Recensione: Fourth Dimension

Di Simo Narancia - 29 Aprile 2003 - 0:00
Fourth Dimension
Band: Stratovarius
Etichetta:
Genere:
Anno: 1995
Nazione:
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80

E’ il 1995 e dopo il buonissimo ma ancora un pochino acerbo Dreamspace, gli Stratovarius tornano all’attacco con questo Fourth Dimension. L’intento è quello di dare una svolta alla carriera del gruppo, di dare una decisa spinta in avanti. La soluzione è quella di avere un cantante di ruolo e così arriva alla corte dei nostri il talentuoso quanto sconosciuto Timo Kotipelto (che si occuperà, da qui in poi, anche di una parte delle lyrics). Il resto della formazione è invariato e troviamo quindi Timo Tolkki nelle vesti di padre/padrone alla chitarra, Jari Kainulainen al basso e gli ottimi Tuomo Lassila e Antti Ikonen rispettivamente alla batteria e alle tastiere.
A livello stilistico cambia poco rispetto al recente passato e si assiste al classico alternarsi tra brani veloci e mid-tempo, tra assolo neoclassici e aperture melodiche di gran respiro. Le tastiere sono sempre ben in evidenza ma, oltre a confondersi con le chitarre (il suono dei due strumenti è volutamente simile), tendono con un lavoro dietro le quinte a creare l’atmosfera giusta al momento giusto. Lo stile di Ikonen è sostanzialmente diverso dal suo “rimpiazzo” Johansson, ma non per questo meno efficace. In questo contesto la voce Kotipelto, squillante e pulita, ben si adatta e dà quella marcia in più auspicata dalla band.
A cambiare è invece la produzione, ancora più pulita, fredda, quasi asettica (se mi passate la metafora). L’ideale per esaltare il sound malinconico dei brani più riflessivi e per accentuare la potenza e la compattezza delle “killer songs”.
Ad aprire le danze ci pensa Against the Wind: attacco furioso, ritmiche veloci, cantato incalzante e ritornello melodico da stampare subito in testa. Un vero e proprio anthem che viene ripetuto puntualmente ad ogni esibizione live. Sulla stessa falsa riga, ma leggermente più melodica e easy listening si attesta la successiva Distant Skies. E così la paura per un volo aereo un po’ burrascoso viene raccontata attraverso un brano simile, nella struttura, ad alcune cose degli Helloween periodo Keepers. Se a questi due brani ci aggiungiamo la potenza di Lord of the Wasteland e il neoclassicismo della strumentale Stratovarius (ben articolata e variegata), abbiamo un compendio più che sufficiente a descrivere il lato strettamente power della band. Il lato più malinconico invece salta fuori e accompagna l’ascoltatore lungo tutto il resto del lavoro. Canzoni come Winter sono il manifesto della tendenza di Tolkki a trattare i temi più intimi, introspettivi e decadenti; un uomo sempre in bilico tra la luce e l’ombra e sempre alla ricerca di risposte soddisfacenti a domande difficili. Dunque tempi lenti, inesorabili, sensazioni assopite… proprio come l’inverno, che nei freddi boschi finlandesi deve dare una forte sensazione di impotenza dell’uomo nei confronti della natura, dello scorrere del tempo. Stessi sentimenti ma con un velo di speranza in più si trovano in Nightfall o in We hold the key, classico mid-tempo della band finlandese, sulla scia di canzoni come Falling into fantasy o Eternity.
Galaxies invece si presenta in modo completamente diverso: basso pulsante, tastiere futuristiche, mood da canzone pop e melodie facili. Esperimento riuscitissimo (se così vogliamo chiamarlo), che in forma leggermente diversa ha avuto il suo seguito anche nei successivi album della band. Le sperimentazioni continuano ma con contenuti completamente diversi in 030366: il rapporto macchina-uomo viene supportato da suoni elettronici (e come potrebbe essere altrimenti?), devianti, ossessivi, voce filtrata (e per alcuni tratti registrata in mono ) in contrapposizione alla solita melodia e classe del chitarrismo di Timo.
Ma come spesso accade la perla del disco (e tra le tante della discografia made in Strato) arriva per ultima, splendente più che mai: Twilight Symphony è la song in cui è contenuto tutto lo spirito degli Stratovarius: potenza, melodia, malinconia, neoclassicismo, sinfonia. Emozione pura, per un viaggio nell’inconscio alla ricerca delle risposte tanto agogniate…
Sarà che dopo averlo ascoltato per quasi dieci anni ormai l’ho assimilato alla perfezione (e mi ci sono pure affezionato), sarà che obiettivamente è un lavoro sopra la media, ma ogni volta che entra nel mio lettore questo cd mi piace e mi coinvolge come la prima volta. Certo se amate gli Stratovarius di Visions o di Infinite questo lavoro potrebbe spiazzarvi un pochino, ma se mettete da parte per un attimo la passione per il power tutto velocità e allegria, sono sicuro che Fourth Dimension vi regalerà delle emozioni.

Track-list:

  1. Against the Wind
  2. Distant Skies
  3. Galaxies
  4. Winter
  5. Stratovarius
  6. Lord of the Wasteland
  7. 030366
  8. Nightfall
  9. We Hold the Key
  10. Twilight Symphony
  11. Call of the Wilderness

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