Recensione: Global Warning

Di Alessandro Zaccarini - 15 Aprile 2008 - 0:00
Global Warning
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Anno: 2008
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81

Come una massa magmatica sotterranea la mente di Jon Oliva ha bisogno di eruzioni per sfogare la propria creatività, una creatura mitologica perennemente in procinto di procreare e partorire, una paio di manone che non possono stare lontane da quei tasti di avorio ed ebano.

In sede di intervista il buon vecchio Jon ha parlato molto orgogliosamente della natura eclettica di questo album, di quanto affondi le radici nel passato targato Savatage, garantendo che però le sorprese non sarebbero mancate. Bhè, ancora una volta il signor Oliva aveva ragione. Dalla prima all’ulima traccia c’è un mondo Savatage ripreso e ridimensionato in quello che è Mr Jon Nicholas Oliva oggi, all’alba dei 48 anni, con un passato glorioso sui palchi e altalenante nella vita privata, tra fantasmi, sfortune e scomparse che lo hanno segnato moralmente e fisicamente.

Global Warning si apre con la title track, ed è come se la Trans Siberian Orchestra avesse incrociato i Savatage di Handful of Rain, con in aggiunta quel tocco settantiano di organetto e un riffing al limite del progressive. Non una novità se si spensa che la TSO ha accolto al proprio fianco personaggi come Greg Lake (Emerson, Lake and Palmer), Tommy Shaw (Styx), Jon Anderson (Yes) o Geoff Tate (Queensryche). I Savatage di Streets sono però lì in agguato, con il piano e il vocione di Jon a dominare Look at the World e la rabbiosa Adding the Coast, binomio in cui si torna a sognare con i Sava formato originale (e assolutamente inimitabile). In Before I Hang esce il contrasto melodico tra le linee vocali rauche e rabbiose e le chitarre che si armonizzano a vicenda in maniera piuttosto melodica, mentre con Firefly arriviamo a quello che è da sempre terreno di conquista per i progetti partoriti o patrocinati da Mr. Oliva: la ballata, quella ampia, corale, strutturata in crescendo e ricca di quel tocco personale che il mastermind della band è capace di donare alle se creature. Al grido di “I’m the computer” Master si impone come traccia più moderna del lotto, con la voce di Jon effettata e i suoni ovattati e distorti ben oltre il livello abituale della band. Un salto diametralmente opposto ci attende con i giochi acustici di the Ride, ancora tendente al progressivo e all’esplosione d’insieme tipicamente Savatage. O to G è un’altra ballatona tutta costruita sulle linee di piano, mentre Jon sfodera ancora grandi melodie in mid tempo per Walk Upon Water.

Stories è quello che sarebbe stato Streets se composto nel 2008, dove i cori si scambiano dialoghi con la voce solista di Oliva e Matt LaPorte lavora con i fischi e il palm muting che tanto piacevano al compianto Criss. Eccoci a Open Your Eyes, la quale non può che essere la ballatona senza compromessi, classico appuntamento in classico stile Savatage che furono, con il piano e la chitarra solista a ripercorrere le stesse scelte armoniche di una Believe o di una A Little Too Far, per il crescendo drammatico e quasi teatrale di un’accoppiata che ricorda il preferito e prediletto del padre di questa band: ancora Streets. You Never Know è il brano più prettamente metal del disco, con riffone e ugola irruenta, velocità elevate e un richiamo lontano ai tempi di Power of the Night. Per chiudere c’è Someone/Souls, ancora una volta con il patrocinio silente e sornione dell’eredità Savatage, ancora una volta a colpire per classe.

Un disco vario, scritto e cantato con l’eleganza e i modi che solo i grandi come Jon Oliva possono permettersi di fare. Questo adorabile omone è un patrimonio dell’arte di comporre e interpretare, e con questo ‘Global Warning’ ne ha fatta n’altra delle sue: tutto quello che dobbiamo fare ora è goderci un’altro pezzettino di genio in musica.

 

Tracklist:
01. Global Warning
02. Look At The World
03. Adding The Cost
04. Before I Hang
05. Firefly
06. Master
07. The Ride
08. O To G
09. Walk Upon Water
10. Stories
11. Open Up Your Eyes
12. You Never Know
13. Someone/Souls

Alessandro ‘Zac’ Zaccarini

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