Recensione: Guiding The Lamb [EP]

Di Francesco Brocca - 28 Marzo 2015 - 18:09
Guiding The Lamb [EP]
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2014
Nazione:
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79

In un paesino del freddo stato della Norvegia, nel 2010, quattro giovanissimi scandinavi minorenni decisero di formare una band thrash metal ispirata a Metallica, Pantera, Megadeth e ad altre storiche band degli anni che furono. Dopo avere iniziato per divertimento, i quattro crearono un canale YouTube – che seguo sin dall’apertura -, dove pubblicarono delle demo provvisorie e iniziarono a suonare per locali e piccoli festival. 
 

Trovato un produttore e cambiata la line-up, nel 2014 si riuniscono per registrare questo EP – che possiedo in tiratura limitata a 200 copie -, che è un vero gioiellino di thrash metal Ottantiano, rielaborato in chiave moderna. Se da una parte possiamo percepire le evidenti influenze delle band precedentemente citate, dall’altra riusciamo a cogliere tinte progressive e heavy, arrangiate in maniera impeccabile. 
 

L’abilità tecnica dei quattro, nonostante la giovanissima età, è notevole. Adrian Olsen, chitarrista e cantante del gruppo, si lancia in assoli al fulmicotone e in riff spaccacollo di grandissimo impatto. La sezione ritmica, guidata dal batterista John-Vidar Antonsen, è di un’efficacia sorprendente e scatena ritmi da headbanging furioso, concedendo solo alcuni break melodici più lenti.
 

L’artwork è carino, e per quanto poco possa influire sul giudizio complessivo del lavoro, riesce a catturare l’attenzione del pubblico underground. Bella la presentazione del piccolo booklet e interessanti i testi di critica alla società, sorprendentemente non banali.
Anche la produzione, nonostante si tratti di un demo-EP, risulta buona e incisiva, e i suoni degli strumenti sono scelti saggiamente.
 

Analizzando il disco track-by-track, l’intro è affidata a First Breath Taken, circa due  minuti di violini e tastiere d’atmosfera che servono ad aumentare la suspense. Subito, nonostante stiamo parlando di una semplice intro strumentale, salta all’orecchio il difetto principale di questo EP: l’eccessiva durata dei brani, la cui media è di ben sei minuti. Fortunatamente sono tutti godibili, come la seconda traccia nonché title-track, dal ritmo cadenzato e quasi groove. Inizialmente non risulta nulla di speciale, le chitarre statiche smorzano tutta la tensione creata dall’intro. Ma proprio verso la fine della canzone si crea un climax e scoppia un ritmo frenetico. Qui possiamo deliziarci con un eccellente lavoro di fase solista, che termina con la ripresa del tema iniziale, stavolta scandito da basso e batteria. Nel complesso un brano buono, che poteva essere curato maggiormente, come nell’ultimo minuto precedentemente citato.

Un attimo di respiro e si passa a un’introduzione di chitarra acustica efficace e d’impatto. Il ritmo si mantiene abbastanza lento all’inizio, e dopo un solo iniziale e una sezione di riff mid-tempo il pezzo esplode con un secondo eccellente assolo e un blast beat incazzato, che termina nuovamente in una strofa mid-tempo.
Il ritornello risulta essere molto azzeccato, e funge da climax per un altro blast beat che accompagna un terzo assolo ancora più bello dei precedenti due.
Dopo una ripresa del tema principale si passa al quarto e ultimo assolo, che conclude il pezzo in maniera egregia.
Nessun attimo di respiro, si passa già a The Infection of Mankind, un altro eccellente pezzo con influenze progressive e heavy classico che alterna sezioni mid-tempo ad altre più veloci. La perla di tutto l’EP sta proprio qui, verso la fine di questo brano, in seguito a un break acustico bellissimo, che precede un duello solistico e una chiusura ritmica molto d’impatto. L’ultima traccia è Split of Conscience, una sorta di semi-ballad che si tiene su ritmi più lenti e scanditi da più fill di batteria. Un duello/assolo iniziale si afferma tra i momenti più esaltanti di tutto l’EP. Unica pecca di questo pezzo è il cantato, che forse si addice poco al background musicale.
Verso i sei minuti si arriva a un assolo eccellente in stile “Orion” caratterizzato da vari cambi di tempo. Il pezzo chiude l’EP in modo un po’ malinconico, con una chitarra acustica in dissolvenza.
 

Che dire, l’EP colpisce non solo per i pezzi che contiene, che sono un vero e proprio crescendo di qualità, ma anche per la giovane età degli Unchained Beast, che dimostrano di essere delle macchine da guerra.
Una realtà che purtroppo gode di poca fama nell’underground europeo, ma che merita tanto davvero. Se riuscite a trovare delle copie di questo EP ancora disponibili, non esitate a comprarne almeno una, è una vera e propria perla nascosta nella scena thrash odierna.
Forza Unchained Beast e in bocca al lupo per la prossima fatica!

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