Recensione: Heaven Sent From Hell

Di Eugenio Giordano - 6 Luglio 2004 - 0:00
Heaven Sent From Hell
Band: Vyndykator
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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65

Il nome dei Vyndykator non è nuovo agli amanti del metal americano, infatti questa band è nata dalla volontà del cantante degli Attacker Bob Mitchell che ha coinvolto nella band anche altri due nomi celebri della scena statunitense come Steve Ratchen e Chris Scorsese rispettivamente bassista e batterista degli Alchemy X.

Con queste credenziali credo che i Vyndykator facciano gola a molti di voi, tuttavia non dovete considerare questa band come un semplice side project in cui sono finite le canzoni scartate dai recentemente rinati Attacker. La musica dei Vyndykator si discosta sensibilmente riespetto alla band madre di Mitchell. In primo luogo la band ha un approccio molto più oscuro e elaborato rispetto ai canoni classici dello US metal, ci sono molte influenze “dark” nel souno dei nostri americani e credo che questa caratteristica sia una dei migliori particolari della musica del gruppo. Anche Mitchell differenzia sensibilmente la sua interpretazione vocale rispetto agli Attacker, non aspettatevi un cantato particolarmente acuto come siamo abituati, qui Mitchell è più cattivo e versatile mostrando una interpretazione professionale, più convincente. Le composizioni mostrano un innegabile livello artistico, senza dubbio i Vyndykator hanno saputo comporre pezzi maturi e ambiziosi confermando la bravura dei singoli elementi coinvolti nella band. La produzione non è certo impeccabile, il gruppo sembra voler giocare con un suono ruvido di chiara matrice classica, il risultato è senza dubbio apprezzabile da parte degli amanti delle sonorità stagionate, sembra che questo “Heaven sent from hell” sia stato registrato negli anni ottanta. La Unisound Records, nel suo piccolo, cerca di offrire alla band statunitense tutto il supporto possibile. Per fortuna dei nostri Vyndykator vengono distribuiti nel vecchio mondo dalla Hellion e credo che troverete abbastanza agevole procurarvi una copia di questo cd tramite i circuiti di distribuzione convenzionali.

Dopo l’intro “Eternal rest” il disco si accende con la potenza di “Bloodstained gallows” una composizione elaborata che si estende su quasi sette minuti di durata e che mostra tutta l’ambizione compositiva del gruppo. La sezione ritmica viene impiegata in maniera intelligente generando un mood oscuro e piacevolmente misterioso. Più diretta e coinvolgente “Rot the chamber” possiede un dinamismo indiscutibile che la renderà molto fruibile in sede live. Con “Tapping the vein” i Vyndykator si tingono di un pesante alone tenebroso, il riffing ritmico aggiunge potenza al brano, un lavoro eccellente. Maggiormente orientata verso canoni classici “Mr murder” riporta il disco verso i lidi ossidati del metal americano, anche in questo caso i Vyndykator sono efficaci e coinvolgenti fin dal primo ascolto. Lo strumentale “Flight of the wombat” lascia spazio al classico “Deceiver” dei Judas Priest di “Sad wings of destiny” interpretato da questi americani in maniera ancora più ritmata e potente rispetto all’originale.

In conclusione questo esordio dei Vyndykator è senza dubbio un bel disco, pieno di pezzi potenti e concreti. Non credo sia un lavoro interessante per i meno appassionati di metal classico ma in ogni caso lo consiglio a tutti quanti, è una buona occasione per rispolverare il suono inconfondibile dello US metal.

1. Eternal Rest  
2. Blood Stained Gallows 
3. Rot In The Chamber  
4. Tapping In The Vein 
5. Mister Murder  
6. Flight Of The Wombat  
7. Deceiver (Judas Priest)

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