Recensione: Forced To Be A Stranger

Di Emanuele Villa - 11 Agosto 2012 - 0:00
Forced To Be A Stranger
Band: Bad Memories
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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80

Un tuffo nel passato, un’ora di melodie ottantiane per un album che la community AOR non potrà che accogliere con interesse. 

Ascolto dopo ascolto, ci si rende conto di quanto “Forced to be a Stranger” sia un prodotto della passione: per la musica, per l’hard rock, per la melodia, per gli intrecci classici tastiera/chitarra, i cori da stadio e le emozioni di un tempo che fu. E non potrebbe essere diversamente: in un mondo in cui la logica del profitto va chiaramente in altre direzioni, si deve dare atto ai Bad Memories di averci creduto fino in fondo e, forse soprattutto per questo, di aver confezionato un prodotto meritevole di menzione. Poi intendiamoci, c’è chiaramente un po’ di (sano) campanilismo in queste parole, perché il Made in Italy merita sempre una considerazione particolare, ma il giudizio sarebbe incoraggiante in ogni caso, anche se “Forced to be a Stranger” provenisse da un oscuro paesino della provincia americana.

Iniziamo dicendo che le doti tecniche ci sono e l’ispirazione non manca. L’impronta è molto classica, anche nelle sonorità: “Tears of Anger” ci ricorda la prima produzione Bonjoviana (7800° Farenheit e affini), con le sua galoppate aggressive, gli arpeggi stoppati e i tappeti di tastiere; la struttura melodica è quella classica, molto semplice e “catchy”, e questo vale anche per “Never too hard”, che invece ci riporta alla mente, ma solo nella strofa, i Danger Danger dei tempi d’oro. Poca originalità? Forse, ma a volerla dire tutta nell’AOR c’è ben poco da inventare, e qui l’originalità non sembrerebbe proprio un’esigenza primaria: c’è piuttosto un forte interesse a confezionare un hard rock diligente, fedele alle sue radici e ai suoi modelli d’eccellenza. Apprezzabile la timbrica vocale, le armonie e la creatività compositiva di alcuni brani: “Reach the High” trascina ed emoziona e c’è spazio per una strumentale malinconica (“Signs of Time”); ma sono soprattutto “Crossroads” e l’ottima title track a colpire con le proprie melodie raffinate, tipiche appunto dei migliori modelli AOR. Nonostante gli ascolti ripetuti, qualche traccia continua a sembrarci sottotono e poco ispirata, come “Shooting Star” o “Shadow in this Life”, ma l’economia dell’album resta in attivo.

Un disco interessante per un gruppo con del potenziale: “Forced to be a stranger” non è di certo un punto d’arrivo, i margini di miglioramento ci sono e si percepiscono, ma il risultato è incoraggiante. La band ha già una sua identità e se riuscirà a non snaturarla negli anni a venire, ma piuttosto a renderla più forte abbandonando il riferimento ai modelli illustri, potrebbe diventare essa stessa un riferimento.

In bocca al lupo!

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Tracklist:

01.     Intro
02.     Tears Of Anger
03.     Never Too Hard
04.     Memories
05.     Reach The High
06.     Crossroads
07.     Our Love Is Dead
08.     Foced To Be A Stranger
09.     Shadow In This Life
10.     Signs Of Time
11.     Shooting Star

Line Up:

Francesco Cavalieri – Voce
Enrico Dal Canto – Chitarra
Angelo Carmignani – Batteria
Andrea Rivello – Basso
Federico Meranda – Tastiera

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