Recensione: Gods of Vermin

Di Stefano Vianello - 31 Luglio 2009 - 0:00
Gods of Vermin
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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67

Disco di debutto per i Sons of Seasons, che poi tanto debuttanti in fin dei conti non sono. Stiamo parlando infatti del progetto nato dalla mente di Oliver Palotai, tastierista dei Kamelot e Doro, che per l’occasione si è contornato da musicisti già ben noti sulla scena power e heavy europea. Dietro al microfono troviamo infatti Henning Basse, singer dei tedeschi Metalium che, supportato dall’ugola d’oro di Simone Simons, tira fuori una prestazione di notevole impatto. Il gruppo nasce nel 2007 e vede il susseguirsi di numerosi cambi di lineup prima di riuscire a costruire la formazione perfetta desiderata da Palotai, requisito questo indispensabile dal suo punto di vista per poter esprimere al meglio le sue doti di musicista, compositore e produttore. Sin dalle prime fasi di sviluppo del processo compositivo appare chiaro quale suono avrebbero avuto i Sons of Seasons: una fusione tra metal, jazz e musica classica che dà origine a un symphonic metal piuttosto particolare.

Nonostante l’ottima produzione e la buona volontà della band, questo Gods of Vermin risulta piuttosto esagerato nelle sue orchestrazioni: i brani che lo compongono appaiono spesso troppo lunghi, con soluzioni sinfoniche eccessivamente prolisse. In alcuni casi si ha la sensazione che brevi riff o intermezzi vengano inseriti nella canzone solo come riempitivi per aumentarne il minutaggio, e già dalla title track di apertura si nota come le tastiere e le parti orchestrali siano l’anima e il fulcro centrale delle composizioni, facendo passare in secondo piano le chitarre e gli altri strumenti. C’è da dire però che la prestazione vocale del singer Basse non delude le aspettative, potente e decisa nelle parti più heavy, melodica e dolce nelle parti lente e tranquille. Il marchio di fabbrica del tedesco si sente in più occasioni come nella accattivante A Blind Man’s Resolution o nella veloce Belial’s Tower. Non mancano gli episodi che sorprendono in questo album: Fallen Family dalle prime ricorda molto le ballad degli ultimi Helloween, dove le voci di Henning e Simone si incontrano in una melodia dolce e soave, per poi graffiarci con un ritornello in scream e growl con il supporto di Mark Jansen, seconda voce degli olandesi Epica. Molto bella la ballad Wintersmith, con il pianoforte che ricorda le melodie oscure e dark dei film di Tim Burton e la voce della vocalist olandese che nuovamente ci delizia della sua eleganza.

Non bastano però quattro o cinque canzoni a fare di un album ben suonato, un ottimo album. Sicuramente le idee sono molte, alcune sono vincenti, altre sarebbero da rivedere e migliorare. Sono sicuro che in futuro questi ragazzi sapranno sviluppare meglio i propri pezzi ed aggiungerci quel tanto che renderà il tutto più piacevole da ascoltare e meno noioso. Per ora, attendiamo il prossimo full length.

Stefano “Elrond” Vianello

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Tracklist:
1. The Place Where I Hide
2. Gods of Vermin * MySpace *
3. A Blind Man’s Resolution * MySpace *
4. Fallen Family * MySpace *
5. The Piper * MySpace *
6. Wheel of Guilt
7. Belial’s Tower * MySpace *
8. Fall of Byzanz
9. Wintersmith
10. Dead Man’s Shadows
11. Sanatorium Song
12. Third Moon Rising
13. Melanchorium (limited edition bonustrack)

Line-up:
Henning Basse – vocals
Oliver Palotai – guitar – keyboards
Jürgen Steinmetz – bass
Daniel Schild – drums
Pepe Pierez – guitar

Guests:
Simone Simons: Wintersmith, Fall Of Byzanz, Fallen Family
Christian Meyke & Jan Peter (Bass Voices): Wheel Of Guilt (latin part)
Tijs Vanneste: Gods Of Vermin, Melanchorium
Mark Jansen: Grunts on Fallen Family
Oliver Palotai: Melanchorium (lead on verses), some background vocals all over the record

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