Recensione: Fragile

Di Mauro Gelsomini - 25 Maggio 2004 - 0:00
Fragile
Band: Yes
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 1972
Nazione:
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100

Quarto album da studio, Fragile fotografa il quintetto inglese nel momento di massimo splendore, soprattutto commerciale: quella che è oggi l’archetipo della prog rock band sinfonica, con l’ingresso di Rick Wakeman a rimpiazzare Tony Kaye alle tastiere, produce infatti il primo album nella line-up più classica, ovvero Anderson, Squire, Bruford, Howe e, appunto, Wakeman.

Si tratta forse dell’album che contiene il maggior numero di successi commerciali e di live hit, cosa che forse ha fatto un po’ storcere il naso ai fan, che additano ad altri dischi la palma di migliore in fatto di composizione.
E’ sicuramente vero che l’opener “Roundabout” rappresenta una delle song più note degli Yes, essendo stata battuta dalle radio di tutto il mondo fino alla nausea, ma mi sento in dovere di spezzare una lancia a favore del lato meno evidente di questo brano: fondendo l’indole più progressiva della band con una forte sensibilità rock, “Roundabout” è un esempio magistrale del perfetto amalgama sonoro tra Wakeman e Squire, i cui riff, seppure intricatissimi, si integrano impeccabilmente con una semplicità disarmante.
Il nuovo entrato si diletta in una rilettura del leit-motif della quarta sinfonia di Brahms, ovvero la cantata del terzo movimento, con “Cans And Brahms”,  in cui il biondo tastierista può esibire le sue tradizioni classiche come gia’ faceva nei “The Strawbs”.
In “We Have Heaven” diviene protagonista (anche in fase compositiva) Jon Anderson, coi suoi cori delicati e i contrappunti che tanto adora, per un brano molto vicino alla sua produzione solista, in particolare faccio riferimento a Olias of Sunhillow.
Gli echi paradisiaci vengono alternati alle decise sferzate rock in quello che è un altro classico, “South Side of the Sky”, sapientemente arrangiato con l’obiettivo di coinvolgere anche emotivamente l’ascoltatore, ma che con complessi cambi di struttura e di atmosfera, strizza l’occhio all’album successivo, quel Close To The Edge che molti considerano il capolavoro prog degli Yes. In effetti la song è articolata ma fluida al contempo, con gli eterei cori di Anderson che “fanno pandan” con il solo di Wakeman nella sezione centrale, apice lirico del brano, in perfetta sintonia con l’immaginario fantascientifico dei testi, che caratterizzerà tutto il disco, e che diede inizio alla collaborazione con il pittore Roger Dean. La comunione d’intenti porterà Dean a firmare gran parte delle copertine degli Yes ed a seguire Steve Howe anche nel suo progetto parallelo Asia.

C’è gloria anche per Bill Bruford, compositore della bizzarra “Five Per Cent for Nothing”, poco più di un’intro a “Long Distance Runaround”, ma coinvolgente esercizio tecnico per tutti i membri, guidato dalle audaci ritmiche del batterista, il cui sarcastico titolo vuole essere uno sfottò a un ex-manager della band. La seguente “Long Distance Runaround” è una vera radio-hit (anche per la durata, caratteristica che constrinse gli Yes a produrre diverse edit version dell’opener), elegante e fresca, la cui struttura è più vicina che mai alla forma canzone non troppo amata dai progster incalliti. Il solo è stranamente – per una poppy song – affidato al basso di Chris Squire, protagonista anche nell’appendice che chiude il trittico, “The Fish”, in una fuga di voci ed effetti sonori di grande impatto.

E’ la volta di Steve Howe, che con “Mood For A Day” esce allo scoperto armato della sua chitarra acustica, per introdurre con un esercizio di tecnica ben lontano dal mero esibizionismo quello che per chi scrive è il capolavoro dell’album. “Heart Of The Sunrise” è una summa del pomp/prog rock degli Yes, magniloquente e travolgente come poche altre suite degli inglesi, in grado di regalare emozioni a volontà, grazie alle lussureggianti cascate (di note) di Wakeman, all’intensa interpretazione di Anderson – una delle migliori per me – al ritmo infuso dagli ispiratissimi Bruford e Squire, e, infine, al suadente accompagnamento di Howe, a sottolineare il senso di pace già suggerito dalle liriche.

In conclusione, oltre che parlare di un must per ogni fruitore di musica, non sono in grado di dire a chi potrebbe piacere o a chi consiglierei questo album, se m’intendete…

P.S.: se non l’avete, procuratevelo in versione remaster, trattasi di uno dei CD meglio registrati della storia del rock, tuttora preso a modello da molti produttori.

Tracklist:

  1. Roundabout
  2. Cans And Brahms
  3. We Have Heaven
  4. South Side Of The Sky
  5. Five Per Cent For Nothing
  6. Long Distance Runaround
  7. The Fish (Shindleria Praematurus)
  8. Mood For A Day  
  9. Heart Of The Sunrise

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