Recensione: Hiltia

Di Alessandro Calvi - 28 Dicembre 2012 - 0:00
Hiltia
Etichetta:
Genere:
Anno: 1996
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72

Nati nei primi anni ’90 a Grevenbroich, nel Nord-Westphalia, gli Adorned Brood sono un gruppo dedito a un folk-epic con svariati inserti black e con tematiche facilmente accostabili al pagan. Dopo diversi demo autoprodotti, nel 1996 arriva finalmente l’occasione di fare il grande salto con l’esordio discografico. Il frutto dell’impegno dei musicisti è proprio questo “Hiltia”, composto da 11 tracce che dovrebbero mostrare al mondo di cosa son capaci. Purtroppo l’etichetta a cui si appoggiano non è esattamente un colosso e l’album non viene realizzato in un consistente numero di copie. Dovranno attendere ancora qualche anno prima che qualche casa discografica di maggiori dimensioni si accorga di loro e gli offra un contratto. Nel frattempo, però, “Hiltia” e il suo successore “Wigand” cominciano a girare, soprattutto nell’ambiente underground, e, per quanto ancora un po’ acerbi e rozzi (come vedremo nel corso di questa recensione), riescono a conquistarsi fan ed estimatori.

Si inizia con una intro strumentale chiamata, banalmente, proprio così: “Intro”. Un cadenzato ritmo di chitarra acustica, abbastanza sostenuto e tipicamente folk, comincia a farci tenere il tempo con la testa senza che neanche ce ne accorgiamo. Qui e là sentiamo qualche tamburo di sottofondo e, sul finale, la chitarra si sovrappone e poi lascia il posto al flauto (uno degli strumenti tipici dell’album).
Il brano si interrompe quasi bruscamente e l’inizio di “For Honour and Land”, prima vera canzone del disco, è quasi traumatico. Niente più dolci melodie folk, bensì voce growl e chitarre distorte. Col proseguo della canzone, però, il songwriting riesce a mescolare, anche in maniera piuttosto intelligente, vari elementi: i passaggi black, tiratissimi, con i break folk, composti generalmente dal flauto e dalla voce pulita e profonda a dare una sorta di maggiore afflato epico.
Questo stile, questa commistione di generi, è comune un po’ a tutte le tracce del disco, naturalmente con risultati migliori e peggiori. Un altro buon esempio è sicuramente la titletrack “Hiltia”, che è anche uno dei pezzi più lunghi del CD. Gli ingredienti, come si diceva, son gli stessi della precedente canzone, ma mescolati e accostati in maniera leggermente differente riescono a risultare a tratti anche migliori. In particolare si segnala il break centrale di flauto e chitarra acustica, assolutamente incantevole, che poi accelera via via sempre più e, ripreso anche dalle chitarre elettriche, finisce per trasformarsi in un riff black in tutto e per tutto.
In ogni pezzo le percentuali di black e folk variano o si concentrano in punti diversi del brano. Ad esempio “Unehrenhaftes Feindesblut” inizia come un pezzo genuinamente ed esclusivamente black e lo rimane per più di metà della sua durata. Solo nel finale ricompare la chitarra acustica e la voce pulita, fino alla chiusura della canzone (anche se, in realtà, vista anche la durata complessiva della traccia, la sensazione è quasi che sia il frutto della fusione di due brani differenti).
“Furor Teutonicus” è un altro dei pezzi migliori del lotto, in cui violenza e melodia si sposano al meglio, dandosi ritmo e orecchiabilità a vicenda. “Donerhammer”, invece, è un brano esclusivamente strumentale, dall’inizio alla fine, una gustosa pausa che ci mostra senza mezzi termini il meglio del repertorio folk degli Adorned Brood.
Come ci son luci, però, ci son anche ombre. “Undisclosed Treasures of the Mortal” tenta di presentare gli ingredienti comuni al resto del CD, ma l’amalgama non riesce del tutto. Gli arrangiamenti, i passaggi di stato da un genere all’altro non convincono e, anche all’interno dello stesso genere, il tutto risulta un po’ forzato, poco ispirato.
E’ la prima di un trittico di canzoni non all’altezza del resto dell’album. “Adora” e “Kissing the Heathen Amulet”, infatti, risentono un po’ degli stessi difetti della traccia precedente. A far da padrone è soprattutto la componente black, ma senza mai risultare particolarmente originale e convincente. Gli inserti folk, molto minori rispetto a prima, inoltre, appaiono spesso posticci e posti all’interno della composizione più per dovere che per vera scelta in fase di songwriting.
Poco prima della fine dell’album, però, ecco la luce fuori dal tunnel. “Die Rede des Erhabenen” ha tutto: black, folk, epic. E tutto è mescolato nel modo migliore che gli Adorned Brood potessero permettersi. La canzone funziona, sia nei passaggi da un genere all’altro, che all’interno dello stesso stile, grazie a melodie e riff ispirati, freschi, originali e convincenti. Se tutto il disco fosse stato su questo livello ora staremmo certamente parlando di un capolavoro.
A chiudere, infine, la tracklist, una outro nuovamente strumentale che riprende, a tratti, la melodia dell’intro, quasi a creare una sorta di ideale andamento ciclico dell’intero album.

Per concludere “Hiltia”, primo CD in studio dei tedeschi Adorned Brood, è un disco interessante che mostra, in nuce, qualità molto interessanti. La produzione non ottimale non aiuta a mettersi ulteriormente in luce, ma certe capacità son già ben evidenti. Purtroppo, però, si sottolineano anche certe ingenuità, chiaramente frutto dell’inesperienza. Inoltre alcuni brani decisamente meno brillanti e ispirati fanno calare il valore complessivo del platter. Si tratta, in ogni caso, di un disco interessante che può sicuramente piacere agli amanti di un certo black con inserti folk ed epic, con, inoltre, alcune perle degne di essere ricordate con piacere anche a distanza di anni.

Tracklist:
01 Intro
02 For Honour and Land
03 Hiltia
04 Unehrenhaftes Feindesblut
05 Furor Teutonicus
06 Donerhammer
07 Undisclosed Treasures of the Mortal
08 Adora
09 Kissing the Heathen Amulet
10 Die Rede des Erhabenen
11 Outro

Alex “Engash-Krul” Calvi

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