Recensione: Firestorm

Di Francesco Sgrò - 23 Febbraio 2014 - 14:27
Firestorm
Band: EZ Livin’
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2014
Nazione:
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80

Un profondo letargo iniziato nel 1991.
Subito dopo la pubblicazione del primo album intitolato “After The Fire”, grazie al quale i teutonici EZ Livin’ ebbero l’opportunità di condividere il palco con vere icone dell’Heavy Metal mondiale come Domain e Axel Rudi Pell, l’estemporaneo combo germanico degli EZ Livin’ è scomparso dai radar, lasciando le scene per ben ventidue anni.

Dopo oltre due decadi di silenzio, ecco risorgere dall’oblio il gruppo nato dalla prolifica mente del chitarrista Hans Ziller (noto anche per il lavoro svolto con i connazionali Bonfire), il quale, grazie ad una formazione rimaneggiata in cui spiccano personalità di elevata esperienza come Harry Reischmann (batteria, Bonfire), Ronnie Parkes (basso, Tango Down e Seven Witches), il tastierista Paul Morris, già visto alla corte dei Rainbow e, direttamente dagli Accept, l’onnipresente vocalist David Reece, restituisce nuova vita agli EZ Livin’, rilasciando finalmente il secondo prodotto discografico in carriera, dall’esuberante titolo di “Firestorm”.
Completata da un’ottima produzione, curata dal Alessandro Del Vecchio (quando si parla di onnipresenti!), questa seconda opera, vede anche la partecipazione del chitarrista Chris Lyne (Mother Road ed ex Soul Doctor) in qualità di ospite speciale.

La carica esplosiva contenuta nel titolo che accompagna il lavoro è subito riversata nelle note dell’iniziale “That’s How He Rocks”, opener dinamica e furiosa che in una manciata di minuti travolge l’ascoltatore in un turbine di potenza ed eleganza: a dominare sono gli eccellenti riff macinati dalla sei corde di Ziller che, ben supportato dal resto della band, riesce nel difficile intento di far decollare immediatamente l’album con una partenza al fulmicotone.
“Loaded Gun”, conservando l’energia del precedente brano, prosegue egregiamente segnalandosi per l’ottimo coro orecchiabile e divertente, di quelli che ci si trova a canticchiare dopo pochi istanti.

La  possente “White Lightning” pone poi in evidenza l’ottima preparazione tecnica dei singoli musicisti, fotografando nuovamente una band ispirata ed in perfetta forma che, pur se nella veste di un side project difficilmente duraturo, riesce a dimostrare ottime capacità compositive ed un affiatamento di tutto rispetto.
Dopo un primo trittico roccioso, il sestetto teutonico non si sottrae “alla regola della ballad”: ecco allora la splendida “Let’s Fly Away”, maestosa e sognante slow dalle forti tinte AOR, ottimamente eseguito ed interpretato da un singer di grandissimo valore come Reece, per un risultato definitivo di grande impatto.
Si torna poi su lande decisamente Hard Rock con la granitica “Easy Living”, canzone con cui la band mostra tutta la propria devozione per i titanici Deep Purple, a partire da un’intro tastieristica che può facilmente rievocare l’atmosfera dell’immortale “Perfect Strangers” del 1984, prima di adagiarsi su tonalità più squisitamente Hard Blues.

La successiva “The Damage Is Done” è un nuovo ottimo affresco di potente Hard Rock e rappresenta il preludio all’altrettanto granitica ed elegante “Too Late”.
La conclusiva “Into The Night” non tradisce infine quanto di buono espresso sin qui, chiudendo in maniera feroce un album privo di cali di tensione e confezionato con tutti i caratteri utili a renderlo appetibile ad un pubblico di grandi amanti di sonorità Hard Rock.

Una band rimaneggiata eppure validissima questi EZ Livin’, purtroppo non molto nota alle scene che contano: il loro nuovo “Firestorm” è davvero un gran bel disco.

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