Recensione: Frozen In Time

Di Andrea Arditi - 2 Luglio 2006 - 0:00
Frozen In Time
Band: Obituary
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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72

Gli Obituary sono una delle band Death Metal che più hanno dato alla causa: seminali, prolifici negli anni d’oro, la band dei fratelli Tardy ha regalato dischi come Slowly we Rot, World Demise e Cause of Death che sono tra i cardini del genere.
Il combo floridiano, dopo essersi preso ben 8 anni di pausa ( Back From The Dead del 1997 fu l’ultimo loro album) si ripresenta per la gioia di tutti i fan nuovamente sul mercato ponendo sugli scaffali questo
Frozen in Time.

Le domande che chiunque si sarà fatto a riguardo del nuovo full length incentrate più che altro sullo stile degli Obituary e sulla qualità proposta dai redivivi nel nuovo millennio vengono fugate: sono sempre loro, con il solito trademark basato su mid tempo alternati a sfuriate decise e con l’inconfondibile timbro vocale di John Tardy. Approcciandosi a Frozen in Time non ci si deve attendere chissà quale sconvolgimento quindi, bensì una conferma: i ragazzi non sono minimamente cambiati negli anni e questo fa già capire a cosa si va incontro acquistandolo.
Analizzando il contenuto della loro ultima fatica salta subito all’orecchio una certa compattezza: Tardy & Co. propongono infatti la consueta scarica di tracce belle grezze, il solito tappeto di doppia cassa e l’altrettanto costante presenza di riff taglienti che subiscono repentini rallentamenti sui ritornelli. Curiosa è la scelta di posizionare come Opener Redneck Stomp, strumentale dal ritmo non troppo sostenuto e che si sorregge però su una riuscitissima melodia che assolve alla perfezione il compito di apripista permettendo di entrare al meglio nell’atmosfera del del platter. Passando in rassegna il cd, ed in special modo gli episodi più riusciti ovviamente, menzione particolare va sicuramente alla seguente On The Floor, classica song riconducibile all’ Obituary Style vista l’immediata propensione a spingere sull’acceleratore e le linee vocali del singer che sfrutta sin da subito le sue qualità e suoi tanto famosi gorgheggi gutturali.

La prima parte del full lenght è a mio avviso quella che raggruppa la maggior parte degli episodi migliori e sicuramente non fa difetto la successiva Insane che, come si può ben immaginare, ricalca le orme di chi l’ha preceduta andandosi a distinguere anch’essa per la struttura tipica del combo floridiano. Non trattandosi certo di un capolavoro gli episodi altalenanti ci sono ovviamente e, ascoltata la più che discreta Blindsided, eccoci di fronte ad una Back Inside del tutto trascurabile come lo è del resto anche la successiva Mindset, un mid tempo mal riuscito e che può portare, una volta assimilato il disco, allo skip per movimento riflesso.

Stamp Alone fuoriesce un po’ dai paletti stilistici posti dalla stessa band nel corso degli anni proponendo un pezzo veloce sì, ma dal riffing che a mio avviso fuori esce dal classico death metal americano per volare, salvo un raro riffone cupo, verso lidi dal retrogusto vagamente Punk… Può piacere come non l’idea di partenza, certo è che a prescindere dall’influenza qui presente fosse stata più ispirata avrebbe avuto risultati decisamente più memorabili.

Una decisiva impennata in positivo si ha con Slow Death che propone una rilettura moderna e quasi tribale del loro classico sound e per quella sua pur breve durata è una bellissima traccia che me la fa annettere tra i veri e propri highlights del disco, cosa che non succede quando parte la canzone in nona posizione, Denied, che dopo quasi mezz’ora di ascolto e dopo quella poc’anzi descritta risulta proprio essere scontata.
A chiudere il disco ci pensa Lockjaw, con cui i 5 ragazzi riprendono con grinta la classica struttura in mid tempo composta da una sequenza di accordi che poi si risolve in un bel riffone aggressivo, tagliente e veloce che non ci abbandonerà praticamente più di lì fin quasi alla chiusura del platter.
Frozen in Time ci restituisce quindi un pezzo di storia del Death Metal dopo 8 lunghissimi anni di silenzio; è un disco che non fa certo dell’innovazione la sua arma principale, ma il suo compitino lo svolge ugualmente alla perfezione proponendo non una rivisitazione, ma un semplice quanto accattivante nuovo materiale di una band tra le più amate della scena.
Disco caldamente consigliato ai fan della band, mentre per i detrattori sarà l’ennesima conferma delle proprie opinioni.
Tracklist:

1. Redneck Stomp
2. On The Floor
3. Insane
4. Blindsided
5. Back Inside
6. Mindset
7. Stand Alone
8. Slow Death
9. Denied
10. Lockjaw
Formazione:

John Tardy – Voce
Trevor Peres – Chitarra
Allen West – Chitarra
Frank Watkins – Basso
Donald Tardy – Batteria

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