Recensione: Freedom Rebellion

Di Orso Comellini - 7 Aprile 2013 - 11:04
Freedom Rebellion
Band: Cidodici
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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70

Ammetto di aver provato una certa eccitazione quando mi è giunto per posta il promo dei Cidodici e, dopo una breve sbirciatina alla bella copertina, mi sono accorto del bollino nero che svelava la presenza in pianta stabile di Manuel “Manny” Merigo, dei compianti thrasher In.Si.Dia. Un gruppo mai abbastanza celebrato seguito fin dagli esordi, quando su Videomusic girava in rotazione il video di “Parla…Parla” (ahimè, ridotto rispetto alla versione da studio, ma poco importava). Tant’è che neanche il tempo di togliere il giubbotto dopo essere rincasato che già “Freedom Rebellion” girava nello stereo.

Ebbene, se da un lato le personali aspettative in un lavoro che fosse stilisticamente una sorta di naturale evoluzione del percorso drasticamente interrotto all’indomani di “Guarda Dentro Te” del 1995 – del resto i Cidodici si sono resi protagonisti di uno show speciale dedicato proprio alla band madre di Merigo, in occasione dell’Acciaio Italiano Festival II – si sono sgretolate nell’arco di una manciata di brani, dall’altro si faceva strada la consapevolezza che “Freedom Rebellion”, in ogni caso, fosse un album solido e dotato di una certa personalità. Si potrebbe dire che la differenza principale risieda nel fatto che mentre gli In.Si.Dia si rifacevano palesemente a sonorità del decennio precedente, i Cidodici traggono ispirazione proprio dalla musica che caratterizzava la seconda metà dei Novanta e, sebbene si tratti solo di una supposizione, ritengo che difficilmente l’evoluzione musicale dei primi si sarebbe spinta in questa direzione, se non si fossero sciolti.

Fatte queste dovute considerazioni, utili comunque per introdurre certe argomenti, lasciamo da parte questo confronto – in fondo non sarebbe corretto chiedere loro di assomigliare per forza a qualunque altro gruppo, mettendo da parte le loro idee e le loro individualità – per concentrarci esclusivamente sul debutto dei Cidodici. Un album molto compatto, caratterizzato da una qualità media piuttosto elevata, praticamente nessun calo di tono e qualche piacevole sorpresa. Iniziamo proprio da queste ultime, segnalando la presenza di ospiti illustri come Carmelo Pipitone (Marta Sui Tubi) e Aldo Lo Nobile (Death SS/Secret Sphere), tra gli altri. Di alto profilo (e senz’altro non alla portata di tutti) poi la cover metal che non ti aspetteresti di “Impressioni Di Settembre”, uno dei cavalli di battaglia della PFM, gruppo di punta della scena progressive rock tricolore e, sorpresa nella sorpresa, l’inserimento all’interno della stessa di una strofa tratta da “Il Tempo” (In.Si.Dia).

Dal punto di vista strettamente musicale, come precedentemente accennato, i Nostri si rifanno a quei gruppi che grosso modo dai Novanta in poi hanno fatto da ponte tra il groove thrash e il nascente nu metal, senza però identificarsi totalmente in nessuno dei due (sotto)generi. Appare chiaro, fin dalla prima strofa di “Christitution”, quanto abbiano contribuito a plasmare il loro songwriting gruppi come i Forbidden di “Distortion” e “Green”. In particolare è Mario Monzani ad aver ripreso in parte il particolare stile di Russ Anderson: raramente urlato, fatto di linee vocali tutt’altro che ordinarie e di non facile presa, con quel modo inconfondibile di modulare la propria voce. Non mancano poi riferimenti ai vari Sepultura di “Chaos A.D.” e “Roots”, specie nei riff magmatici e circolari di Merigo e De Carlo (sentire per esempio la partenza di “Suburbia’s Sadness”), ai Machine Head ed i primissimi Korn.

Le principali note positive di questo lavoro arrivano, manco a dirlo, dall’ottimo impegno in fase solista di Merigo. Praticamente in ogni brano è lì pronto a salire in cattedra dispensando soli piuttosto vari, mai banali o prolissi, e legati con gusto all’atmosfera dominante della traccia, assecondandola e amplificandone la resa. Decisamente buono anche l’apporto di Pirola dietro alle pelli. Bravo nel saper differenziare il proprio spartito nonostante le composizioni tendano a privilegiare mid-tempo che poco spazio lasciano a particolari rallentamenti o brusche accelerazioni. In generale comunque tutti e cinque dimostrano di aver esperienza e un buon bagaglio tecnico, tali da non lasciare mai niente al caso e curare con tutti i crismi la forma-canzone. Peccato solo che in studio di registrazione non siano riusciti a valorizzare la presenza di Maffi al basso, al pari degli altri interpreti. Considerazione che ci porta a valutare anche gli aspetti complessivamente da mettere a punto in futuro, come l’eccessiva lunghezza di un lavoro comunque sempre godibile, abbinata alla troppa omogeneità delle sue singole parti (con le dovute eccezioni come la coinvolgente “Old School Styla”). Ritengo poi che sarebbe stata una mossa vincente se i Cidodici non avessero relegato l’uso del cantato in italiano solo a “Gli Occhi Degli Altri” e, ovviamente, alla cover della PFM. Potrebbe essere un modo intelligente e coraggioso per provare a distinguersi e non allinearsi troppo a un calderone musicale che per propria natura tende forse a conformarsi troppo con gli stilemi originari.

Al netto di tutti questi peccati veniali, “Freedom Rebellion” rimane un debutto piuttosto confortante e tutt’altro che scontato in termini di idee e contenuti, oltre che dal punto di vista musicale. Con un pizzico di grinta e voglia di osare in più, quindi, i Cidodici potrebbero ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto nel panorama metallico tricolore e non solo.

 

Orso “Orso80” Comellini

 

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