Recensione: Forgotten Beholder

Di Gianluca Fontanesi - 5 Agosto 2014 - 0:01
Forgotten Beholder
Band: Etherna
Etichetta:
Genere:
Anno: 2014
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
68

L’uso del pomodoro nella pasta, se le mie reminiscenze (cose studiate in riviera) non ingannano, dovrebbe risalire alla fine del diciottesimo-inizio diciannovesimo secolo.
Perché continuiamo imperterriti a cibarci con una ricetta inventata centinaia di anni fa? Poca fantasia tra i fornelli? Assolutamente no; la verità spesso è però semplicissima e si nasconde unicamente nella bontà della cosa presa in esame.  Si potrebbe ora applicare più o meno lo stesso concetto ai nostrani Etherna, che tornano alla ribalta del metal tricolore dopo ben sei anni di assenza (complice probabilmente la militanza di Alessio Lucatti nei Vision Divine, oltre a diversi problemi di line up).
Perché quindi cucinare un progressive metal sulla carta trito, ritrito, fatto alla julienne e ancora trito? L’arcano è presto svelato: fa sempre piacere sentirlo e in questo caso è fatto in maniera non eccellente ma dannatamente buona. La band presenta quindi tutte le carte che il genere è in grado di giocare: in primis una preparazione tecnica non indifferente; si prosegue con una produzione da urlo e melodie allo stesso tempo ruffiane e catchy al punto giusto fino ad arrivare a un cantato potente e graffiante in grado di essere allo stesso tempo pregio e difetto del tutto.

Qualsiasi appassionato di progressive metal con forte accezioni power qui troverebbe pane per i suoi denti, ma veniamo al dunque: “Forgotten Beholder” è uno di quei prodotti che di primo acchito appare talmente perfetto da far quasi gridare al miracolo. Il songwriting è buonissimo, ben dosato e offre il giusto risalto ad ogni strumento (tranne il basso nei momenti più concitati); si susseguono schiere di riff e assolo a tutte le velocità possibili, contornate da una prestazione generalmente sopra la media.
Menzione d’onore alle partiture tastieristiche, in alcuni frangenti veramente interessanti. Il primo problema? Le strutture dei riff e molte soluzioni, che si possono trovare a raffica in dischi di band come Dream Theater, Symphony X, Queensryche e compagnia.
Non si ha di certo qui la pretesa di inventare, stravolgere o spostare l’asticella di chissà quali standard qualitativi, ma la sensazione di già sentito e suonato altrove  – e in tutte le salse  – permea ogni secondo di “Forgotten Beholder”, per quanto alcune canzoni siano veramente buone e potenziali hit.
Il secondo problema dell’album è indubbiamente rappresentato da Andrea, che ha una bella voce (possiamo nelle parti più “ruvide” accostarlo tranquillamente a Russel Allen) ma spesso tende a strafare, esplorando toni molto alti e poco consoni alla riuscita dei brani, assieme al risultare spesso e volentieri monocorde e carente nelle parti in cui servirebbero range più drammatici ed espressivi.

La pasta al pomodoro insomma è fatta seguendo la ricetta alla lettera; il solito e annoso problema rimane ovviamente il sale, che non risulta equilibrato nemmeno davanti a un concept che parla del rapporto dell’uomo con la morte (ispirato concettualmente al fumetto ottantiano Sandman) e un artwork – rappresentante più Silent Hill che altro – povero e migliorabile.

Obiettivo centrato quindi in parte, e per ovvi motivi: siamo nel 2014, la gente può avere quantità di dischi al giorno a livello industriale, pochissimi si soffermano a vedere il pelo nell’uovo. Il mercato non è più un giudizio ponderato ma una mentalità distorta che potrebbe sfornare capolavori dopo due ascolti e cestinare prodotti validi solo perché apparentemente di poco conto.
Qui casca l’asino, in questa deviata e stupida legge di mercato: se non fai breccia in trenta secondi-un minuto per canzone, rischi di essere cancellato con un click o, ancora peggio, di essere relegato in un mare di gigabyte.
La musica sta diventando un’immensa, grande nicchia che già risulta spietata con chi davvero ha le idee, figuriamoci con chi è bravo ma nella media. E la media oggi è sinonimo di noia, non di un buon standard tecnico e compositivo.
Come la pasta al pomodoro di tutti i giorni: la mangi quasi con noncuranza, a volte anche con apatia, ma quello che scuote gli elementi è sempre e comunque il sale, anche se te l’ha preparata uno chef…

Discutine sul forum nella sezione Progressive!
   

Ultimi album di Etherna

Band: Etherna
Genere:
Anno: 2014
68