Recensione: Gnosis

Di Andrea Poletti - 22 Marzo 2017 - 7:05
Gnosis
Band: Saille
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2017
Nazione:
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64

Avete presente quando ritrovate una persona amica, cara o comunque con cui siete stati in contatto per molti anni, ma che per un evento qualsiasi si ripresenta davanti a voi dopo un lungo silenzio e stentate a riconoscerlo? Quella manciata di secondi dove dentro di voi l’eco di una vocina recita “eppure questo mi sembra di conoscerlo… ma chi diavolo è?” Sicuramente almeno una volta nella vita tutti ci sono passati in questa fase d’imbarazzo totale, impossibile dire di no; questo epico momento lo si ha proprio quando “Gnosis”, nuovo quarto album ufficiale dei Saille (si pronuncia “sahl-yeh” per la cronaca dato che deriva da un antico alfabeto irlandese denominato Ogham;il suo siginificato è salice) arriva sul mercato. Subito dopo la messa sul mercato v’è l’acquisto, l’ascolto e la presa di consapevolezza di come ad oggi le idee valide corrono veloci ma in pochi sanno sviluppare al meglio il loro potenziale intrinseco; questa non è un ipotetica supercazzola ragazzi, i Saille scrivono ottima musica e nei dischi precedenti l’hanno dimostrato in diversi frangenti, ma il loro impatto finale, quello che dovrebbe accende i cuori oggi stenta ad arrivare. Tutto è un bellissimo crogiolo di idee abbozzate, concepite perfettamente ma che alla fine non ripagano a pieno, se a questo ipotetico difetto ci aggiungiamo che in su Gnosis siamo accompagnati da una delle peggiori produzioni mai venute fuori negli ultimi anni il gioco è fatto.

Nove canzoni potenti, massicce e molto dinamiche che riescono a tenere alta l’attenzione su più fronti minuto dopo minuto, ma la dura verità risiede nel non percepire spesso ciò che il gruppo voglia trasmettere poiché in alcuni momenti la sensazione di stare ascoltando lo stesso passaggio è per la maggiore. L’iniziale ‘Benei ha’Elohim‘ ci introduce a tutte quelle tematiche e strutture compositive che ci seguiranno lungo il corso del full-length, scoprendo le carte in pochi minuti; anche nei successivi pezzi quali ‘Pandaemonium Gathers‘, ‘Genesis 11; 1-9‘ o la conclusiva ‘1904 Era Vulgaris‘ la sensazione di una chiara e netta rivisitazione della fase centrale di carriera dei Dimmu Borgir, unita con una velata di death è tangibile. Norvegia, Svezia e tutta l’area scandinava si concentrano per andare a colpire dritto nel segno grazie a canzoni che non segneranno il tempo, ma riusciranno semplicemente a mantenere vivo un filone musicale, proprio come la storia dei Saille stessi. Il symphonic deve essere suonato con cura e dedizione, se l’ipotetico sussidiario dove le regole base sono scritte nero su bianco non viene seguito ecco che ‘Blôt‘, ‘Before the Crawling Chaos‘ e ‘Thou, My Maker prendono forma; ottimi brani, studiati e concepiti con la potenza giusta per scuotere le folle in sede live, ma con quell’anima decadente e pregna di cliché che ad oggi riesce purtroppo solamente a lasciare un velo di tristezza per un tempo oramai trascorso.

Se i primi due dischi avevano fatto ben sperare con una splendida unione di atmosfera e furia cieca dove l’ambient e l’anima black intrinseca nel gruppo si scambiavano i ruoli, se con “Eldritch” i Saille erano riusciti fare il salto di qualità vero e proprio lasciando luci sul cammino, quel salto che oggi avrebbe potuto portare a qualcosa di più non è arrivato, ritrovandoci con un semplice buon disco senza lode e senza infamia. Per non andare a nuocere ulteriormente al risultato evitiamo di soffermarci sulla già citata produzione che diventa il vero tallone d’Achille del disco; concentriamoci sulle note, sugli arrangiamenti e la interpretazione vocale che rimangono tutti elemnti di alto valore pur non espressi completamente.

Ho voluto comprare il disco sulla fiducia, ho voluto andare verso il sentiero oscuro e qui accanto la mia copia fisica è testimone attraverso uno splendido artwork, ma ho idea che non saranno molti i suoi passaggi in stereo nel prossimo futuro. Che il prossimo, il numero cinque, riservi delle sorprese? Che questo sia ancora il sentiero per definire il nuovo sound del gruppo? Ai posteri l’ardua sentenza. Saille, “Gnosis”, ovvero “suo figlio è bravo ma non si impegna abbastanza

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