si aggiunge il riff su cui si reggerà la canzone e successivamente una melodia di pianoforte rilassante ed elegiaca. Si ritorna all’arpeggio iniziale sul quale Teemu inizia a cantare con voce sommessa e soffice, quanto finalmente il tutto esplode in sonorità sempre lente ma pesanti. La canzone si mantiene sempre su un mid-tempo, accelerando solo in occasione dell’assolo di chitarra. Dieci minuti e ventuno secondi di pura poesia musicale…

Tirando le somme di quanto detto i Winterborn hanno sfornato un album davvero molto bello, che non esito un attimo a consigliare per gli amanti di Heavy, Power e Prog. La band è riuscita finalmente a trovare una propria strada che spero seguiranno con fedeltà, perché i cambi di rotta arrivati a questo punto mi sembrano un volersi auto-distruggere. Di gruppi come i Winterborn quindi non ne troverete assolutamente in giro, sono unici nel loro genere e difficilmente possono essere scimmiottati da altre band. Ci troviamo davanti ad una realtà e non ad una meteora, che avrà molto, ma molto da dire nei prossimi anni. Good work!

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Tracklist:
01 Black Rain * MySpace *
02 Chaos Dwells Within
03 Seven Deadly Sins
04 Overture 1939
05 The Winter War * MySpace *
06 The Land Of The Free
07 Emptiness Inside
08 Nightfall Symphony
09 Last Man Standing
10 Another World * MySpace *

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Band: Winterborn
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75