Recensione: Hate Yourself

Di Matteo Lavazza - 10 Maggio 2006 - 0:00
Hate Yourself
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
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70

Nati nel 2002 i Rude Forefathers arrivano con questo “Hate Yourself” al loro secondo demo, dopo i soliti, ed inevitabili, cambi di line up che caratterizzano la storia di un po’ tutte le band.
L’apertura è lasciata a “Zombie Dance”, che subito mette in mostra la crescita della band in fase di songwriting, la canzone infatti, pur rimanendo sempre in ambito Thrash, è caratterizzata da atmosfere molto particolari, quasi orrorifiche, e da arrangiamenti molto ben curati, che in qualche modo mi hanno ricordato certe cose dei Children of Bodom.
Il brano che segue è la title track “Hate Yourself”, che al contrario del brano precedente non mi ha convinto appieno, di sicuro è da apprezzare il tentativo del gruppo di proporre atmosfere e arrangiamenti fuori dagli schemi comuni, ma i troppi stop and go su ritmi cadenzati tolgono a mio parere fluidità e potenza alla canzone.
La successiva “Born Weak” viene aperta da un triste arpeggio di chitarra, che viene prontamente soffocato da un muro di chitarre, che sempre su ritmi piuttosto lenti e cupi tentano di costruire una sorta di muro sonoro, anche in questo caso i risultati sono altalenanti, perché se è vero che i riff sono ben costruiti e ci sono ottime aperture melodiche, il ritmo della canzone viene spezzettato troppo da stacchi che francamente mi lasciano più di un dubbio.
La conclusiva “Black or White” si apre in maniera più “tradizionale” rispetto agli altri brani, senza però rinunciare a quelle che sono le caratteristiche della musica dei Rude Forefathers, cioè atmosfere particolari e arrangiamenti altrettanto poco consueti, la forza del brano sta però nei numerosi e ben studiati cambi di tempo, che donano varietà ed interesse al pezzo in questione.
Tecnicamente la band mette in mostra molti miglioramenti rispetto al primo lavoro, soprattutto il cantante, che non mi aveva convinto appieno nella prima uscita, questa volta pare aver imboccato la strada giusta.
I suoni sono davvero molto buoni, molto ben definiti ma con quel tocco “sporco” che fa guadagnare in potenza al tutto, sono uno dei punti di forza dell’intero lavoro.
Un deciso passo avanti per i Rude Forefathers questo “Hate Yourself”, soprattutto perché mostra un gruppo che cerca di trovare uno stile ed una via personale per la loro musica, di sicuro ci sono cose che vanno ancora messe a posto, ma la strada intrapresa dalla band mi sembra quella giusta

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