Recensione: Forever Endeavour

Di Leonardo Arci - 12 Settembre 2005 - 0:00
Forever Endeavour
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Anno: 2005
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79

Eccoci a recensire il secondo lavoro dei power metallers norvegesi Highland Glory. Non nego che il debut album di questi cinque ragazzotti scandinavi mi aveva entusiasmato non poco, e con grande trepidazione attendevo l’uscita di questo lavoro, ansioso di verificare se la band in questione avesse proseguito lungo la stada indicata da “From the cradle to the brave” oppure avesse in parte dirottato la propria direzione stilistica verso nuove soluzioni compositive. Il marchio di fabbrica degli Highland Glory è perfettamente riconoscibile sebbene non manchino alcune svolte stilistiche di cui avrò modo di parlarvi in seguito. Certo, l’influenza di certi mostri sacri come gli Stratovarius non è in discussione, la produzione stellare ed il gusto per certe linee melodiche piuttosto immediate ma mai banali non è in discussione, eppure la band riesce ad affiancare ad un genere se vogliamo ormai saturo come il power metal, una serie di elementi che hanno poco a che fare con la tradizione power scandinava.

Dietro al microfono troviamo ancora quel Jan Thore Grefstad che tanto impressionò la critica con la sua voce lontana dalla tradizione power europea, molto più vicina a singer dediti ad un hard rock potente ed espressivo. In alcuni frangenti la sua voce mi ha riportato alla mente il compianto Rhett Forrester, in altri mi sembrava di ascoltare Jorn Lande. Ciò che mi preme sottolineare è che a mio modesto avviso questo frontman è assolutamente una delle più potenti e dotate voci di tutto il panorama metal europeo, un vero asso nella manica a disposizione di questa band, sempre a suo agio sia su tonalità basse sia quando i ritmi prevedono di raggiungere tonalità più alte; lungo tutto il lavoro non si registra mai una sua sbavatura, il singer in questione è dotato di grande espressività e di doti tecniche fuori dal comune.Il resto della band non è da meno, in particolare vorrei evidenziare il lavoro svolto dai due axemen, Lars Andrè Rørvik Larsen e Jack Roger Olsen i quali dimostrano grande perizia tecnica ma anche un gusto personale per un riffing graffiante all’insegna della potenza e della melodia.

L’opener è affidata a Spirit of Salvation, una breve introduzione con parti di tastiera dà il via ad una cavalcata in pieno stile nordic power metal nella quale spicca particolarmente l’assolo di chitarra e la potenza espressa dall’ugola di Jan Thore Grefstad. Il sound è molto simile a certe sonorità sperimentate dai Dreamtale nel loro ottimo lavoro Difference, discostandosene tuttavia per un costante uso del riffing lungo tutta la durata della traccia. La successiva Break the Silence parte con un assolo di chitarra praticamente uguale nelle linee melodiche utilizzate a Eagleheart degli Stratovarius. Il refrain invece mi ha ricordato molto il ritornello di Turns dei già citati Dreamtale. Si tratta di una canzone fresca ed allegra sebbene non sembra vivere di luce propria. Edge of Time si apre con un assolo di chitarra al fulmicotone, sul quale ben presto si scaglia l’ugola distruttiva del singer. Questa è senza dubbio la traccia sulla quale la prestazione del cantante stupisce maggiormente, la rabbia e la passione con cui questo ragazzo canta è davvero incredibile. Nei secondi iniziali di Mindgame Masquerade la voce di Grefstad è più bassa rispetto alla media del disco, ricordandomi certi passaggi vocali di sua maestà Bruce Dickinson. La canzone è un up tempo di facile presa soprattutto nel refrain centrale, qui la prestazione del batterista si eleva a strumento guida lasciandosi andare a qualche improvvisazione che conferiscono alla traccia una certa originalità niente male. The Sacrifice è una delle due ballad contenute in questo lavoro: ho sempre guardato con particolare favore all’inclusione di pezzi lenti al fianco di canzoni più veloci e potenti, se poi le ballad sono composte ed eseguite tutte in questo modo, allora questo tipo di tracce non dovrebbero mancare mai. Questo pezzo vede la presenza dietro al microfono di una voce femminile che si integra perfettamente sia nella struttura della canzone sia con la prestazione di Grefstad, quest’ultimo mostrando una delicatezza e pulizia di esecuzione sognanti e intrise di phatos. Surreality è a mio avviso la migliore traccia contenuta in questo lavoro, i riffs sono articolati su strutture tipiche dell’US power metal, quelli che hanno fatto la fortuna di bands del calibro di Savatage e Metal Church, per intenderci. A confermare tale impressione troviamo, nella parte centrale della composizione, un vero duello tra le due chitarre sullo sfondo di parti di tastiera che conferiscono allo scontro in atto tra i due axemen un risvolto epico decisamente accattivante. Anche in questa traccia la prestazione del vocalist è evidentemente sopra le righe. La titletrack parte con un’introduzione di tastiera e di parti sinfoniche che conferiscono al lavoro un’impronta maestosa e teatrale, ma sempre potente ed energica. I riffs sono qui più graffianti e guidano la prestazione vocale del singer il quale non smette di impressionare per le sue performances. Real Life risulta essere molto catchy grazie ad un riff centrale quasi ruffiano ma sempre molto melodico, dinamico e oserei dire classicheggiante. E’ la volta della seconda ballad, Somewhere: il rischio che certe composizioni più lente sconfinino nel banale è alto, inutile negarlo, ma qui la prova di tutta la band è magistrale. Certo, non possiamo chiedere originalità ad una canzone che si muove sui canoni tipici delle power- ballads, ma il tutto mai scade nella banalità e poi la prova del frontman è superlativa, ascoltate la sua prestazione su questa traccia, magari da soli in un ambiente poco illuminato e vedrete che apprezzerete particolarmente questa song. Il disco si chiude con Demon of Damnation, introdotta da un assolo di chitarra di chiaro stampo maideniano che lascia ben presto spazio ad un riffing potente che mi ha ricordato molto gli Edguy dell’ultimo full lunght Hellfire Club.

In conclusione, si tratta di un lavoro che non deluderà i fans del power metal più ortodosso ma che ha tutte le carte in regola per porsi come lavoro di riferimento per chi cerca sonorità che riescano a discostarsi dai canoni tipici del power metal europeo. La prova di tutta la band, composta da validissimi strumentisti, si assesta su livelli di riguardo; su tutti spicca la prova del singer, a mio modesto avviso vero astro nascente della scena metal europea.

Leonardo “kowal80” Arci

Tracklist:
01. Spirit Of Salvation
02. Break The Silence
03. Edge Of Time
04. Mindgame Masquerade
05. The Sacrifice
06. Surreality
07. Forever Endeavour
08. Real Life
09. Somewhere
10. Demon Of Damnation

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