Recensione: Hidden Hands Of A Sadist Nation

Di ytsejam78 - 18 Novembre 2003 - 0:00
Hidden Hands Of A Sadist Nation
Band: Darkest Hour
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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85

Spuntati a sorpresa un paio d’anni fa con “So Sedated, So Secure”, un album che era riuscito a mettere d’accordo il più conservatore metaller e il più fedele hardcore kid (impresa di per sè tutt’altro che semplice), i brutali Darkest Hour si rifanno sotto con un nuovo lavoro mozzafiato su Victory.
Registrato nella patria del death metal melodico (Goteborg, Svezia: c’era bisogno di dirlo?) con un guru come Fredrick Nordstrom (In Flames, At The Gates, Dimmu Borgir, Arch Enemy e Cradle Of Filth tra i tanti) in cabina di regia, “Hidden Hands Of A Sadist Nation” ci mostra la band di Washington alla sua prova migliore, alle prese con quel metallo di nuova generazione (attenzione, non si parla assolutamente di “nu” metal!), violento e intransigente, di chiara derivazione hardcore. The sadist nation prende il via esattamente sui passi di Get this right! degli ultimi Raised Fist (guarda caso), ma poi le chitarre mettono in evidenza anche la componente più prettamente heavy, producendosi nelle aperture armoniche tipiche dello stile.
Il disco passa in rassegna un’abbondante manciata di lunghe cavalcate (tutte sui cinque minuti circa, con punte di otto) di death d’indole scandinava unito ad una buona dose di thrash metal filtrate dalle radici hardcore/punk: credo abbiate tutti gli elementi necessari per farvi un’idea circa la consistenza del materiale qui proposto! E, come se ciò non bastasse, i Nostri durante la fase di registrazione si sono serviti pure dell’esperienza e della classe di personaggi del calibro di Tomas Lindberg (At The Gates), Ander Bjorler (The Haunted), Peter Witchers (Soilwork) e Markus Sunesson (The Crown). Che sia anche a causa di questo dichiarato amore per la scuola metal europea e per i suoi più autorevoli esponenti che i Darkest Hour sembrano essere molto più apprezzati nel Vecchio Continente che in America? (dove, a quanto pare, pubblico ma soprattutto critica gradiscono poco questo tipo di approccio all’hc/metal). Chissà… Quel che è certo è che John Henry e compagni sono capaci di confezionare merce altamente esplosiva e in occasione della loro terza opera (l’apposito luogo comune critico-giornalistico la vuole come quella della maturità) non hanno mancato di ribadirlo con tono deciso.
Il massacro si sospende appena prima della conclusiva e dilatata piece strumentale Veritas, aequitas, un tocco d’indulgenza quanto mai necessario dopo cotanta furia. Un disco che riscoprirà la vena metal di ogni amante dell’hardcore e che dimostrerà a molti metalheads come le novità migliori in ambito death/thrash/brutal spesso provengano dalla scena punk.

Tracklist:

1. The sadist nation

2. Pay phones and pills

3. Oklahoma

4. Marching to the killing rhythm

5. The misinformation age

6. Seven day lie

7. Accessible losses

8. The patriot virus

9. Veritas, aequitas

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