Recensione: High Noon

Di Carlo Passa - 4 Marzo 2016 - 9:00
High Noon
Band: Shakra
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2016
Nazione:
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75

Notizia: Mark Fox è tornato a cantare negli Shakra. Frontman della band svizzera dal 2001 e, soprattutto, in sella dietro al microfono in Rising del 2003 (forse, l’album migliore degli elvetici), Fox era stato sostituito nel 2009 da John Prakesh che, pur dimostrandosi un ottimo elemento, non aveva saputo rimpiazzare in toto il ricordo del suo predecessore nel cuore dei fan.
Il piglio decisamente hard rock del redivivo cantante si staglia imponente lungo l’intero arco di questo nuovo High Noon (ben decimo disco in studio della band), che certamente non deluderà gli appassoniati del genere. Le dodici canzoni del disco non presentano evidenti momenti di cedimento, attestandosi anzi su uno standard medio-alto in un ambito dove non è certo l’originalità il criterio di valutazione del prodotto. In questo senso, gli Shakra non possono non richiamare i connazionali Gotthard, che presso chi scrive restano su un altro livello in termini di qualità di scrittura (soprattutto negli anni in cui il compianto Stee Lee era ancora tra noi). Rispetto ai ticinesi, gli Shakra sono leggermente più aggressivi e ruvidi, sebbene limitatamente agli arrangiamenti e meno per quanto concerne le melodie.
Hello fa il proprio dovere, salutando l’ascoltatore con un bel tiro e un ritornello che pare fatto apposta per far saltare il pubblico ai concerti. Segue la titletrack, che alterna atmosfere più rarefatte e vagamente AOR con distorsioni tipicamente rock sulla base di un mid tempo piacevole ma niente di più.
Into Your Heart è la prima, vera gemma di High Noon: suona un po’ come la classica canzone tirata degli H.E.A.T., ma senza sfigurare nel confronto con la grande band svedese (però che differenza tra Max Fox e l’inarrivabile Erik Grönwall!).
Around the World è un bel 6/8, capace al contempo di diversificare la proposta di High Noon e di mantenere alta la tensione lungo l’intera propria durata grazie a una dinamicità notevole che scaturisce in un ritornello decisamente gradevole.
Eye to Eye non dice niente di nuovo, ma lo fa bene, con quel suo groove da primi anni novanta e un ritornello tanto ovvio quanto incisivo. Is It Real, invece, sembra un pezzo degli Scorpions all’altezza di Blackout: carino ma proprio troppo derivativo.
Ed ecco l’inevitabile ballad, intitolata Life’s What You Need, dove ancora una volta sono i Gotthard a stagliarsi sull’orizzonte interletterario degli Shakra. Il pezzo è ben articolato e non manca di nessun ingrediente che vi attendereste da un lentone sufficientemente pomposo di una band hard rock, rimanendo però sostanzialmente trascurabile.
Si torna a schiacciare l’acceleratore con The Storm, forse il pezzo più hard & heavy del lotto, e con la coppia Raise Your Hands e Stand Tall, forti entrambe di un buon refrain e di poco altro.
Infine, se la bella melodia dinamica di Watch Me Burn avrebbe meritato di non essere relegata così in basso nella scaletta, ecco che Wild And Hungry è il pezzo più bello di High Noon e chiude alla grande il disco in virtù di un’attitudine molto Stati Uniti di metà anni ottanta qui davvero ben incarnata dagli svizzeri.
Se è ormai difficile esprimere qualcosa di realmente nuovo e fresco nell’universo hard rock (ma non impossibile; e gli H.E.A.T. sono lì a dimostrarlo), gli Shakra si dimostrano degli eccellenti professionisti, dotati di una penna solida e di un piglio convincente e convinto alla luce della loro quasi ventennale carriera. High Noon rimane una buona prova, che va a posizionarsi tra le migliori degli elvetici, a dimostrazione che veramente l’hard rock non è mai domo e le band di talento sanno ancora scrivere ottimi pezzi, come Wild And Hungry sta a dimostrare. Ascoltatelo e non ve ne pentirete.

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