Recensione: Hado Myoo

Di Elisa Tonini - 14 Settembre 2018 - 18:13
Hado Myoo
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2018
Nazione:
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77

Due anni dopo Karyobinga gli Onmyo-Za hanno rilasciato il loro quattordicesimo full-lenght, “Hado Myoo”. Fin dagli esordi la “Yokai Heavy Metal band” di Osaka è sempre stata in costante evoluzione preservando, tuttavia, un genuino spirito giapponese. L’anima folk è però maggiormente affine all’approccio spettrale dei connazionali Ningen Isu che a quello più tradizionale di gruppi come WagakkiBand ed Orochi. Il loro ultimo album non fa eccezione. Hado Myoo (“Prepotente re della saggezza”) come tutti i loro lavori ha un background filosofico e simbolico estremamente complesso a partire dall’oscuro artwork che consiste in una sorta di “reinterpretazione” di Fudo-Myoo.

L’aspetto tetro ed austero della copertina si trova pure nella musica e ciò si traduce in canzoni imperniate su moderne scariche death metal melodico affine agli At The Gates e thrash metal racchiuse in un contesto più o meno legato all’immediatezza tipica del metal classico alla Judas Priest di Painkiller ed Iron Maiden. Impreziosiscono il quadro dei passaggi chitarristici di pregio vicini al prog metal ed al metal neoclassico ed epicità power non lontana da The Dark Ride degli Helloween.

Il collegamento a Kishiboin (2011) può essere istintivo ma vi sono pure una carica elettrica di fondo accostabile a Raijin Sosei (2014) e ventate sinfoniche ed ariose assimilabili a Fujin Kaikou (2014) ed al precedente Karyoubinga. Alle sonorità di quest’ultimo album si rifà decisamente il singolo “Ouka Ninpouchou”, opening dell’anime “Basilisk -Ouka Ninpouchou”. Il pezzo, cantato unicamente dalla splendida voce di Kuroneko, verte su un’epicità ed un’attitudine estremamente suadenti e poetiche. Per questo motivo rispetto al resto può sembrare un filino fuori posto e, in ultimo, nonostante l’indubbio fascino e gradevolezza, non sorprende come altri brani.

In tal senso, impossibile non citare l’iniziale “Haō” e Shimobe”, i pezzi dalle sonorità più dure del disco. “Haō” è un riuscitissimo abbraccio ruggente e gelido assieme mentre “Shimobe” ammalia per il suo perfetto ed epico equilibrio tra brutalità thrash/death metal melodico e spiritici arrangiamenti symphonic black/metal. “Ippondatara” e “Tesso no aza” sono invece un’incantevole fusione tra istinto sperimentatore, ritmiche terremotanti e melodie sublimi.

In fatto di sperimentazioni, in “Ippondatara” colpiscono in particolare il wah wah del basso e dei suoni misteriosi che paiono giungere dai bassifondi della psiche umana. Mentre “Ippondatara” pare far leva sulle bizzarrie dell’omonimo yokai, “Tesso no aza” pare invece descrivere l’anima tradita e vendicativa del yokai Tesso. Il brano cattura con melodie a tratti distese, a tratti abrasive e dispotiche impreziosite da vorticose atmosfere spettrali ed assoli magmatici.

Meno complesse strutturalmente ma a loro modo coinvolgenti e sorprendenti sono “Fushoku no ōu” e “Bureiko”. La prima è dotata di un suggestivo animo malinconico reso a volte solido e robusto, a volte vaporoso ed inafferrabile grazie ai cristallini passaggi folk. “Bureiko” è, dal canto suo, un brano d’impostazione quasi hard rock dall’animo allegro che pare raccontare di un nomikai. Gli arrangiamenti delle tastiere ed il canto di Matatabi possono portare un po’ alla mente “Omae no Hitomi ni Hajirai Nosu na” (di Karyoubinga) e Raibu (di Raijin Sosei) ma la traccia gode di una propria vitalità e personalità grazie anche al seducente ed entusiasta intervento di Kuroneko.

Brani come “Haja no fūin” e – in particolare- “Izunaotoshi” denotano invece cali di ispirazione. Presi da sé, sono buoni brani ma a livello compositivo risultano abbastanza canonici e quasi scevri di elementi sorprendenti.Discorso un po’ diverso per “Itsumade”, esplosivo incontro tra inesorabili ritmiche thrash e death melodico a volte industrializzato ed a volte impreziosito da apocalittici scintillii. Se non fosse per il suo refrain a cui manca un pochino di creatività e mordente sarebbe uno dei migliori pezzi.

Dopo diciannove anni di attività gli Onmyo-Za sono tornati con un lavoro senza dubbio perfettamente suonato e prodotto, coraggioso in certi frangenti (fra cui l’apprezzabile scelta della mancanza delle ballad) e meno in altri. In questo senso era lecito aspettarsi qualcosa di più in termini di sperimentazioni ed estremizzazioni sonore, ciononostante Hado Myoo è un signor disco che può essere apprezzato dai fan di -folk-metal orientale e non.

Elisa “SoulMysteries” Tonini

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