Recensione: Guitar Gangsters & Cadillac Blood

Di Riccardo Angelini - 5 Novembre 2008 - 0:00
Guitar Gangsters & Cadillac Blood
Band: Volbeat
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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82

Wop-bop-a-loom-a-boom-bam-boom! Tornano i Volbeat, vale a dire torna uno dei fenomeni musicali più esplosivi dell’ultima decade. In soli tre anni la band danese si è infatti affermata fra le realtà di grido della scena europea, strappando consensi in tutto il continente e riscuotendo successi su successi in terra natale. Tanto per dare un’idea: nel 2006 il debut ‘The Strength / The Sound / The Songs’ esordiva in diciottesima posizione nella top100 danese, per poi rientrare in classifica l’anno successivo e vincere il disco d’oro in concomitanza con l’uscita di ‘Rock The Rebel / Metal The Devil’, subito al top delle charts e presto disco d’oro e di platino. Sorte non diversa è quella cui sembra destinato anche il nuovo ‘Guitar Gangsters And Cadillac Blood’, già ai primi posti delle classifiche di Danimarca, Finlandia, e non solo.

Con la loro terza fatica (anche se il termine “fatica” non pare qui il più appropriato) i Volbeat confermano, oltre alla predilezione per i titoli assurdamente tamarri, quell’irresistibile attitudine scanzonata che ha decretato il trionfo dei loro precedenti lavori. Soprattutto, dimostrano di sapere interpretare con grande acume gli umori del mercato, cavalcando con destrezza l’onda del successo e calcando la mano sui punti di forza della propria proposta. ‘Guitar Gangsters…’ è infatti un album maturo, scaltro e ruffiano al punto giusto, consapevole del proprio valore e altresì capace di non prendersi eccessivamente sul serio. La ricetta resta in sostanza sempre la medesima – quell’irresistibile mix di chitarroni distorti e rockabilly, di Johnny Cash e Metallica che ha sbaragliato le platee di mezza Scandinavia, facendo del sonoro vocione di Michael Poulsen e dei ritmi fottutamente groovy i propri tratti distintivi – la vera sfida consiste quindi nella necessità di riconfermarsi senza il vantaggio, talvolta cruciale, del fattore sorpresa.

Realisticamente, era impossibile riproporre la stessa sfolgorante spontaneità di ‘Rock The Rebel / Metal The Devil’. E allora cosa fanno questi furbacchioni? Alzano il tiro, esasperano la propria essenza aprendosi nel contempo a nuove soluzioni: ma non in modo troppo esplicito, bensì di soppiatto, diversificando le pietanze senza mai rinunciare al sale grosso e al peperoncino. In apertura sparano a colpo sicuro, dando al loro pubblico esattamente quello che vuole: l’irresistibile title-track, la punkeggiante ‘Back To Prom’, la cadenzata ‘Halleluja Goat’ e il singolone ‘Maybelenne I Hofteholder’. Poi, quando capiscono che a pigiare sempre sullo stesso tasto si rischia d’inceppare la macchina, partono le variazioni sul tema. Ed ecco che a fianco di boogie e rockabilly (ri)compaiono country, blues, funk e persino un tocco di sinfonia, che si fa largo fra le melodie agrodolci di un’inattesa ‘Light a Way’. Nel menu della band c’è infatti spazio anche per una malinconia scanzonata e un po’ balorda, che tornerà nelle note di ‘I’m So Lonely I Could Cry’ (omaggio sui generis al grande vecchio Hank Williams) e ‘Broken Man And The Dawn’, a ben vedere fra gli episodi più riusciti della tracklist. Ma la nostalgia dei Volbeat è sempre e soprattutto una nostalgia di note invecchiate e sgualcite, di brillantina e jeans strappati: tutto questo torna prepotentemente alla carica con la bordata thrash ‘Wild Rover of Hell’, vero e proprio inno all’ideale di vita sfaccendato e casinista di cui i nostri si fanno alfieri. Tamarri, volutamente dimpegnati e dannatamente divertenti, i quattro danesi si confermano gli uomini giusti per riportare il metal al suo spirito originario… e in fondo cos’altro è questo se non lo spirito del rock n’ roll stesso?

“Driving the highway with nothing to do
Future fading away
The stereo is pumping Metallica tunes
Ride the lightning, oh yeah!
The car might be stolen, my clothes smell like dirt
Born to ramble and play
Play with fire, drunk and denial
Always in for a fight”

Riccardo Angelini

Tracklist:
01. End Of The Road
02. Guitar Gangsters & Cadillac Blood
03. Back To Prom
04. Mary Ann’s Place (feat. Pernille Rosendahl)
05. Hallelujah Goat
06. Maybelenne I Hofteholder
07. We
08. Still Counting
09. Light A Way
10. Wild Rover Of Hell
11. I’m So Lonely I Could Cry (Hank Williams cover)
12. Broken Man And The Dawn
13. Find That Soul
14. Making Believe (bonus track, Jimmy Work cover)

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