Recensione: Flotsam And Jetsam

Di Vittorio Cafiero - 30 Luglio 2016 - 0:06
Flotsam And Jetsam
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2016
Nazione:
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85

Flotsam & Jetsam anno domini 2016. Cosa ne è di un gruppo da trent’anni sulla scena, che non ha mai davvero sfondato, famoso più che altro per aver visto esordire nelle sue fila un membro “di passaggio” di una delle più grandi metal band di sempre? In termini ancora più caustici, c’è ancora spazio per una compagine gregaria rispetto ai grandi nomi, con una discografia lunga, con diversi ottimi titoli che gli appassionati hanno adorato ma che non sono stati sufficienti a farla sollevare da quella odiosa “seconda fascia” che sembra essere la sua eterna zona di residenza?

Sono questi gli interrogativi che immediatamente sorgono tra i pensieri di chi si accinge a prendere in esame il nuovo, omonimo album della band di Phoenix. E, ammettiamolo, dispiace onestamente porsi certe domande, perché, come spesso accade, sono i meno vincenti ad essere quelli più simpatici. E di vittorie i Flotsam & Jetsam ne hanno colte poche, oltre ad un pugno di ottimi lavori all’inizio della loro carriera specialmente e a qualche tour come spalla di gruppi più affermati. Poi poco altro; se a questa mancanza di grandi luci si aggiunge un penultimo album – “Ugly Noise” – davvero deludente, è abbastanza naturale schiacciare il tasto play con una certa sufficienza…Ma il bello della musica è anche la sorpresa, le regole scritte sono ben poche; tanto che bastano i primi secondi del pezzo di apertura, “Seventh Seal”, per far sollevare la testa del recensore di turno e a regalare sei minuti di vero e proprio godimento: un netto ritorno al thrash metal di matrice americana, strumenti ben definiti ed incisivi, ottimo tiro e arrangiamenti azzeccati. Un fuoco di paglia? Solo un ottimo antipasto prima di uno scialbo pranzo? No, proprio no. Ma prima di proseguire, un passo indietro e vediamo chi sono i Flots oggi; abbiamo l’indomito, unico cantante di sempre, Erik A.K., la sola ed unica voce della band. Probabilmente uno dei migliori e più personali vocalist nell’ambito thrash in assoluto. Dopo tanti anni la sua voce è sempre la stessa, sentita, passionale e personale. Al suo fianco, il fidato Michael Gilbert alla chitarra, altro membro storico, quasi sempre presente. Insieme a loro i nuovi Steve Conley, sempre alla sei corde, Jason Bittner dagli Shadows Fall alla batteria e il redivivo Michael Spencer, primissimo sostituto di Jason Newsted e presente sulle prime demo del capolavoro “No Place For Disgrace”. Che sia stato l’innesto dei nuovi musicisti, oppure il lungo e approfondito lavoro di scrittura (il presente album, a quanto pare, ha rischiato di essere un doppio), fatto sta che “Flotsam & Jetsam”, senza tanti giri di parole, è uno dei migliori album dell’intera discografia della band e che può tranquillamente permettersi di non sfigurare davanti ai suoi capolavori. Come stile, l’indurimento rispetto all’ultimo album valido del gruppo (“The Cold”) è netto, ma l’anima melodica che ha sempre accompagnato l’approccio del gruppo non è andato persa. “Life Is A Mess” sembra un outtake di “No Place For Disgrace” (che il risuonarlo interamente abbia giovato alla band?) tanto è tosta ed accattivante, così come “Verge Of Tragedy” riprende lo spirito drammatico e sentito della storica title-track: Erik A.K. assolutamente sugli scudi ancora una volta, per un pezzo decisamente trascinante. E come non parlare di “Iron Maiden”: i Flotsam & Jetsam si tolgono lo sfizio di omaggiare la Vergine Di Ferro con un pezzo che più maideniano davvero non si può. Certo, sicuramente un divertissement, ma la carica e le armonizzazioni sono proprio quelle dei primissimi Maiden e non si può restare impassibili davanti a tanto sfoggio di capacità emulativa, se il termine è concesso. Tanta è la qualità del lavoro sotto analisi che davvero verrebbe la voglia di prendere pezzo per pezzo e declamarne le lodi, ma una volta tanto si vuole lasciare al lettore il beneficio della sorpresa. E allora, passiamo direttamente alla seconda metà del cd: “Creeper” è probabilmente il pezzo meno diretto del lotto (anche a causa di tempi decisamente poco inclini all’orecchiabilità) e necessita per questo di maggiore attenzione, ma è sufficiente la successiva “L.O.T.D.” per ritrovare la foga tipica del thrash a stelle e strisce di tanti di anni fa. Similmente, suona vintage l’intermezzo “The Incantation”, tanto da ricordare vagamente certi strumentali dei primi Testament come atmosfera. Si parlava di nuovi innesti poco sopra: e se è difficile distinguere e soppesare quale sia l’apporto di ciascun chitarrista (il promo sheet non aiuta in questo senso), per cui vale tanto vale lodarli entrambi, è invece facile apprezzare il lavoro del “nuovo/vecchio” bassista, aiutato da una produzione che, una volta tanto, valorizza il suo strumento. Come se non bastasse, poi, gli Shadows Fall si dimostrano ottima palestra e, dopo aver offerto i servigi di Jonathan Donais agli Anthrax, ora prestano Jason Bittner ai Flotsam con simili risultati: i fill di batteria sono ottimi ed è fantastico veder sposare uno stile di drumming moderno e ricco con un songwriting così tanto “intensamente” metal come ai vecchi tempi. Grandi musicisti, quindi, ma la cui abilità è funzionale in tutto e per tutto alla forma-canzone, tanto da renderla bella nella sua totalità: vale menzionare la progressione di “Time To Go”, che arriva ad esplodere nel suo refrain benedetto dalla solita linea melodica perfetta, oppure “Smoking Gun”, che a partire dall’attacco fino alle variazioni ritmiche centrali è un vero esempio di qualità in fase di scrittura.

Ben poco altro da aggiungere: “Flotsam & Jetsam” è l’ABC del metal con lo stile di un tempo scritto con la testa, i mezzi e la freschezza di oggi. Sicuro candidato al titolo di migliore disco dell’anno.

Vittorio Cafiero

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