Recensione: Heartwork

Di Matteo Bovio - 1 Marzo 2002 - 0:00
Heartwork
Band: Carcass
Etichetta:
Genere:
Anno: 1994
Nazione:
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90

Questo è uno di quegli album che tutti, ma veramente tutti, coloro che ascoltano Death metal dovrebbero come minimo conoscere. Mi risulta difficile trovare altri album degli anni ’90 che abbiano così tanto influenzato la scena death; tutt’oggi rimane un punto fermo e un riferimento obbligatorio per molte nuove uscite. E come se non bastasse, questo Cd segna la definitiva svolta di un gruppo storico come i Carcass; una svolta già iniziata con il precedente “Necroticism”, ma che è qui che prende definitivamente forma.

Non voglio discutere in questa sede se i Carcass abbiano fatto più o meno bene ad abbandonare determinate sonorità, perchè, a differenza del successivo “Swansong”, trovo questo album un capolavoro; e mi pare inoltre che lo spirito del combo inglese non sia mutato poi così tanto, nonostante le notevoli differenze con l’esplosivo esordio.

Potenza, velocità, tecnica, melodia è quanto troverete durante l’ascolto; il tutto messo bene in evidenza da una produzione non impeccabile ma comunque di alto livello. Il song-writing delle 10 canzoni è particolarmente elaborato, e a tale proposito basti sentire i fraseggi di chitarra di “Carnal Forge”. Lasciati definitivamente da parte gli assoli sparati a mille ma senza nè capo nè coda del primo lavoro, i Carcass riescono a seguire delle linee melodiche che definire perfetto è poco.

Non manca qualche stacco che riporta la memoria ai vecchi pezzi grind, ma si tratta più che altro di brevi attimi che non sono di certo la parte fondamentale dell’album. Ad emergere sono piuttosto ritmiche veloci ma non ossessive, come nella spettacolare “Heartwork”, a mio parere la migliore canzone dell’intero Cd. Uno di quei pezzi che potete sentire 200 volte in una giornata ma che non vi stanca mai.

Anche in questo caso i Carcass non mancano di far emergere la loro vena più ironica: si guardi ad esempio tra i titoli, e si troverà tra le altre “Blind Bleeding The Blind”… Un’ironia però non fine a sè stessa, ma piuttosto per non rientrare in quella schiera di gruppi che pretendono con ogni testo di dare lezioni di vita ai fan.

Anche le parti più lente trovano spazio e alla fine si integrano più che bene nel contesto: a questo proposito ricordo “No Love Lost” e “Embodiment”. Soprattutto in queste parti il lavoro di chitarre si mostra in tutta la sua ingegnosità e completezza. Ma tra le tracce indimenticabili sono obbligato a ricordare la già citata “Blind Bleeding The Blind” e la conclusiva “Death Certificate”. Sarebbe da stupidi non dare almeno un’opportunità a quest’album solo per fare i puristi o i carcassiani intransigenti: questo Cd è una vera perla, e, sebbene non incarni la parte più innovativa del gruppo, rappresenta uno degli album di riferimento per eccellenza in campo Death metal. Se quindi per vari motivi non l’avete mai ascoltato, non perdete più tempo e correte al negozio di dischi più vicino.
Matteo Bovio

Tracklist
01 Buried Dreams
02 Carnal Forge
03 No Love Lost
04 Heartwork
05 Embodiment
06 This Mortal Coil
07 Arbeit Macht Fleisch
08 Blind Bleeding the Blind
09 Doctrinal Expletives
10 Death Certificate

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