Recensione: Fifth Angel

Di Abbadon - 4 Aprile 2004 - 0:00
Fifth Angel
Band: Fifth Angel
Etichetta:
Genere:
Anno: 1986
Nazione:
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90

Formatisi a Seattle a metà anni ottanta, i Fifth Angel sono una band che, per il potenziale del quale disponeva, ha raccolto davvero molto poco. Infatti questo promettentissimo combo, composto da Ted Pilot alla voce, James Byrd e Ed Archer (quest‘ultimo anche nella line-up degli Ufo di fine anni ottanta) alle chitarre, John Macho al basso e Ken Mary alla batteria, ci ha regalato solo due album, per poi esplodere e lasciar correre i membri del gruppo per la loro strada (si era riparlato nel 2000 di una loro possibile reunion, nulla di fatto). Nonostante ciò, i cinque sono riusciti a regalare veramente grandi perle al pubblico metallaro, soprattutto grazie al loro album d‘esordio, lo strabordante omonimo. Non è facile parlare con leggerezza di questo illustre platter, in quanto estremamente vario ed emblematico. Certo è che Fifth Angel fu una delle più grandi sorprese di un anno ricchissimo come lo fu il 1986, tanto sorprendente che, pubblicato appunto nel 1986 sotto la semisconosciuta Shrapnel Records, venne notato dalla Epic, che comprò i diritti del platter per rimetterlo sul mercato nel 1988 (con buona permanenza nelle billboard). Il quinto angelo è musicalmente una gran bella fusione di generi musicali (nei dati tecnici ho messo heavy per stare il più generale possibile), che si possono sintetizzare in US power (soprattutto nelle tracce rapide), che però prevede molte venature di classic metal, epic e hard rock, il tutto come detto fuso alla grande. Nessuno dei 5 interpreti passerà probabilmente (e probabilmente anche con punte di amarezza) alla storia per l‘uso del suo strumento (tranne forse Byrd alla 6 corde), eppure la confidenza che hanno con chitarre, pelli eccetera è veramente eccellente. Non mancano di dimostrarlo. ad esempio Pilot al microfono riesce a ricreare una situazione che intreccia, pur con l‘aiuto di cori delle backing vocals (validissime tra l‘altro), il suo timbro ampio, melodico e profondo col contesto strumentale, cosa che non tutti i cantanti riescono a fare. Le track sono 9, tutte molto ampie e potenti, ma piuttosto differenti quanto a ritmiche. Se alcune sono infatti estremamente battenti e roboanti (secondo me sono le migliori), sono presenti tanti mid-tempo, che pur non reggendo (a mio avviso) l‘impatto con le sopracitate scariche, non mancano di ricreare una grande atmosfera, ampliata da testi veramente validi e che spaziano da temi epic/fantasy ad argomenti come l‘impatto del nucleare. L‘opener, titolata “In the Fallout” è, alla prova dei fatti, una delle prime due/tre song dell‘intero esordio, basta sentirla una sola volta per capirlo. Il riff d‘apertura è subito “alto” e aggressivo, per poi lasciar a briglie sciolte una scarica di giri tiratissimi, taglienti il giusto ma mantenenti una certa pulizia. Da segnalare le parti salienti della canzone, ovvero un refrain estremamente orecchiabile, un assolo incredibile, di una puntualità e precisione quasi sconfortanti ma soprattutto, la cosa che più mi ha lasciato impressionato, la capacità di Pilot nel tenere il fiato e rilasciarlo quando deve (a fine brano tiene la parola Sky per ben più di venti secondi). A questa meravigliosa opera segue la valida “Shout it Out”, mid tempo che a mio avviso pecca un po’ nelle strofe, che alla lunga risultano stancanti, per poi rifarsi alla grande nel bridge e nel ritornello, molto aggressivo e vocalmente diretto (la musica permane piuttosto controllata). Ritorno alle velocità folli con l‘esagerata (no non scherzo) “Call Out the Warning”, probabilmente la traccia più “piena” ed imponente di tutto il lotto. Le chitarre fanno il loro dovere in maniera fin troppo esimia, non sbagliando un colpo, il ritornello è un unisono di voci che esaltano l‘ascoltatore come poche canzoni hanno saputo fare (almeno a me). Lunghissimo e perfetto anche l‘assolo, senza una sbavatura né nelle scale, né quando le due chitarre si incontrano fra di loro. Non resta molto altro da dire, solo ascoltare. Un leggero drumming ci accompagna all‘eccellente title track, mid tempo con un‘atmosfera tutta sua e davvero particolare. La canzone scorre piano, ma in maniera pressante, pressione che però porta in altre dimensioni grazie a un sapore epico d‘alta caratura. Tecnicamente siamo un gradino sotto la prima e la terza, però a emozioni…..basta sentire e giudicare (io ovviamente la consiglio caldamente). Degne di nota anche le parti di 6 corde, come sempre verrebbe da dire. Niente male anche l‘arpeggio lento con la quale si apre “Wings of Destiny”, che fa da giro di boa. La partenza è lentissima e carica di pathos, per poi acquisire in potenza sonora senza snaturare la sua natura, potenza che si protrae ottima e lineare per un giusto numero di minuti. Il classico spiffero di vento notturno ci accompagna al più che mai oscuro riff (accompagnato da effetti sonori estremamente cupi) di che apre “The Night”, la terza sfuriata strumentale di Byrd e soci. Sebbene reputi questa song lievemente inferiore alle due canzoni spedite che la precedono, la malvagità che scaturisce dalle sue note è nettamente superiore, ilchè aumenta il peso specifico della notte. Per il resto è bello tutto, pochi i punti deboli. Purtroppo ogni disco ha un anello debole della catena (per quanto possa comunque essere resistente), e in questo disco secondo me è “Only the Strong Survive”. Bei riff, bella voce, bello tutto ma fuso in una combinazione che rimane piuttosto scialba come risultato complessivo, da skip alla successiva traccia, specie se questa è la maestosa “Cry out the Fools”. Non ci giro molto intorno, questa è per me la miglior traccia lenta presente in Fifth Angel, dotata di una poteza sonora e nel contempo di un‘armonia con pochi pari. Il ritornello è antologico, sembra fatto apposta per essere urlato in coro, ma anche il resto non scherza, bellissimo. L‘album si chiude con l‘ennesima gemma, simboleggiata dal melodicissimo arpeggio di “Fade in Flames” concentrato di dolcezza che si evolve ben presto nell‘ennesima grande cavalcata da sentire e risentire. Peccato davvero che i Fifth Angel abbiano avuto vita così breve, perché se solo fossero stati più uniti se ne sarebbero usciti come un gruppo portentoso, canditato sicuramente a diventare storico. Purtroppo il secondo album (senza Byrd, diventato solista) vale forse la metà di questo esordio, che rimane comunque l‘ennesima gemma di quella incredibile decade che sono gli anni 80.

Riccardo “Abbadon” Mezzera

Tracklist :

  1. In the Fallout
  2. Shout it Out
  3. Call out the Warning
  4. Fifth Angel
  5. Wings of Destiny
  6. The Night
  7. Only the Strong survive
  8. Cry out the Fools
  9. Fade to Flames

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