Recensione: Holographic Universe

Di Davide Iori - 23 Giugno 2008 - 0:00
Holographic Universe
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Anno: 2008
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77

Gli Scar Symmetry arrivano a questo terzo full length, Holographic Universe, forti della nuova collaborazione con Nuclear Blast e di un album precedente, edito da Metalblade, che ha già ottenuto ottimi riscontri. Siamo dunque al platter della conferma definitiva, quello che, se ben realizzato, potrebbe significare la consacrazione di una band che ha già dimostrato tanto, ma che può fare ancora di più ed ancora meglio.

Sebbene i nostri, come confermato in sede di intervista, decidano di cambiare a livello di produzione, la loro formula compositiva rimane sostanzialmente invariata: un metal di stampo heavy/power basato su accordi ed arrangiamenti complessi più che sul riffing e l’aspetto ritmico, che tuttavia non riesce a distaccarsi da un background death metal, il quale si manifesta prevalentemente nelle escursioni in scream del cantante Christian Alvestam e in qualche breakdown. Basta questa constatazione ed immediatamente si giunge al fulcro del contendere: sebbene i nostri infatti sbandierino in ogni dove le loro origini estreme, di questo estremismo nella loro produzione ne rimane ben poco, anzi, a catalizzare l’attenzione sono piuttosto i cori dalle armonizzazioni curatissime, gli arrangiamenti di tastiera e gli assoli di chitarra che si rifanno alla tradizione progressive (da notare già nella opener Morphogenesis un momento solista che molto ricorda quanto già sentito in Black Utopia di Derek Sherinihan). Tutto ciò mette gli Scar Symmetry accanto alla recente produzione di In Flames (A Sense of Purpose) e Killswitch Engage (As Daylight Dies), ma in una veste, se possibile, ancor più melodica, andando spesso a parare nelle lande già esplorate dai Mercenary. Tutti questi sforzi definitori, sebbene risultino sterili in senso stretto, sono tuttavia utili per capire a chi questo album sia rivolto: se infatti molti fan del power canonico potrebbero storcere il naso di fronte alle voci in scream, i supporters del death potrebbero fare altrettanto in quanto il tasso di melodia di questo album è davvero elevato e l’aggressione spesso e volentieri cede il passo al gusto per gli arrangiamenti e, perchè no, anche per il virtuosismo strumentale.

Non rimane dunque che giudicare le canzoni per quanto esse valgano in realtà, abbandonando ogni pregiudizio. Essendo oramai lo screaming una tecnica vocale pienamente sdoganata in ambito metal e non solo non ci si deve stupire di trovarla anche in ambienti come questo. Se tuttavia in alcuni gruppi l’accostamento estremo/melodico risulta effettuato a forza o solo per seguire un trend, gli Scar Symmetry riescono a risultare molto personali ed a creare canzoni assolutamente apprezzabili come ad esempio la già citata Morphogenesis, o la conclusiva Ghost Prototype II – Deus Ex Machina. Particolarmente utile però risulta il confronto degli uptempo presenti in questo disco, vedere Quantum Leaper e The Missing Coordinates, con canzoni analoghe espresse dai già citati Mercenary (Bloodsong e 11 Dreams ad esempio). Questo confronto mette in evidenza quella che a parere di chi scrive è la principale pecca di Holographic Universe: se i soldati danesi infatti basano tutto su melodie immediatamente coinvolgenti di stampo tipicamente power, da vento nei capelli per intenderci, la band di Jonas Kjellgren si attesta su soluzioni più complicate e meno impetuose, le quali sicuramente aiutano a mantenere la longevità dei pezzi, ma d’altro canto falliscono nell’obbiettivo di esaltare con ritornelli trascinanti. Le canzoni sono tutte ben costruite, ma alle volte gli incastri tra le varie parti che le compongono, nella loro non intuitività, più che aggiungere punti ad esse ne tolgono e questo in quanto, soprattutto nei frangenti più melodici, l’orecchio a volte vuole sentire cose belle e facili piuttosto che complesse e cervellotiche. Se quindi qualcosa può essere imputato ai nostri è quello di aver badato un po’ troppo alla matematica perdendo di vista il semplice gusto compositivo, almeno in qualche frangente.

Poco male comunque: a parte che quest’ultima considerazione è basata più che altro su gusti personali, se siete ascoltatori smaliziati, non fissati su di un unico genere ed amanti delle commistioni tra power, death e progressive non potrete fare altro che apprezzare questo disco. E ascoltarlo ben più di una volta.

Tracklist:
1. Morphogenesis
2. Timewave Zero
3. Quantumleaper
4. Artificial Sun Projection
5. The Missing Coordinates
6. Ghost Prototype I (Measurement of Thought)
7. Fear Catalyst
8. Trapezoid
9. Prism and Gate
10. Holographic Universe
11. The Three-Dimensional Shadow
12. Ghost Prototype II (Deus Ex Machina)

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