Recensione: Folkemon

Di Alessandro Calvi - 24 Febbraio 2002 - 0:00
Folkemon
Band: Skyclad
Etichetta:
Genere:
Anno: 2001
Nazione:
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75

E’ con più di una lacrimuccia che mi accingo a recensire quella che, a meno di ripensamenti ben oltre l’ultimo minuto, è e sarà l’ultima opera dello storico gruppo degli Skyclad.

E’ infatti notizia degli ultimi mesi lo scioglimento del gruppo capitanato da Martyn Valkyer che per anni ci ha ragalato bellissime canzoni a cavallo tra il metal e il folk con gli splendidi inserimenti dell’allegro violino di George Biddle.

Ma bando alle ciance, lasciamo da parte per un po’ il dispiacere per recensire questo Folkemon, primo e a quanto pare anche ultimo disco degli Skyclad pubblicato presso la Nuclear Blast. Il cambio di etichetta non manca di farsi sentire in questo disco che risente di un generale indurimento del suond.

Le chitarre sembrano avere un suono più sporco, più cattivo e guadagnano maggiore risalto rispetto ai dischi precedenti dove si lasciava maggiore spazio alla melodia. In particolare ad avere meno spazio è il magico violino che ha reso famosi gli Skyclad, una volta parte centrale del songwriting e che spesso duettava con gli altri strumenti, ma erano le chitarre che seguivano il violino non il contrario. Ora invece la parte folk sembra relegata in secondo piano, quasi a fare da comprimario, usata giusto per allietare i brevi momenti strumentali delle canzoni. Non a caso le canzoni più belle sono proprio quelle in cui la connotazione folk emerge maggiormente allo scoperto, donando alle canzoni quel qualcosa in più. La realtà è che una canzone degli Skyclad senza il violino di George e il folk, anche con tutta la buona volontà, non riesce ad elevarsi dalla mediocrità di un gruppo con qualche influenza power ma ben poche idee da esprimere e senza nulla di originale da dire.

Infatti non tutte le canzoni rimangono fissate nella memoria, solo poche conquistano come la seconda Think Back and Lie of England e la terza Polkageist dai ritornelli trascinanti. Canzoni in cui il violino di George torna a farsi sentire e a condurre, pur se per poco tempo, le danze.

Meritevoli di citazione sono anche la quinta traccia, la lunga The Disenchanted Forest, ben oltre i sette minuti, in cui si riaffacciano alcune delle vecchie sonorità permettendoci di lanciarci in strane danze tra le mura di casa. Si fa notare anche The Antibody Politics, ma si va già calando. Bisognerà aspettare il finale del disco con Any Old Irony e Swords of a Thousand Men per avere di nuovo qualcosa che ricorda lo stile degli Skyclad come abbiamo imparato ad apprezzarli.

In globale Folkemon è un buon disco, con un’ottima produzione, infatti non stiamo parlando dell’ultima casa discografica della scena metal, e con più di qualche buona canzone. Il problema è che gli Skyclad ci hanno abituato a un certo tipo di canzoni e questo loro lasciar da parte certe sonorità un po’ lascia l’amaro in bocca. Le canzoni sono buone come dicevo, ma per ascoltare del classico power, pure un po’ ritrito, con qualche spruzzata di violino posso ascoltare un qualsiasi gruppo clone come ce ne sono a decine nel panorama tedesco. Dagli Skyclad ci si aspetta altro, quella cioè che qualcuno ha anche chiamato: Tarantella Metal, cosa che, mi duole ammetterlo, latita per gran parte del disco.

Consigliato per chi non conosce ancora gli Skyclad e vuole cominciare con un approccio dolce per poi affrontare i dischi più belli del gruppo ma anche da un certo punto di vista meno metal. Un voto che premia la qualità del disco e delle canzoni, ma gli Skyclad dei tempi migliori facevano un genere diverso.

Track list:

01 The Great Brian Robbery
02 Think Back and Lie of England
03 Polkageist
04 Crux of the Message
05 The Disenchanted Forest
06 The Antibody Politic
07 When God Log-off
08 You Lost my Memory
09 Dejà-Vù ain’t what it used to be
10 Any old Irony?
11 Swords of a Thousand Men

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