Recensione: Half Blood

Di Emanuele Calderone - 23 Marzo 2014 - 18:27
Half Blood
Band: Horseback
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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71


Se si dovesse scegliere un solo aggettivo per descrivere al meglio ‘Half Blood’ degli Horseback, la nostra scelta non potrebbe che cadere su ‘strambo’. Sì perché, a ben ascoltare questo disco, ci si rende subito conto di quanto la musica qui contenuta non abbia nulla di consueto, anzi.
 
Ma facciamo un passo indietro. Chi sono gli Horseback? La band nasce in North Carolina da un’idea di Jenks Miller, un folle visionario evidentemente appassionato di NeurosisEarth, musica sperimentale, black metal e del blues più sanguigno. ‘Half Blood’ raccoglie al suo interno tutti questi generi, rimescolandoli, violentandoli e scardinandoli, dando così vita a una musica estremamente affascinante, psichedelica, che o si ama o si odia. Senza mezze misure.
 
Da un punto di vista prettamente strutturale, il disco, pur nella sua varietà, non presenta alcun tipo di virtuosismo, preferendo invece un approccio molto più diretto, a tratti violento. La violenza e la linearità del metal estremo abbracciano infatti, come si diceva in precedenza, divagazioni dal forte sapore blues e post-metal, che rendono l’insieme particolarmente originale e, al contempo, soffocante, claustrofobico. Le atmosfere sinistre vengono costruite su riff di chitarra spesso dilatati all’estremo, che vengono sostenuti da una sessione ritmica dall’incedere quantomai cadenzato e volutamente monotono. I tempi sono abbastanza quadrati e lineari, così come l’andamento di ciascuna canzone. A condire il tutto ci pensa la voce estremamente sgraziata di Miller -autore di una prova sopra le righe- terribilmente personale e carica di pathos. C’è da evidenziare, però, che con ottime probabilità più di un ascoltatore troverà le vocals del mastermind decisamente fuori luogo in più di un’occasione, ma tranquilli, tutto è voluto. Si ha infatti l’impressione che dietro a ogni singola nota ci sia un freddo ‘calcolo’ e che tutto sia teso a voler disgustare l’ascoltatore.
 
Scorrendo la tracklist con molta attenzione, ci si accorge fin da subito che i pezzi meglio riusciti sono quelli più cami e ‘atmosferici’. Ne sono esempio lampante ‘Inheritance (The Changeling)’ e le prime due parti della lunga suite ‘Hallucigenia’, capaci di colpire sin dai primi ascolti. Il merito va tutto ad un certosino lavoro di chitarra e tastiera, intente a tessere tappeti melodici ipnotizzanti al limite quasi del noise, che difficilmente lasceranno impassibili anche gli ascoltatori più smaliziati e navigati. Il mood di questi pezzi è decisamente lontano dalla ‘cattiveria sozza’ che caratterizza gli altri episodi del lotto. Episodi che, pur nella loro piacevolezza, alla lunga tendono un pochino a stancare, a causa di arrangiamenti alle volte un po’ troppo simili l’uno con l’altro.

Ed è proprio questo il limite maggiore di ‘Halfblood’: il non riuscire a tenere troppo la prova del tempo. Per quanto riguarda gli aspetti ‘extra-musicali’, vale a dire produzione, esecuzione strumentale e  grafica, non ci si può affatto lamentare: i musicisti coinvolti nel progetto suonano con la giusta perizia, non prestando il fianco a critiche. I suoni sono adeguati al tipo di uscita, risultando per tanto ‘asciutti’ e mai troppo pompati.  Un plauso va alla copertina, particolarmente evocativa e ben realizzata, che si accorda alla perfezione con il mood generale della musica proposta da Miller.


Come porsi dunque al cospetto di questo Half Blood? E’ sicuramente un disco godibile, molto particolare e originale, che farà breccia nei cuori dei metal-head più aperti mentalmente. Pur non essendo l’opera più rappresentativa degli Horseback, rappresenta comunque un prodotto degno di nota, che sicuramente saprà regalare soddisfazioni a più di un ascoltatore. Promosso.

Emanuele Calderone


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