Recensione: Hedniskhjärtad

Di Daniele Balestrieri - 18 Febbraio 2007 - 0:00
Hedniskhjärtad
Band: Vintersorg
Etichetta:
Genere:
Anno: 1998
Nazione:
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81

Quando si pensa a Vintersorg come artista, in genere la mente torna incomprensibilmente a secoli fa, come se la sua voce avesse accompagnato la crescita di ogni buon viking-folk metaller da sempre. I tempi di Till Fjälls sembrano lontanissimi, e mentre si ascolta The Focusing Blur o Epic assieme a qualche amico, in genere si torna a discutere di quel tempo indistinto in cui Vintersorg ancora cantava folk, quando ancora gli Otyg erano in piena forma e si parlava di un Djavulen, o quando sembrava che il tempo di Ödemarkens Son non dovesse mai finire. Vista la furibonda evoluzione del nostro prodigio svedese, il tempo sembra essere passato ancor più lentamente e ogni capitolo della sua vita musicale ha come segnato una serie di epoche, a cominciare da Cosmic Genesis per proseguire con Empiricism o Cronian.

Eppure non sono passati nemmeno 10 anni dal suo debutto. La magia “siderale” di Vintersorg è evidentemente in grado di dilatare il tempo, per cui quando si ritorna ad ascoltare il suo primo lavoro ufficiale, Hedniskhjärtad, sembra di esser tornati nel medioevo. E invece correva la seconda metà del 1998, e in quel periodo i grandi di adesso erano già grandi, la leggenda del black metal scandinavo era già iniziata e finita ed eravamo già entrati nell’epoca moderna fatta di strumenti campionati e supporti ottici multistrato.
Nella sua piccola Skellefteä, l’allora giovanissimo Andreas Hedlund non sembrava curarsi del mondo che invecchiava attorno a lui e, liberatosi definitivamente da quei Vargatron un po’ troppo esosi per i loro tempi, decise di mettersi in proprio e di ereditare l’unico concetto giudicato valido della sua band precedente: il black metal con voce pulita.
Il tentativo di creare questo nuovo genere è chiaramente visibile in questo primo EP che in realtà rappresenta un fallimento abbastanza clamoroso – eppure, se tutte le band fallissero in questo modo, probabilmente ci ritroveremmo il mercato saturo di capolavori.

La voce di Vintersorg, ormai entrata nella storia del metal, risultò infatti non solo pulita, ma letteralmente sovraccarica di uno spessore epico unico nel suo genere, tanto peculiare da piegare gli strumenti black e trasformarli in strumenti epic-folk venati di profonde influenze viking.
Sentendo ora i vocalizzi di Hedniskhjärtad si percepisce addirittura il palese tentativo di forzatura d’impostazione che Vintersorg volle imprimere ai suoi primi album. Allo stato attuale infatti, specie con la recente uscita di Origin, ma anche con Epic o con Focusing Blur, si sente un Vintersorg più maturo e naturale che non mostra più quei tratti grotteschi durante l’interpretazione delle canzoni. Ora sfoggia una voce profonda, espressiva e naturalmente incline all’epicità… ma negli Otyg e nei Vintersorg pre-2000 la volontà di trovare un timbro originale, fuori dagli schemi del black-folk di quegli anni, ha inciso fortemente nella caratterizzazione, a volte forzata, di entrambe le band. Eppure, senza termini di paragone, una simile osservazione può risultare quasi folle, o ingiustificata.

Ciò non toglie che, al di fuori della caratterizzazione vocale comunque eccellente, questo primo Vintersorg risulta pregno di emozioni e dannatamente tipico della sua prima epoca.
Prendiamo per esempio “Norrskensdrömmar“, traccia che condivide con la precedente “Norrland” non solo un tentativo, più che riuscito, di utilizzare lo screaming per renderle più black, ma anche una parte cantata talmente gutturale da risultare a tratti quasi mostruosa. Erano altri tempi, tempi di sperimentazione, in cui il mercato, e specialmente Napalm Records, ancora non cercava di dettare leggi ferree per spremere quanto più possibile gli artisti tentando di limitare al massimo i rischi di rigetto da parte del pubblico.

Questo è forse uno dei motivi che rendono tanto affascinante questo lavoro. Nonostante la sua durata di appena 20 minuti, questo EP sviluppa sei tra le canzoni più catchy e riconoscibili dell’intero panorama di Vintersorg. Pensiamo nuovamente a Norrland, canzone scandita da passaggi in doppiacassa furente davvero fuori norma coadiuvati da una melodia “crescente” con tante di quelle similitudini con Till Fjälls da farla sembrare un sontuoso anticipo di “For Kung och Fösterland”.
E che dire di “Stilla“, traccia in cui appare la regina degli Otyg, Cia Hedmark, a duettare leggiadramente con Vintersorg in una splendida ballata folk dalle tinte tanto tragiche da avvicinarsi a quel capolavoro di “Fångad Utav Nordens Själ” che conclude con orgoglio l’album che uscirà un paio d’anni dopo. Pesanti e coinvolgenti, i riff di chitarra non fanno fatica ad accompagnare le calde voci di entrambi i cantanti mentre il basso e la batteria campionata (mai troppo ruvida) richiamano con il loro ritmo serrato l’imponente silenzio dei boschi del nord. Impossibile non citare la gemma dell’album, “Tussmörkret“, che vede un Vintersorg alle prese con lo stile che gli si addice di più, il “dramma oscuro”, ovvero il vagabondare malinconico delle anime in pena nel silenzio della notte. In questa e in “Hednaorden” Vintersorg si ritaglia i propri spazi con precisione millimetrica e lascia che il proprio genio musicale scocchi un paio di frecce gelide e affilate: è il caso dell’eco lontanissimo che attrae parte del refrain della prima traccia, e del comando improvviso che scuote, come un fulmine a ciel sereno, il fluire della traccia conclusiva dell’EP.

Un lavoro incalzante, granitico, epico e malinconico tutto da godere, questo Cuore Pagano. Ingiustamente ignorato, forse per la sua uscita in sordina, Hedniskhjärtad dovrebbe indiscutibilmente far parte della collezione di chiunque ricorda che Vintersorg è, innanzitutto, uno dei maestri indiscussi del Folk scandinavo. Sarà ossigeno per chi sente la mancanza dei viaggi turbolenti di Till Fjälls e dei tumulti inarrestabili di Ödemarkens Son, e sarà linfa vitale per chi piange ancora la scomparsa prematura degli Otyg in favore di un Vintersorg più tecnicista e meno terreno. Mi verrebbe da sperare che continuasse su questa strada, ma sono 6 anni in ritardo, purtroppo. E lo show deve andare avanti…

TRACKLIST:

   1. Norrland
   2. Stilla
   3. Norrskensdrömmer
   4. Hednaorden
   5. Tussmörkret

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