Recensione: Hidden Evolution

Di Stefano Burini - 7 Giugno 2015 - 16:58
Hidden Evolution
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2015
Nazione:
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75

Difficilmente vedremo il nome di questo gruppo spagnolo campeggiare nella lista delle eccellenze assolute del thrash metal; tuttavia, se c’è una band che fa il proprio sporco lavoro con convinzione e totale abnegazione, questi sono proprio gli Angelus Apatrida.

Il gruppo originario di Albacete non ha mai brillato per particolari meriti artistici né preteso qualsivoglia qualifica d’innovatività preferendo, al contrario, dedicarsi a suonare quanto di più vicino al gusto e all’indole dei propri componenti: thrash/speed metal di marca statunitense nella più pura tradizione degli anni ‘80. 

Più che Metallica, Megadeth e Slayer sono Exodus, primi Testament e soprattutto Death Angel le band maggiormente influenti nella definizione del sound degli iberici. Un sound che trova i propri punti di maggior forza in un guitar work veloce e vorticoso (ad opera di Guillermo Izquierdo e David G. Alvarez) cui si contrappongono le linee vocali abrasive eppur melodiche dello stesso Guillermo. Non da meno in ogni caso, il contributo offerto dalla sezione ritmica potente, varia e molto precisa composta dal maggiore dei fratelli Izquierdo José – e dal batterista Victor Valera, assolutamente determinante nell’andare a conferire ad ognuna delle canzoni contenute in “Hidden Evolution” un tiro del tutto ragguardevole.

Le dieci canzoni in scaletta non si discostano mai dal canovaccio tracciato nelle righe precedenti sciorinando, ad ogni modo, una profonda conoscenza della materia ben supportata da un’ispirazione che pervade tanto i frangenti dal sapore più puramente classico/revivalistico (come nel caso delll’opener o della successiva “First World Of Terror”) quanto i momenti nei quali gli Angelus Apatrida si aprono a contaminazioni di volta in volta assimilabili all’ hard ‘n’ heavy (“Tug Of War”) o al post thrash dei Machine Head.

Le punte di diamante? Oltre alla già citata “Tug Of War” vale la pena menzionare la spettacolare “Architects”, la granitica “I Owe Nothing” (gran refrain!) e l’ambiziosa title track posta in chiusura: nove minuti di thrash metal vario, cangiante ed ispirato nel quale, più che in altre situazioni, si palesa l’influenza della band di Dave Mustaine. Ma è l’intero album a vincere e convincere per tutta la sua durata.

“Hidden Evolution” è un disco che gioca a viso aperto, esattamente come la band che l’ha concepito: niente proclami, niente velleità fuori bersagilo, solo puro e fottuto thrash/speed metal, suonato e composto con lo spirito degli anni ’80 ma registrato con le tecnologie di oggi. Dieci brani taglienti, carichi ed ispirati come – purtroppo – non capita di sentire tutti i giorni.

e vi par poco…

Stefano Burini

 

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