Recensione: Home

Di Andrea Poletti - 3 Agosto 2016 - 3:33
Home
Band: Numenorean
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2016
Nazione:
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74

Siamo tutti vuoti e distrutti in un modo o nell’altro, cerchiamo la realizzazione attraverso cose come il denaro, il sesso, le relazioni, la droga, la religione e una varietà di altre ancora, ma alla fine analizzando il nostro percorso, rimaniamo privi di qualsiasi felicità. Forse ciò che stiamo veramente cercando è l’innocenza che abbiamo avuto nella nostra età puerile. Tuttavia, dal momento che non siamo in grado di poter tornare indietro, l’unico luogo dove possiamo forse trovare questo conforto, è la morte.

La band in merito al concept di “Home”.

La morte è un avvenimento che collega ognuno di noi, prima o poi tutti dovremo cadere in quel concetto identificabile quale “passato”. Molti, moltissimi autori hanno reso gloria alla morte ed ai suoi aspetti più intimi, un incessante tributo alla degna conclusione per alcuni, un patema da cui scappare per altri. Tutto sta nelle visioni del singolo e nella retrospettiva del nostro vissuto, come un affresco che si dipinge sulla carne del protagonista, alla conclusione del viaggio dovremo comprendere se i colori hanno preso forma in un’opera d’arte o sono fragili aloni di china, sbiaditi dall’acqua del tempo. I Numenorean ci accolgono in questo loro primo full-lenght con l’immagine di una bambina morta, una antica fotografia che colpisce dal primo sguardo immergendoti all’interno di un luogo parallelo al contemporaneo; come deve essere un libro non si giudica dalla copertina e la scoperta di “Home” è un viaggio nell’indefinibile. La fragilità di una piccola vita spezzata che lascia comprendere, come una volta chiusi gli occhi, siamo tutti allo stesso livello e la morte diventa “casa”, per ognuno di noi. Cinque canzoni che affrontano i differenti aspetti del concetto di morte descritti così dal gruppo stesso.

Home‘: Il nascere nel mondo con l’innocenza assoluta del non conoscere. 

Thrist‘: La ricerca, la sete di risposte a domande che la vita ti ha offerto. 

Shoreless‘: Sentimenti di un vacuo vivere, di disperazione

Devour‘: La volontà di distruggere tutto ciò che ti ha concesso la vita stessa. 

Laid Down‘: Fare la pace con ciò che si è diventati arrendendosi al vuoto che ci attornia.

Musicalmente i Numenorean riescono a farsi notare grazie ad un spiccata dose di violenza combinata ad una melodia funerea e catartica figlia di band che negli ultimi anni hanno rivoluzionato in parte il concetto di black metal. Alcest in prima linea seguiti da Agalloch, Der Weg Eine Freiheit, Harakiri for the Sky e Panopticon; tutti gruppi che nel loro piccolo hanno lasciato un segno all’interno scena contemporanea, porgendo il palmo vero l’introduzione di melodie ed atmosfere pregne di melanconia e disperazione. Non v’è nulla di nuovo sotto il sole sia chiaro, ma l’impostazione compositiva con cui vengono realizzati i brani, l’intensità delle tre lunge suite che riflettono alla perfezione l’intero mood all’interno del quale “Home” e lo screaming crudo e violento lanciano i dadi sul tabellone di un gioco malvagio che non offre vie di scampo. Non si riesce a parlare di ogni singola canzone perché, come ben compreso, ognuna di esse è collegata indistintamente con le altre; se ad un primo ascolto le prime tracce non portano nulla di eclatante con l’ingresso in cuffia di ‘Devour’ il mondo prende le vesti dell’oscuro mietitore e le nuvole corrono veloci all’orizzonte. Certamente la costante black/shoegaze è un marchio indistinto del suono dei nostri Canadesi, un sound che negli ultimi tempi è diventato quasi di moda, non chiude la vena alla base prettamente black, la radice da cui ‘Home‘ nasce non viene nascosta e relegata in secondo piano, anzi. Il “puro” black si ritrova in profondità, in quei brani dove si abbraccia la morte, la tomba con la stele mortuaria, il soffrire e la perdita; tutto nasce attraverso le sfuriate e i blast beat feroci di ‘Thrist’, nelle angosciati urla della conclusiva ‘Laid Down’ e nell’annientazione del tutto con la già citata ‘Devour‘. Attraverso ogni brano si contempla l’accettazione del non essere, che si rivela più malefica di quanto sospettato in precedenza. Ottima anche la produzione, se proporzionata al prodotto ed all’essere una prima uscita discografica di una giovane band;  se la Season of Mist ha puntato e sta puntando molto su questo new-comer un motivo ci sarà, non sono una casa discografica di pazzi, tutt’altro.

I Numenorean hanno creato un disco che paradossalmente applica il romanticismo all’aggressività del black, un proto-concept album che stagna all’interno degli orrori della mente umana, si aggroviglia come una spirale infernale nelle vicissitudini del vacuo vivere per delineare uno spiraglio di luce. Oltre la sofferenza, oltre il buio, oltre le cicatrici possiamo comprendere quanto sia necessario apprezzare la vita per un gioco di contrasti sui chiaro-scuri del mondo. Un viaggio, l’avvicinamento a quella ‘Casa’ che ci rende tutti uguali ed impari al giudizio del fato.

La Morte si sconta Vivendo

Giuseppe Ungaretti

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