Recensione: Get a Grip

Di Andrea Loi - 1 Settembre 2007 - 0:00
Get a Grip
Band: Aerosmith
Etichetta:
Genere:
Anno: 1993
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
82

Sempre sul filo del rasoio.

Con questa frase si potrebbe sintetizzare l’irripetibile carriera degli Aerosmith, uno dei più grandi gruppi rock della storia, che come pochi riuscì a interpretare, immedesimandosi, il significato di musica come “spettacolo goliardico” e inno alle emozioni selvagge.

Questo ”Get A Grip”, datato precisamente aprile 1993, uscì su Geffen, esattamente ad un anno di distanza dalla firma di uno stratosferico contratto (35 miliardi di lire quindici anni fa!!!) che li avrebbe legati alla Columbia al termine degli impegni con la precedente label ; a tutt’ oggi l’ album, è uno dei loro maggior successi discografici in termini di copie vendute negli States.
Furono, infatti, sette i milioni di copie vendute da questo full-length, (secondo solo al best-seller “Toys in the Attic” che negli anni ’70 inaugurò le fortune del gruppo, arrivando a otto milioni nei soli USA), risultato decisamente lusinghiero, vista l’atipicità dei suoni che animavano il mercato discografico agli inizi degli anni novanta.

Incurante delle mode, il gruppo di Steven Tyler tirò dritto e mise a segno il terzo colpo “milionario” di fila da quando, nel 1987, l’ottimo “Permanent Vacation” (e Desmond Child…) li riportò a nuova vita in maniera inaspettata, (facendo in tempo anche a battezzare gli emergenti Guns n’Roses nel loro primo tour di supporto al gruppo di Boston), doppiato, due anni dopo, da “Pump”, platter rilasciato nel 1989, che, a parere di chi scrive, rappresenta la miglior prova dei dischi post-1976.

Dopo anni di oblio i Toxic-Twins (i gemelli tossici, ovvero la premiata ditta Tyler-Perry) arrivati quasi all’autodistruzione a causa di “sventatezze varie” e di una vita piuttosto movimentata, riuscì finalmente a far quadrare il cerchio, inanellando un trio di successi ormai insperato.

Questo “Get a Grip” (che si avvale, bisogna dirlo, di una schiera di special-guest quali compositori esterni) suscitò al tempo qualche polemica per la scelta “provocatoria” della copertina, ma seppe comunque mantenersi su standard significativi, tanto che molte canzoni rivelano (semmai ancora ce ne fosse bisogno…) tutta l’anima squisitamente blues della band, andando a ripescare a pieni mani un sound che decretò le fortune dei cinque nei gloriosi Seventies.
Molti di voi potrebbero sollevare qualche obiezione in merito: le tre ballads (al tempo in rotazione fissa su MTV ) trainarono il disco nelle posizioni che contano di Billboard con il classico sapore delle serenate studiate a tavolino, ma è impossibile non prendere atto del talento della band americana in occasione di brani come “Criyng”, “Crazy” (divertente e ironico il video con la figlia di Steven, Liv) e “Amazing” che, pur eccessivamente “ruffiane” e sdolcinate, evidentemente non avrebbero potuto mai essere creature di artisti sprovveduti o di basso profilo.
“Livin’ on the Edge” fu il primo singolo estratto e rappresenta un momento emblematico delle atmosfere dell’ album: spassosissimo nella sua trasposizione video, è una felice citazione di un hard impregnato di rhythm and blues e ci riporta direttamente alla metà degli anni settanta, periodo, a cui si faceva riferimento prima, in cui il gruppo divideva oltreoceano la notorietà con Led Zeppelin e Kiss.

Su tutto, Tyler.

Per chi scrive semplicemente il miglior cantante rock americano ( che abbandonò -fortunatamente!- la carriera di batterista nel periodo pre-Aerosmith) ed il valore aggiunto a un gruppo di veri fuoriclasse; il singer che con la propria voce completa il genio chitarristico di Joe Perry, forse mai così a suo agio nel proporre soluzioni, dove il taglio hard dei riff è solo il punto di arrivo di un percorso musicale molto più ricercato e radicato nei suoni tipici degli anni sessanta, fatti di blues e soul, di armoniche e fiati. Tutti elementi che hanno marchiato a fuoco il sound della band sin dalle prime uscite.
Certamente resteranno intoccabili le vette artistiche che hanno visto in albums come “Rocks” e “Toys in the Attic” capisaldi di un decennio irripetibile ed “esagerato”, ma in questo full-length vengono evidenziati momenti di eclettismo e di rabbiosa espressività, caratteristiche che fungono da netta linea di demarcazione rispetto alle hits che hanno caratterizzato gli episodi più “easy” di “Permanent Vacation” e “Pump”.
Il trittico d’ apertura è sintomatico di questo approccio: come voler infatti etichettare “Eat The Rich”, dalle ritmiche devastanti e sostenute? Oppure la title-track, che gioca su dei divertenti intrecci vocali, o la stessa “Fever”, dal ritmo incalzante ed isterico, per certi versi quasi “inattesa”, in quanto esempio di in una versione più heavy, ma non per questo meno efficace, dell’attitudine del gruppo?
“Flesh” è poi quanto di più spiazzante ci si possa aspettare dai bostoniani e non solo perché composta da un Desmond Child che sembra quasi rinnegare il proprio passato: il pezzo viaggia, infatti, su sentieri di stampo psichedelico, con un Tyler in versione “acida”, protagonista di una interpretazione ai limiti del “nevrastenico”. E’ il pezzo più ossessivo e distorto dell’ intera track- list, potenziato da una sezione ritmica che definire imponente è riduttivo.
“Walk on Down” ci regala invece una gradita sorpresa: Joe Perry si cimenta al microfono, offrendo una prova vivace e divertente, dimostrandosi decisamente a proprio agio nei panni del “lead-vocalist”.
La sua prestazione, che ebbe un precedente su “Bright Light Fright” del controverso “Draw The Line”, vive di momenti spassosi per un brano in pieno old-style.

Imperdibile la successiva “Shut Up and Dance” (dove troviamo lo zampino di Tommy Shaw, reduce dal progetto Damn Yankees): molto vicina al sound di “Permanet Vacation”, si fregia di pregevoli momenti strumentali ove le sfuriate chitarristiche lasciano pochi dubbi sul talento palesato da Perry con la seicorde.

Citiamo infine, per dovere di cronaca, “Gotta Love It” che scorre senza grossi picchi, mentre occorre soffermarsi su “Line up”, scritta in compartecipazione con Lenny Kravitz. Il brano è brioso, fresco e divertente, con un chorus assolutamente di grande impatto che nasce con la prerogativa di poter essere canticchiato al primo ascolto.
Chiudono il cerchio ( insieme alla già citata “Amazing”, che alla lunga risulta delle tre ballads quella più ispirata e “sincera”), “Can’ stop Messin”, brano incluso solo nell’edizione europea e “Boogie Man”, strumentale di poco più di due minuti, impregnata di atmosfere dai toni pacati e surreali.

Tracklist :

“Intro” (Perry, Vallance, Tyler) – 0:23
“Eat the Rich” (Perry, Vallance, Tyler) – 4:09
“Get a Grip” (Perry, Vallance, Tyler) – 3:58
“Fever” (Perry, Tyler) – 4:15
“Livin’ on the Edge” (Mark Hudson, Perry, Tyler) – 6:20
“Flesh” (Desmond Child, Perry, Tyler) – 5:56
“Walk on Down” (Perry) – 3:37
“Shut Up and Dance” (Jack Blades, Perry, Tommy Shaw, Tyler) – 4:55
“Cryin'” (Perry, Taylor Rhodes, Tyler) – 5:08
“Gotta Love It” (Hudson, Perry, Tyler) – 5:58
“Crazy” (Child, Perry, Tyler) – 5:16
“Line Up” (Lenny Kravitz, Perry, Tyler) – 4:02
“Can’t Stop Messin'” (Jack Blades, Perry, Tommy Shaw, Tyler) – 3:30
“Amazing” (Richard Supa, Tyler) – 5:56
“Boogie Man” (Perry, Vallance, Tyler) – 2:16

Ultimi album di Aerosmith

Band: Aerosmith
Genere:
Anno: 1993
82
Band: Aerosmith
Genere:
Anno: 1976
91
Band: Aerosmith
Genere:
Anno: 1973
75
Band: Aerosmith
Genere:
Anno: 1989
83
Band: Aerosmith
Genere:
Anno: 1979
80
Band: Aerosmith
Genere:
Anno: 1997
81
Band: Aerosmith
Genere:
Anno: 1974
88