Recensione: Generator

Di Alberto Fittarelli - 20 Aprile 2006 - 0:00
Generator
Band: Aborym
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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80

Una parabola evolutiva da conoscere in pieno, quella degli Aborym:
gruppo controverso per le proprie posizioni estreme, mai celate né dissimulate,
ma anche per le proprie scelte musicali assolutamente innovative (il che
nell’animo dei conservatori più puri è sempre stata una vera e propria
bestemmia; si sa che il popolo metal spesso sostituisce il culto religioso ad
un’altra fede, quella nel metal incontaminato e fatt da sole chitarre e
batteria…).

I romani in questione metabolizzano a pieno, col quarto album della loro
storia, un percorso in cui sono confluite influenze varie, tanta sperimentazione
e la voglia di sfondare ogni limite. Generator chiude il cerchio,
in un certo senso: dopo le esasperate ( e splendide) esagerazioni cyber di Fire
walk with us
e With no human intervention si torna al black
“umano”, contaminato in modo equilibrato, di Kali Yuga Bizarre.
Non è cambiato dunque nulla, negli anni?

Non scherziamo, l’esperienza non manca di certo e si sente tutta: dai cori
monastici che Fabban ha voluto inserire, forte della sua esperienza coi
Void Of Silence, in Disgust and rage (Sic transit gloria mundi), alle
influenze industrial ora più permeate dal tessuto metal; si fanno organiche
alla canzone, ne rafforzano l’ossatura con vibrazioni basse, ne inaspriscono la
ferocia o la cinica freddezza. È il caso di Man Bites God, gelida come
un pezzo di silicio ma non inumana come in passato, e che rimanda persino a
qualcosa dei Plasma Pool di Attila Csihar.

Nome citato non a caso, visto che a lui si deve in parte l’ottima riuscita
dei due dischi precedenti, ma che ha ora lasciato il passo a quello che, con la
propria band originaria, ha probabilmente dato il “la” al filone cyber
black: Prime Evil dei Mysticum, gruppo che con In The Streams Of
Inferno
aveva, ormai 10 anni fa, precorso non poco i tempi. Ma il ritorno
all’umanità, per quanto trasformata, di cui si parlava è debitore anche del
drumming del famigerato Bard ‘Faust’ Eithun, autore di una performance
quadrata com’è nel suo stile, ma estremamente caratterizzante. 

Generator è diverso, l’avrete capito: non vi taglia la gola al
primo ascolto come Fire Walk With Us, non vi ammanta di epica rovina come
Kaly Yuga Bizarre né di radiazioni come With No Human Intervention:
vi porta in un nuovo livello di paura, più subliminale e, forse, per questo
più pericolosa. E si dimostra l’ennesimo splendido album di un vero orgoglio
estremo nazionale.

Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli

Tracklist:

1. Armageddon 
2. Disgust and Rage (Sic transit Gloria Mundi) 
3. A Dog-Eat-Dog World 
4. Ruinrama Kolossal S.P.Q.R. 
5. Generator 
6. Suffer Catalyst 
7. Between the Devil and the Deep Blue Sea 
8. Man Bites God 
9. I Reject!

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