Recensione: Get Killed or Try Dying

Di Daniele D'Adamo - 17 Agosto 2018 - 19:02
Get Killed or Try Dying
Band: Ravens Creed
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2018
Nazione:
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75

Il Regno Unito non è solo questione di NWOBHM e metalcore, giusto per citare due estremi che, comunque, si toccano.

È anche punk, hardcore, grindcore, thrash e death. Fusi fra loro in maniera del tutto originale, come dimostrano ensemble quali gli Anaal Nathrakh e i Lock Up, per esempio.

A essi si possono accumunare i Ravens Creed, nati nel 2006 a Londra e giunti al quarto album in carriera, “Get Killed or Try Dying”.

Inutile perdersi in voli pindarici per descrivere efficacemente quale sia lo stile adottato dai Nostri. È sufficiente difatti passare indenni l’intro funereo cantato dalla voce di cornacchie, corvacci e altri volatili coprofagi, per essere subissati dal violentissimo riff sega… tutto di ‘Unrelenting Supremacy’. Una meraviglia di aggressione totale che sconquassa ogni molecola del corpo umano, e che, una volta incanalata nella restituzione del main-riff della song, procede dritta per la sua strada senza alcun tentennamento.

Aggressione resa addirittura palpabile dalla scabra e acida ugola di Al Osta, le cui propaggini carnose sono state rifinite con la carta di vetro a grana grossa. Un ottimo vocalist, per la musica della quale deve prendere le redini per trasbordarla negli angusti sentieri dell’Ade. I Ravens Creed accennano anche a un break centrale teoricamente rallentato in up-tempo che dovrebbe dare fiato ai polmoni ma che, invece, li infiamma definitivamente.

La descrizione un po’ più approfondita dell’opener-track, magari tediosa, è però necessaria per delineare i dettami di base di tutto il full-length, le cui altre 12 song non si discostano molto, come modus compositivo, dalla formidabile ‘Unrelenting Supremacy’. Il che non significa che il segmento compreso fra ‘Dead Bird on Winchester Street’ e ‘Outro’ sia una mera ripetizione dei tratti somatici della ridetta ‘Unrelenting Supremacy’. Al contrario, i Ravens Creed riescono a diversificare sufficientemente i singoli episodi. Non di più, però, poiché Osta non è un vocalist che vari particolarmente il proprio timbro vocale. Malgrado tutto non si può scrivere di difetto evidente poiché, d’altro canto, il sound dei Nostri non subisce alcuna interruzione di sopra nell’erogazione di un’energia apparentemente infinita.

Ogni tanto emerge qualcuno degli stili più su citati (‘Hymn & Hearse’, ‘Remember the Hammer’), senza tuttavia incidere su un sound massiccio, duro, inamovibile dalle linee di base che lo orlano in profondità, disegnate con mano ferma. Una solidità che, probabilmente, si rivela il segno caratteristico più evidente della foggia artistica inventata dai Ravens Creed. Solidità che si riscontra  facilmente nei (rari) brani più cadenzati, come ‘Off With Their Legs’, la cui pesantezza schiaccia prima e frantuma poi la gabbia toracica.

Pesantezza che va a braccetto con la fluidità della sezione ritmica. Pur non oltrepassando la barriera dei blast-beats, Jay Graham fornisce infatti al drumming grande rapidità e movimento, tali da riuscire a dare a tutto il platter la giusta spinta, senza esagerare e sconfinare nel caos.

Riassumendo e sintetizzando si può tranquillamente qualificare “Get Killed or Try Dying” come un disco di metal estremo se non di più, adatto soltanto ai palati rivestiti d’acciaio.

Brutte bestie,  i Ravens Creed.

Daniele “dani66” D’Adamo

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