Recensione: Ígéret

Di - 17 Settembre 2011 - 0:00
Ígéret
Band: Dalriada
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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80

Nel panorama del folk metal europeo, anche nazioni solitamente lontane dalle luci della ribalta iniziano a proporre al grande pubblico musiche ed elementi tradizionali. È il caso dell’Ungheria e, nella fattispecie, dei Dalriada.
La band, originariamente nata nel 2003 con il moniker ‘Echo Of Dalriada’, arriva al sesto album, Ígéret, dopo una carriera consumata per lo più nell’underground grazie alla collaborazione con la veterana AFM Records.
Per addentrarci più specificamente nella proposta musicale del sestetto partiamo dal nome. L’appellativo Dalriada ricorda l’omonimo regno goidelico (o Dál Riata) situato originariamente lungo le coste occidentali della Scozia e quelle settentrionali dell’Irlanda. La lingua, derivata dal ceppo celtico insulare, si diffuse verso il V secolo anche nell’Europa centrale sopratutto nelle zone dell’odierna Austria, nazione da sempre legata a doppio filo con i territori ungheresi.
Quello che la band di Sopron ci propone è un Folk brioso e spumeggiante contaminato da una matrice Power piuttosto marcata. Piacevolmente giovane, suonato con enfasi ed entusiasmo, il sound proposto è in grado di trascinare e coinvolgere l’ascoltatore fin dalle prime note.


Ad aprire il disco una “Intro” (di più di due minuti) in cui la voce di un anziano ci da il benvenuto nella proposta musicale dei Dalriada. La canzone ha in sé una forte sfumatura sciamanica: il ritmo dei tamburi, spesso fuori tempo, funge da tappeto ai violini e alle viole mentre il cantato ricorda le leggende raccontate dai vecchi Táltosok, sciamani molto presenti nella cultura rurale ungherese. A scaldare gli animi ci pensa da subito l’irruente “Hajdútánc”, la danza di Hajdú. Il brano prende il nome dall’omonimo comitato, una vecchia suddivisione amministrativa del vecchio Regno d’Ungheria, territorio sotto la giurisdizione di Debrecen, importante città seconda solo alla capitale Budapest.
Affascinante la modulazione della voce della cantante Laura Binder capace di passare senza troppi patemi da una soave voce narrante a un growl dotato di forte personalità. Una voce piena di carattere insomma, che ben si addice alla musica proposta. Qui la commistione tra Folk e Power è piuttosto evidente. Ciononostante la linea melodica del brano, con la dovuta lontananza e il dovuto rispetto, mi ha riportato alla mente la meravigliosa “Trollslottet” degli Otyg.
Nella seguente “Hozd el, Isten” il gruppo rende omaggio ad uno degli Dei principali del pantheon ungherese: il Dio Isten creatore del mondo e protettore della vita umana a cui, metaforicamente, la band si affida. Suoni di fisarmoniche si fondono ad un riff decisamente catchy che rende il brano particolarmente ben riuscito. Fa la sua comparsa la  seconda voce del chitarrista András Ficzek, bravo a prendersi il centro del ring con una voce anch’essa estremamente versatile e piacevole. Si prosegue senza la seppur minima traccia di cedimento con la dolce “Mennyei Harang” in cui la parte di András si fa molto più ricca ed articolata offrendo una varietà melodica davvero lodevole. Quando le ‘campane del paradiso’ smettono di suonare i propri colpi, si arriva alla title-track canzone che ci accoglie con un travolgente Humppa a voler sottolineare, semmai ce ne fosse bisogno, le profonde radici che legano saldamente la cultura ugro-finnica.


Veloci come in sella di un nero cavallo sulle sponde di un Balaton gelato, ci addentriamo nella canzone dedicata ad uno dei maggiori Eroi Nazionali ungheresi: con la “Kinizsi Mulatsága” i Dalriada omaggiano Pál Kinizsi (1432-1494) leggendario generale dell’esercito del Re d’Ungheria Mattia Corvino, famoso condottiero che sbaragliò le armate ottomane nella battaglia di Breadfield per la difesa della Transilvania e della Vojvodina. Senza respiro, senza perdere nemmeno un istante, si passa alla seguente “A Hadak Útja”, brano che descrive la nascita della Via Lattea. Il brano si riferisce direttamente al mito della nascita della galassia ribattezzata la “via dei guerrieri”, nascita attribuita alla marcia dell’esercito del Dio della guerra Hádur.
La metaforica cavalcata continua con “Leszek A Csillag” e la conclusiva “Leszek A Hold”, brano quest’ultimo che vede la partecipazione alla voce di Jonne Järvelä, simpatico frontman dei finlandesi Korpiklaani.
Allo sciamanico “Outro”, il compito di mettere la parola fine a un lavoro di ottima fattura; consigliato vivamente a tutti gli amanti del Folk, questo Ígéret saprà sicuramente soddisfare anche gli ascoltatori meno avvezzi alle ambientazioni marcatamente popolane.

Daniele Peluso

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Ígéret Tracklist:
1.Intro        
2.Hajdútánc    
3.Hozd el, Isten    
4.Mennyei Harang    
5.Ígéret    
6.Igazi Tûz    
7.Kinizsi Mulatsága    
8.A Hadak Útja   
9.Leszek A Csillag    
10.Leszek A Hold
11.Outro

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