Recensione: Fly By Night

Di newblackclown - 5 Febbraio 2004 - 0:00
Fly By Night
Band: Rush
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 1975
Nazione:
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88

1974

Tre ragazzi canadesi, tre diverse storie, si affacciavano nel mondo della musica, vent’anni sulle spalle ed un amore cieco per i seventies. Finalmente erano riusciti ad incidere la loro prima opera: “Rush” vede la luce nel gennaio del medesimo anno, pubblicato indipendentemente per la Moon Records. Data la loro provenienza da classi poco agiate, i loro sogni erano teneramente fondati sulla riuscita di questo progetto. Così si tuffarono coraggiosamente nei primi tour attraverso la loro nazione, dove furono accolti da una cinica indifferenza; cosi come il loro mondo si dissolveva pacatamente, il loro album precipitava negli angoli più bui sfiorando l’universo del dimenticato.
Il primo dei tre a cadere fu John Rutsey, il batterista, credeva che l’originalità dei suoi compagni rasentasse la presunzione, non ne aveva bisogno; aveva altre band che gli potevano fornire degli appoggi a lui più congeniali. Mancavano solo 2 settimane al tour che poteva conferire un nuovo lustro di popolarità ai 2 sopravvissuti, dovevano cercare in fretta un sostituto. Nel secondo giorno di audizioni arrivò defilato e stranamente accigliato un certo Neil Peart che nonostante il suo fare distaccato, quasi ortodosso, si mostrò straordinariamente bravo nell’assimilare i pezzi.
Era appena tornato distrutto dall’inghilterra dove aveva cercato senza fortuna una Band, si era sentito rispondere spesso di no per le seguenti ragioni:
– un’inclinazione fanatica per i tempi dispari negli arrangiamenti
– scarsa presenza scenica
– faccia seriosa
Il mosaico era compiuto:
Geddy Lee – Basso, tastiere e voce
Alex Lifeson – Chitarre elettriche ed acustiche
Neil Peart – Batteria e percussioni
Nel febbraio del 1975 un volo di idee si innalzarono concentriche nell’universo musicale, senza tregua scolpivano storie prive di tempo e di nome; Neil cambiò radicalmente questo gruppo, la sua natura emotiva e sociale era eversiva per tutti gli stereotipi dell’epoca. Rush era diventato sinonimo di tradimento: Fly By Night svergognava la cultura del periodo, costruendo un monumento all’individualismo attraverso gli insegnamenti di Any Rand. Non era una nuova vocazione politica, era solo il desiderio di vivere un sentimento: Non fu capito. Una pioggia di dissenso chiuse le orecchie di chi non voleva più ascoltare, ma la forza di quel disco aveva una latenza enorme, un potenziale di emozioni esplosivo che calò fendenti di passione in tutto il mondo. Cosi evoluti, cosi diversi, non potevano morire per un’ottusa bocciatura figlia di pure speculazioni, che non hanno nulla a che fare con l’arte. Camminarono coraggiosi guardando avanti, avevano mille altri mondi da dipingere con la loro maestria e la loro fantasia, avrebbero abbattuto le soglie delle sciocche inibizioni plasmando un nuovo modo di vivere il rock. 30 anni dopo c’è ancora chi ha il gusto di commuoversi per questi eroi, nonostante la loro capigliatura non sia più corvina o dorata, ma abbia una tonalità grigiastra… 30 anni ed ancora conquistano anime, roba che capita soltanto a chi ha avuto il privilegio ed il merito di scrivere una pagina di storia… 30 anni non sono nulla, per una leggenda.

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