Recensione: Hell House

Di Marco Tripodi - 1 Gennaio 2017 - 15:00
Hell House
Band: Holosade
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 1988
Nazione:
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85

Adorabili! Gli Holosade di Darlington, nord est Inghilterra, sono una di quelle band “one shot one kill”, con un solo album pubblicato in carriera e caduti nel dimenticatoio ancor prima di arrivare sugli scaffali dei negozi. Il tutto immeritatamente, ma il tempo è galantuomo ed oggi, grazie a Divebomb Records, siamo a recuperare gli anni perduti (ben 28). Mi sono innamorato di ogni virgola di questo disco, la copertina, i colori, il logo, il monicker (che non ho idea di cosa significhi ma suona benissimo), nonché ovviamente la musica. Classificati generalmente come thrash metal, gli Holosade sono in realtà più vicini ad un heavy metal con connotazioni thrash che ad un thrash tout court, ma sono questioni di lana caprina, poco conta l’etichetta, l’importante è la qualità.

Quattro demo dall’85 all’87 precedono “Hell House” il quale per altro inizialmente era inteso come un EP ma che si estese alla lunghezza di un Full potendo contare sulla fiducia accordata alla band dalla Powerstation Records, la label che li ebbe in cura all’epoca. Il cuore della line-up era Philip DeSade (qualche indizio sul nome della band cominciamo ad averlo….), sorta di Johnny Rotten mascherato trapiantato dal punk al metal; ma si farebbe torto ai suoi compagni di scorrerie elettriche a non citare basso, chitarre e batteria come parte integrante della riuscita fenomenale dell’album. DeSade, al secolo Brown, si era già affacciato in uno studio di registrazione nell’84 con i Dark Heart, appartenenti al filone NWOBHM (ed autori dell’ottimo “Shadows Of The Night“). Il chitarrista Simon Jones dopo “Hell House” si accaserà con i Sabbat di Martin Walkyier e Andy Sneap, periodo “Dreamweaver“; il bassista Iain MacDonald parteciperà alle registrazioni di un’altra piccola gemma anglosassone, “Obnoxious” degli Acid Reign; il batterista Michael Lee si occuperà delle pelli di Thin Lizzy, Robert Plant e Little Angels.

L’essere in bilico tra heavy e thrash rende il disco degli Holosade estremamente interessante; per quanto sound ed attitudine siano “british” in modo marchiano, i Nostri sfoggiano personalità ed un songwriting peculiare che alterna continuamente stilemi classici (financo maideniani) ad una certa urgenza espressiva rude, gagliarda e veemente. L’esuberanza è un tratto caratteristico delle canzoni di “Hell House“, mai troppo lineari eppure al contempo neppure eccessivamente intricate. La produzione è perfetta per le intenzioni della band, la forma sposa il contenuto in maniera impeccabile.

La ristampa Divebomb, oltre ad avere il merito di portare per la prima volta su CD il vinile degli Holosade (rimasterizzato da Andy Sneap), ha molte frecce al proprio arco. Aggiunge ben 6 bonus track, due provenienti dal demo dell’87 della Neat Records (etichetta fondamentale per la NWOBHM) e quattro risalenti ad una Radio Session della BBC, esibizione “storica” degli Holosade ad oggi mai pubblicata su alcun supporto. Tra le tracce proposte l’inedita (e splendida) “Computer World“. Al netto dei gentili omaggi offerti da Divebomb, le semplici 8 canzoni della scaletta “regolare” comunque dovrebbero bastare ed avanzare a placare la sete di buon metal d’annata, col piacere aggiunto di poter dare una spolverata ad un titolo persosi un po’ nei meandri dei decenni passati, senza una giustificazione valida se non le misteriose dinamiche del mercato, il caso, il destino beffardo e la messe enorme ed inesauribile di buona musica proveniente da Albione in quegli anni. Il booklet del CD conta 20 pagine zeppe di testi, foto ed estratti d’archivio. Un’opera dal carattere enciclopedico, oserei dire imprescindibile (che fa il paio con “A Cirlce Of Silent Screams“, ideale  seguito di “Hell House“, composto e mai pubblicato dalla band, altra primizia pubblicata da DiveBomb), un disco eccellente, che non può mancare nella vostra collezione.

Marco Tripodi

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