Recensione: Grinding the Steel

Di Stefano Ricetti - 31 Maggio 2013 - 12:40
Grinding the Steel
Band: Thunder Axe
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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73

Strano, talvolta, il corso della storia, anche in ambito musicale. Non me ne vogliano i rispettivi Campanili ma è per me impossibile non accomunare le provincie di Bergamo e Brescia per quanto attiene il Loro ruolo all’interno dell’Italian Way of Heavy Metal. Da sempre giustamente considerate autentici cuori pulsanti della Lombardia dal punto di vista economico e della laboriosità, vantano fin dagli albori del genere un agguerrito nugolo di metalhead, fedeli e praticanti. Nonostante queste premesse, però, risulta davvero poco cospicuo l’apporto in termini di band Hard’N’Heavy fornite all’Italiano Stivale nella storia. A braccio mi sovvengono Drunkards, Hallowed, Touch of Devil, Prodigal Sons, Thunderstorm, Jolly Power e mi scuso sin d’ora se lascio da parte qualcuno, ma tanto basta a far capire quanto poco abbiano inciso Brèsa e Bèrghem come numero di album ufficiali, tenendo conto che a oggi l’HM tricolore vanta più o meno trentacinque anni di milizia siderurgica sul groppone e terre cotanto degne avrebbero potuto somministrare sicuramente di più in termini di gruppi di un certo livello. 

Al di là di questo atavico arcano e lungi da dare delle risposte soddisfacenti in merito sul perché o sul percome di questa strana situazione, a risollevare la media ci pensano i Thunder Axe, bergamaschi al debutto su Cd dopo aver dato alla luce il demo Wild Metal nel 2005. Band attiva dal 2000, nata per volontà  del cantante Massimo Cantù, che dopo la Sua prematura scomparsa avvenuta nel 2009 si ricompatta definitivamente e serra le fila tanto da approdare alla corte della My Graveyard Productions di quel dannato dell’HM che risponde al nome di Giuliano Mazzardi. Grinding the Steel si fa sin da subito notare per l’azzeccata copertina e consta di dodici i pezzi, tutti inediti, fra i quali nessuno risulta ripescato dal demo precedente, per una cinquantina di minuti di musica in totale. Ad accompagnare la release un libretto di sedici pagine con i testi dei vari brani e alcune foto in chiaroscuro della band.                         

Iron Will possiede la potenza degli Anvil nei riffoni portanti così come la magia della Nwobhm nello sviluppo del pezzo, la successiva God of Pleasure paga tributo ai migliori Diamond Head nella Sua parte centrale ma vi è spazio anche per il Metallo eroico della strumentale Instrumental Breeding e per le aperture melodiche della seguente Golden Cage, per lo scriba una delle impennate migliori di Grinding the Steel. Burning Fire possiede il sapore speciale dei nostrani Sabotage, eroi dell’Italian Way of HM. Come nella precedente traccia strumentale numero 4, ancora Metallo Epico da parte dei ‘Thunder, per di più con i controcolleoni, all’interno delle trame di Age of Revenge.

A Story to Tell echeggia gli Skanners più diretti, ammiccamento melodico nella prima parte di Dawn to Divine poi è tutto un ribollire di Metallo veloce dalle tinte cupe. Se il singer Renato Forza in generale mostra la corda nelle parti tirate più impegnative, da buon neolatino, dà però il meglio di sè nelle partiture pregne di pathos e atmosfera, come quelle contenute in With Your Eyes, pezzo da urlo, che se solo fosse stato coccolato a dovere avrebbe spiccato davvero il volo su tutto il resto. Atmosfera a go-gò in On My Way, episodio articolato poggiante su chitarroni belli carichi, Intro è un autentico duello di asce d’altri tempi che lancia la volata allo straclassico HM di Sinking Into the Past, classic HM che più classic non si “puote”, a chiudere a pugni alzati l’album.

Grinding the Steel è disco variegato e ben concepito, senza dubbio. Da migliorare vi sono le parti vocali, che pagano pesantemente dazio nei confronti delle prove fornite dagli altri strumenti. Per fare il salto di qualità che si meritano i Thunder Axe devono altresì migliorare nella cura dei particolari, affinché possano dare spazio all’ottimo potenziale del quale dispongono, ampiamente testimoniato da un songwriting in grado di fornire ben dodici pezzi privi di filler conclamati. Le idee non mancano di certo, alla prossima, quindi, Bèrghem Brigade

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti  

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