Recensione: Fra Underverdenen

Di Daniele Balestrieri - 26 Novembre 2003 - 0:00
Fra Underverdenen
Band: Kampfar
Etichetta:
Genere:
Anno: 1999
Nazione:
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90

È ora di portare alla luce un gruppo che, pure se recente, ha raccolto a piene mani il vecchio sentimento viking perpetrato dalle primissime band underground scandinave dei primi anni novanta. I Kampfar sono sempre stati un gruppo underground, e continueranno a esserlo per una serie di motivi, o scelte, che non li hanno mai lanciati al grande pubblico nonostante il loro indiscutibile talento. Diciamo che nascono nel 1994, anche se loro ci assicurano di aver fatto parte della scena “fin dai primi vagiti del Black Metal Norvegese”, e tirano fuori un demo su cassetta. Poi fino praticamente a questa uscita non hanno fatto altro che singhiozzare, tirando fuori un mini cd dietro l’altro, escludendo “Mellom Skogkledde Aaser” del 1997 che, nonostante la sua brevità, può essere considerato il primo loro album completo. Il grande cosiddetto passo lo fanno firmando per la Hammerheart nel 1998 e sfornando un minuscolo MCD di nome Norse, che considero un vero capolavoro. Segue poi questo full length, l’ultimo, Fra Underverdenen, che può essere l’unico in grado di comparire in una lista di album “normali”, dopo tutta una produzione alquanto frammentaria.

E nemmeno troppo in grado, se devo dire la verità, poiché questo Fra Underverdenen (= dal mondo sotterraneo, o mondo dei morti) ospita una canzone già releasata, ovvero Norse, cavallo di battaglia del precedente mini CD.

Veniamo alla descrizione vera e propria: questo album è una mazzata tra i denti, un prodotto degno di ascendere tra gli spalti del Viking Black Folk più ispirato. Infatti, non posso evitare di constatare che in poco più di mezz’ora assistiamo a una vera lezione su cos’è il viking metal. I nostri due musicisti, Dolk e Thomas, hanno preso a grandi mani l’eredità black del loro antico retaggio e l’hanno amalgamata in maniera sapientissima insieme a un apparato di chitarre a volte aggressive e a volte folk, a un basso molto melodico e a una solida base di batteria martellante. Quello che ne deriva è un CD con canzoni che colgono subito l’orecchio, con due grandiose, opulente punte quali “I Ondskapens Kunst” e appunto “Norse“, un vero e proprio gioiello di riff orecchiabili, un testo impressionante (l’unico in inglese, peraltro) e una carica folk senza pari, il tutto con sonorità comunque dichiaratamente black. È difficile anche solo avvicinarlo a qualunque altro tipo di produzione.

A orecchiabilità ricorda i talentuosi riff degli Isengard, a potenza black ricorda anche i primi Enslaved, ma non c’è niente da fare, l’amalgama è tanto riuscito, tanto originale e tanto genuino che lascia a bocca aperta. Tra l’altro, a parte alcune inserzioni di pianoforte e di strumenti non proprio consoni come il didjeridoo australiano, sono riusciti a creare viking senza utilizzare gli strumenti “del mestiere”, come il munnharpe, o flauti, o tastiere, o rumori di sottofondo. E questo è quanto doveva accadere, questo è quanto all’inizio era stato scritto dagli iniziatori del Viking – Bathory, Einherjer, Enslaved. E questa è stata la loro intenzione fin dall’inizio. Essere “true black northern pagan metal” o qualcosa di simile – una cosa che mi ricorda molto i Wongraven appena recensiti, se non fosse che non sono metal. L’importante pare sia l’anima, e l’anima ce l’hanno messa davvero tutta. Tutte le tracce sono gioielli di grande viking, l’unico vero peccato è che sono distribuiti male e non sono mai giunti all’attenzione del grande pubblico come avrebbero dovuto. Ma in questi anni hanno raccolto l’ammirazione dei fans dell’underground, alcuni che li amano alla follia e altri che li ignorano proprio perché non mainstream. Il loro futuro attualmente li vede in fase di crescita, dopo la risoluzione di 2 anni di beghe legali con i diritti di tutti gli album che hanno sparso in giro per le etichette.

Dopo questo breve classico del Viking ci aspettiamo altro sicuramente da loro, e speriamo che sia una bomba come il ritorno in grande stile di Falkenbach. Gli amanti del genere non se lo lascino sfuggire. Chi cerca un forte connubio tra black e folk: avete trovato il vostro disco.

Tracklist:

1. I Ondskapens 7:13
2. Troll, Dod og Trolldom 7:38
3. Norse 5:32
4. Svart og Vondt 8:04
5. Mork Pest 5:15
6. Fra Underverdenen 3:15

 

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