Recensione: Freedom

Di Eric Nicodemo - 4 Dicembre 2013 - 0:01
Freedom
Band: Spiralarms
Etichetta:
Genere: Stoner 
Anno: 2013
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
69

Dopo un’intensa carriera nel ruolo di mastermind dei Forbidden, il chitarrista Craig Locicero, assieme all’amico d’infanzia Tim Narducci, fonda nel 2004 gli SpiralArms, stoners che pubblicano il seguito del loro debut album, intitolandolo “Freedom”.

Il personale deserto di Craig è una landa dominata dalle fosche tonalità sabbathiane e “Dropping Like Flies” riassume il concetto alla perfezione: refrain a spirale lacerati da una voce lancinante, all’insegna della migliore tradizione di Ozzy Osbourne e soci. In questo raw deal, si affaccia un midtempo rallentato, cullato da suoni dilatati che levigano l’abrasività del pattern predominante.  
Le citazioni non finiscano certo con l’opener perché “Hold Me To The Sky” si spinge oltre, scomodando riff martellanti a là “Paranoid” e voci lontane e filtrate, partorendo un sound malato e suggestivo. In seguito, la voce si fa in primo piano e il cocktail compositivo miscela in sequenza un hammond made in seventies, una sanguigna chitarra hard rock e le immancabili suggestioni della psichedelia acida.

Cosa sarebbe lo stoner senza la musica dei primi anni ’70? Non molto e non ci sarebbero canzoni come “Exit 63”, che, da una parte, rievoca un riffing crepuscolare a cavallo tra “War Pigs” e “Planet Caravan”, dall’altra, infonde al pattern un sentore tipicamente southern rock. “Exit 63” è, tuttavia, una song che cresce durante l’ascolto grazie a un ritornello emozionale e riesce far di più: il pianoforte viene riverberato dai suoni artificiali del talk box, simili a riflessi sopra un deserto la cui solitudine scivola sulle note dei tasti.
La successiva “Blackmoon Morning” è una canzone dove regna una dicotomia strumentale: il plettraggio leggero e continuo assume maggior volume e fragore d’impatto mentre, al contempo, tasti delicati affiorano dal sottofondo, ingentilendo un pattern chitarristico roccioso. Quiete e tensione convivono anche nella sessione vocale, che mantiene un’intonazione più veemente all’inizio del repeat, per poi sfumare al suo termine.
Più ritmato e incalzante è l’inno ad un topos immancabile dello stoner: “Alcohol & Drugs”. Il frontman non si fa attendere e confessa con voce acida ed aspra la sua ossessione, stemperando l’intonazione solo in brevi inframezzi. In questo calderone c’è pure spazio per un vibrato del duo Locicero-Traslavina, più vicino alla scuola heavy di inizio anni ottanta che al rock dei primi seventies.    
Acido proto-doom anche per “Dealer” che si trascina su linee vocali laceranti, chitarre rutilanti e un basso profondo e oscuro, colpendo con un solo veloce e stridulo pattern in chiusura.  
L’amore per il lato più orfico del rock è così predominante che non si può nasconderlo: non c’è nulla di meglio, quindi, che un’ammissione di colpa sotto forma di tribute song, coverizzando “Tomorrow’s Dream” dei Black Sabbath (“Volume 4”).

In mezzo al platter, i Nostri non si fanno scrupoli ad inserire la ballad “Lovers Leap”, l’espediente più vecchio al mondo per variare un full lenght altrimenti senza troppi scossoni: in quest’ottica, il trucchetto funziona dato che “Lovers Leap” risveglia sonorità più marcatamente americane sulle note languide dell’acustica. Non si può di certo negare che, pur nella sua semplicità, il refrain di “Lovers Leap” instauri un ottimo feeling con l’ascoltatore, il quale viene trasportato lentamente alla deriva dal suono malinconico della sei corde.     
Alla stesso modo di “Lovers Leap”, la title track spezza il mood predominante con un coro gioioso e al contempo disperato e passionale. “Freedom” è una canzone dal doppio, se non triplice volto: nella title track, infatti, si alternano una sessione lenta e sfumata, il sopracitato ritornello (posto anche in apertura) e un unico, possente frammento di quel groove che rese immortali personaggi quali Iommi e i poco conosciuti Black Crowes.

La scaletta della versione cd di “Freedom” è, inoltre, arricchita dalla bonus track “I Lay Low”, mentre  l’edizione limitata in vinile include un ulteriore extra, la ben più energica “Low Country Girl”, ottima song di matrice Soundgarden/ Led Zeppelin, la quale aggiunge varietà al disco.   
Sarebbe stato consigliabile inserire tali canzoni nel disco principale piuttosto che proporle come aggiunte, ruolo che si confaceva di più a “Tomorrow’s Dream”.  

“Freedom” è, dunque, una prova in linea con lo stoner, per così dire, meno sperimentale, profondo debitore del vecchio hard’n’roll più onirico e visionario, coniugando buone armonie con un’indulgenza forse eccessiva al citazionismo black sabbathiano.
Dove il progetto di Locicero mostra una certa dose di verve è nell’inserimento del pianoforte e nell’alternanza di parti dinamiche a sessioni più sfumate e suggestive, che intrattengono piacevolmente l’ascoltatore.
Si avverte, tuttavia, una certa monotonia di fondo dovuta alla riproposizione di ritmiche e riff a cui il fruitore di hard rock e stoner è abituato ormai da lungo tempo, con il rischio che tutto risulti fortemente derivativo, un sentore mitigato (volontariamente o involontariamente) anche dalla breve durata dell’album, che scorre via senza indugi.
Di certo, è importante imparare dal passato ma, una volta appresa la lezione, il confronto con il presente risulta inevitabile.

Discutine sul forum nella sezione Hard Rock / AOR / Stoner!

Ultimi album di Spiralarms

Band: Spiralarms
Genere: Stoner 
Anno: 2013
69