Recensione: Fires Within Fires

Di Andrea Poletti - 4 Ottobre 2016 - 0:00
Fires Within Fires
Band: Neurosis
Etichetta:
Genere: Stoner 
Anno: 2016
Nazione:
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83

La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura.

Alber Einstein

Saper creare  da nulla, essere portatori positivi piuttosto che passivi, in un mondo dove l’affare del giorno è considerato spesso copiare senza un briciolo di anima; un mondo dove la bravura è vista in base alla classe di popolarità piuttosto che a ciò che si trasmette e si realizza effettivamente. Fuori dai classici red carpet della musica che conta, dagli schemi prestabiliti che tendono ad omogeneizzare tutto e fieri di un sound creato dalla strada, dalla vita vissuta piuttosto che da un trend qualsiasi i Neurosis tornano dopo quattro anni di silenzio alla loro maniera: sconvolgendo gli schemi classici che da sempre li contraddistingue. Rivoluzionare per riordinare, ordo ab chao nel trentesimo anno dalla nascita ufficiale con l’undicesimo album in studio che prende vita sotto il nome di “Fires Within Fires”. Cosa possiamo raccontare di una band che da sempre segna il mondo e suggella ad ogni uscita un nuovo ennesimo grande album senza mai sbagliare? Si può preferire questo o quello, ma sinceramente di “errori” i Neurosis non ne hanno mai compiuti e come un sogno ad occhi aperti, tutto pare superfluo, irraggiungibile, a tratti indefinibile ed immateriale. “Fires Within Fires” non inventa nulla, non riscrive la discografia dei nostri ma conferma una volta ancora che sono sopra ogni classe stilistica e creativa. Era dal famoso “Enemy of the Sun” che non veniva creato un album con un minutaggio sotto l’ora di durata, il terzo più breve dell’intera carriera considerando i primi due “Pain in mind” e “The Word As Law”; utilizzando una piccola metafora però, la lunghezza non è sempre importante, la qualità è ciò che conta e oggi ne abbiamo conferma. “Fires Within Fires” potrebbe essere visto come la sintesi del percorso evolutivo della band, che regala all’audience quello che pare diventare il successore indiretto dello splendido “Through Silver in Blood” quanto tempistichemusicali, ritmiche e feeling generale. 

Cinque sole canzoni che viaggiano nello spazio tempo in poco più di quaranta minuti per donare al mondo ciò che il fuoco cancella, purifica e lascia risorgere dalle ceneri per rivitalizzare la morte interiore. Le musiche dei Neurosis nascondono il sole alla vita, nascono dai lamenti e stagnano in solitudine dove il silenzio regna quale sorvegliante delle anime di passaggio. Lenti, sulfurei e introspettivi i brani si delineano con calma, senza avere dalla loro l’ansia di riflettere tutto in pochi secondi, gli album dei Neurosis vanno assaporati, degluttiti e digeriti con le luci del giorno lontane e le attenzioni pronte a carpire ogni cambio di direzione. Una magia oscura che sussurra una nenia cimiteriale metafisica.

Nota pre-lettura, da questo momento ho chiuso gli occhi, fatto partire il disco e scritto in contemporanea con le canzoni, non correggo, non modifico nulla di ciò che ho sentito dentro e ogni frase è l’estensione del mio “Io” durante l’ascolto. 

Un flusso continuo che destabilizza e contemporaneamente tranquillizza, una navigazione in incognito tra la voglia essere ed il divenire pauroso. Conosci te stesso? ‘Bending light’ è appena iniziata mentre vi scrivo e il vuoto mi riempie attraverso il sussultare dei richiami alla perdizione più assoluta che abbraccia le visione di questa notte mai come oggi cupa e maestosa. Viaggi astrali che accompagnano la mia stout nel calice in penombra, per facilitare lo scorrere del sangue sin quando tutto bruscamente si stoppa con le parole.

To forgive 

To Decline

Shadow Memory’ è magistrale, comprendi dove risiedono i musicisti a differenza dei musicanti e leggi lo scorrere del tempo.

Rise of the Silence

Non v’è differenza tra passato e presente discografico, solo un grande fiume di note che porta ad occhi chiusi il tuo corpo a necessitare di riemergere dal fango creazionista. Sto contonuando a scrivere nel buio, senza realizzare ciò che esce da una tastiera premuta ad occhi chiusi in penombra, voglio immergermi, voglio amare l’estemponaeo e la mia ombra prende paura. Siamo vento gelido, siamo carta stropicciata dalle mani del destino manipolatore. La birra fa effetto, sento il silenzio del suono. I synth atmosferici cadenzano l’ingombrante figura che si delinea sulla parete, vivo statico o muto complessivamente? Il rituale si allunga e arriva lo stop, me la godo sino al midollo, ci  risentiamo tra poco. ‘Fire Is the Lesson’ mi traduce l’agonia nelle sue ritmiche tribali e nel mantra di una nenia ipersurrealistita; riconosco questi riff, sono il loro marchio di fabbrica, uguali ma contemporaneamente differenti al passato. Come fate bestie che non siete altro? Mi sto purificando e imparando mentre brucio. Continuo a bere, vedo lontano e “headbango” in solitudine. Non ci sono molte parole, è l’energia che nasce dentro il fattore cruciale, quella ipersottile linea che destabilizza il presente in cambiamento. Mi sento graffiato, mi taglio con le note dello stereo e continuo ad imparare ad occhi chiusi.

Whole Experience

Eco e decadimento vitale, ora bevo, ora ‘Broken Ground’ ha una voce profonda e contemplativa, sono le parole che avrei sempre voluto sentirmi dire prima che lo schiaffo istituzionale mi risvegli. Un pugno nello stomaco, il baratro dell’abisso interiore, mi sento cadere. La terra si sta rompendo sotto di me e guardo dentro. Mi manca il fiato, bevo altra birra così i dieci gradi della mia stout irlandese prendano vita dentro. Percepisco i paesaggi scozzesi, sento il tramonto della death valley e ricordo l’odore del deserto; ho vissuto e riesco a ritrovarmi dentro i suoni. Senza aver vissuto non hai il diritto di morire, ma tutto finisce e la gamba trema. Seguo il tempo ora che ‘Reach‘ sta iniziando’ durante questo mantra da dieci minuti danzo sulla sedia ad occhi chiusi con il doppio vocalizzo.

They Never See

Oh, let me see

Trust in blood Never Wanted

Sento il tremolo, la chitarra distorta e dieci minuti diventano un’agonia infinita, cosa devo raggiungere? Cosa posso ottenere? i cosa ho ancora bisogno? 

Chiudiamola qua, non voglio soffrire ulteriormente, i Neurosis si subiscono, si vivono, non si analizzano e scrivo i battiti del cuore. L’ennesima perla, l’ennesima dimostrazione di potenza che colmerà le domeniche notte, come oggi durante un lungo autunno. I sorrisi non esistono, l’uomo contento è surrealismo applicato. Falsi. Fuoco dentro il fuoco, brucio con godimento. Addio. Sipario.

We are Surrounded.

Reach.

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