Recensione: Gateways to Oblivion

Di Pier Tomasinsig - 26 Aprile 2008 - 0:00
Gateways to Oblivion
Band: Deathrow
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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70

Un arpeggio freddo, lento e tristissimo apre questo “Gateways to oblivion”, avvolgendo ben presto l’ascoltatore in un’atmosfera grigia e introspettiva. Finchè la sensazione di apparente calma è rotta da un grido improvviso e straziante, acuto, da far sussultare. Sono passati poco più di due minuti dall’inizio della opener ‘A lifeless tomorrow’, ma è ormai chiaro ciò a cui dobbiamo prepararci: un lento percorso attraverso dolore, senso di vuoto e rassegnazione, che sarà compiuto secondo i rigorosi dettami di un doom/black metal molto atmosferico e depressivo.

La qual cosa potrebbe anche sorprendere coloro che avevano conosciuto i Deathrow con “Primordial lifecode” (2007), dato che l’album d’esordio di questa one man band italiana (da non confondere con l’omonimo gruppo thrash tedesco) era una sorta di omaggio al black metal grezzo delle origini. È perciò notevole la virata stilistica operata in “Gateways..” da Thorns (pseudonimo di Gionata Potenti), vecchia conoscenza della scena black nostrana che molti avranno avuto modo di apprezzare dietro le pelli di gruppi storici quali Hanful of Hate, Frostmoon eclipse e Hiems.

Rispetto al passato, infatti, la componente black è quasi del tutto scomparsa per lasciare il posto a sonorità doom con venature dark, imperniate su riff cupi e monocordi e su melodie di chitarra caratterizzate da note lamentose e decadenti. In molti frangenti (mi viene in mente tra tutte l’ottima ‘Grey eyes’) affiorano riferimenti allo stile freddo, ipnotico e insistente dei Katatonia di “Brave murder day”, mentre, soprattutto nei momenti più malinconici, si riscontra una neanche tanto velata influenza My dying Bride. La naturale conseguenza di questa scelta artistica è un’impronta maggiormente “intimista”; l’intero album è permeato di un’atmosfera depressiva, a tratti desolante, ulteriormente sottolineata dalla circostanza che le cinque tracce che lo compongono sono, oltre che mediamente molto lunghe, lentissime e ripetitive, in ciò conformandosi a quelli che sono i canoni del genere.
I residui connotati black si rinvengono principalmente nel cantato, che si attesta su uno screaming di impronta abbastanza classica, talvolta sfociando in urla lancinanti, raggelanti, che potrebbero riportare alla mente in qualche misura il tipico stile di Varg Vikernes, con il quale il nostro certamente condivide il gusto per l’ossessiva ripetitività (ma ben poco altro).
E’ chiaro che siamo di fronte ad un’opera molto personale e sofferta, come d’altro canto i testi di Thorns, improntati sui “consueti” temi della morte, della solitudine e del “male di vivere”, sembrano testimoniare; un concentrato di emozioni negative dove non è lasciato alcuno spiraglio alla speranza, capace di trasmettere all’ascoltatore, di volta in volta, malinconia, rimpianto, rabbia, disperazione. Ed è ovviamente su questo tipo di impatto emotivo che gioca un disco del genere, sebbene sotto il profilo tecnico Thorns si confermi un eccellente musicista, tanto che non si ha nemmeno l’impressione di trovarsi di fronte ad un progetto solista, dato l’ottimo amalgama degli strumenti, valorizzato da una produzione pulita e nel complesso molto azzeccata.

Detto questo, è inevitabile riscontare in questo tipo di prodotto tutti i pregi e difetti insiti nel genere. I Deathrow sembrano accontentarsi di seguire canoni già stabiliti molto tempo addietro da altri, risultando di conseguenza abbastanza derivativi e nel complesso poco originali. Su tutto aleggia una sensazione di già sentito, complice il ricorso a certi clichè, soluzioni ormai abbastanza abusate come l’inserimento, a conclusione dell’album, di una lunga e tutto sommato inutile melodia di carillon, che sfuma in un rumore sordo e ovattato che si protrae altrettanto a lungo (per un totale di otto estenuanti minuti).
Resta il fatto che “Gateways to oblivion” è un album valido a tratti molto intenso, ben prodotto e ben suonato, che, se pure non apporta alcuna innovazione, certamente soddisferà gli estimatori del genere.

TRACKLIST:

1.A Lifeless Tomorrow
2.Hatred
3.The Seed Of Solitude
4.Grey Eyes
5.Luci Ed Ombre

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