Recensione: Folkstone

Di Michele Puma Palamidessi - 2 Agosto 2016 - 0:00
Folkstone
Band: Folkstone
Etichetta:
Genere: Folk - Viking 
Anno: 2008
Nazione:
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80

Dalle terre del nord italia, precisamente da Bergamo, come un fulmine a ciel sereno nel lontano  2008 i Folkstone fecero uscire il loro primo album in studio dal titolo omonimo “Folkstone”, anticipato  l’anno prima dalla demo “Briganti di montagna” (2007). Per chi non li conoscesse, si tratta  di  una band abbastanza particolare, che propone un mediaval rock\ folk metal con tratti addirittura cantautoriali, trainato dalle imponenti cornamuse (il loro grande marchio di fabbrica) arricchito  anche da altri strumenti come flauti, bombarde ed arpe che si armonizzano perfettamente con gli altri classici strumenti come chitarre, basso e batteria; se volessimo azzardare una similitudine con altre band potremmo citare i tedeschi Haggard.
Questo full-lenght è un po’ una pietra miliare per gli amanti del genere, un disco folk metal veramente valido, nel quale le parti vocali come i cori sono cantati rigorosamente in italiano dall’imponente e simpatico cantante Lore,  che oltre a cantare suona la  cornamusa ed il rauschpfeife (uno strumento a fiato del XVI secolo) il tutto condito dalla bravura e dalla fortissima alchimia tra i componenti del gruppo.

L’album inizia dopo una breve intro che ci fa entrare in un atmosfera medievale per prepararci al primo ed irrompente brano di questo platter, un autentico cavallo di battaglia, ovvero “Folkstone” dotato di un chorus irresistibile e di un ritmo frenetico: inizio fortemente scoppiettante.
Si continua con un duo di brani veramente iconici per questa band, il primo “Briganti di montagna” è un brano più lento rispetto al precedente ma molto intenso, buon chorus, quasi un autocelebrazione  a livello testuale, una scelta molto azzeccata, così come la seguente “Rocce nere” dove  la band celebra con nostalgia le bellezze della loro terra natia, ovvero le alpi orobiche, un brano molto atmosferico, nostalgico con un pizzico di epicità che non guasta mai, ad oggi questo  pezzo viene  molto utilizzato in sede live.
La successiva “Avanti” è un brano  acustico che ben si incastona  come intermezzo per dare spazio al brano più trascinante dell’intero album nonchè una delle canzoni più amate dai fan, ovvero “In Taberna“,  che fa dannatamente presa sull’ascoltatore con ritmi incalzanti condito da un testo semplice ma che non smetteresti mai di cantare, soprattutto il motivo che si ripete a squarciagola  “Ehinà.Ehi.nà nà, In vino veritas“, spensierata  e trascinante.
Oltre il tempo” è un buon mid tempo con atmosfere meno spensierate  e più scure rispetto all’episodio precedente , forse il brano meno diretto dell’intero lavoro ma dotato di un testo  interessante e ben scritto  dove a tratti diventa  addirittura crudo.

“Suono di monete allieta il mio essere
 lesta è la mia mano nel farle venire a me
Nobili e ricchi la testa vi mozzerò
col loro cranio a banchetti io brinderò”

Si torna invece  con “Passo pesante” ad una canzone più allegra e d’atmosfera grazie alle cornamuse in primo piano, che  porta  l’ascoltatore fino al riuscitissimo ritornello; anche qui la voglia di cantare subentra nella testa di chi ascolta questo brano, “Con passo pesante io cerco qualcosa che si chiama Libertà, senza catene di immagine alla fine dei miei giorni si vedrà“. Anche qui si tratta di un cavallo di battaglia, un classico per questi ragazzacci.
Si passa  successivamente  al brano ” Lo stendardo“, più aggressivo, quasi heavy e le atmosfere folk in questa occasione vengono  quasi accantonate, in un brano normalissimo che si lascia ascoltare ma che non fa tanta presa. La seguente “Igni Gena” si tratta di un tributo alla band teutonica “Schelmish“, e fa da apri pista ad  una canzone veramente ben riuscita, una delle migliori di questo platter, ovvero ” Alza il corno“, un brano che già dall’inizio si fa piacere, dove parte un riff incalzante fino alle cornamuse per poi ridare spazio alla chitarra con il suo riff  efficace ( che fa più volte la sua comparsa nel corso del brano),  il testo questa volta affascina l’ascoltatore per le sue parole, così come il chorus ripetuto un paio di volte  e rende il brano veramente notevole.

“Aspro e fiero del tuo sorriso
che mi ispira vedo la realtà
alzo il corno a te brindo
sola al mondo donami verità”

Dopo “Alzo il corno” l’album si conclude con un’outro che riprende con un’arpa la melodia del brano iniziale, una degna conclusione di un album veramente bello e trascinante. Questo platter è il loro battesimo di fuoco, infatti “Folkstone” sembra voler dire all’ascoltatore: “Noi siamo i folkstone, una scorribanda di briganti senza padroni nè dei, selvaggi e liberi“. Un ottimo biglietto da visita ed uno spettacolare debut album.

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