Recensione: Human Barbeque

Di Matteo Bovio - 15 Settembre 2004 - 0:00
Human Barbeque
Band: Obscenity
Etichetta:
Genere:
Anno: 1998
Nazione:
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78

Non hanno mai trovato la popolarità e il successo, non sono mai usciti dalla stretta cerchia di ascoltatori che si sono creati probabilmente proprio con questo album, sono stati sempre bistrattati dalla critica, e per questo ora voglio rendere giustizia ad un album veramente bello. Perchè Human Barbeque non ha nè le potenzialità nè le pretese di diventare un grande classico, ma di fatto è un cd che spacca il culo come pochi, di Death metal onesto e ben suonato, con dei pezzi degni di essere ricordati e che tutt’ora riascolto sempre con grandissimo piacere.

“Eaten From Inside” in apertura ci accoglie in tutta la sua cattiveria, un brano che a volte sembrerebbe voler sfociare nel Brutal, ma che in realtà non varca mai la fatidica soglia. Forse la canzone più violenta dell’intero album è questa, moderata solo da un assolo finale molto ben costruito, che già ci da garanzie sull’intelligenza compositiva della band. Carino anche il doppio cantato sul ritornello, che incattivisce notevolmente e da spessore al brano. Il lato più melodico emerge poi chiaramente nella title-track, sin dagli arrangiamenti di apertura. Ma passerei la descrizione per parlare di “Eternal Life”, dove scopriamo quel qualcosa che rende questo cd veramente intrigante. E questo qualcosa è l’attitudine paurosamente thrash, quel riffing compressissimo e anche accattivante (si ascolti il ritornello) che sembra quasi in contrasto col vocione di Oliver Jauch.

E lo stesso andamento che ci farà spezzare il collo lo ritroviamo in “Soulripper”, al limite dello scontato ma in grado comunque di farci divertire e di farci sentire il proprio ritmo risuonare all’interno. Encomiabile poi la capacità del gruppo di calibrare gli arrangiamenti in modo da non essere mai banali, anche nelle parti più canoniche. Al punto che “Lycanthropy”, una canzone in sè senza assurde sorprese, riuscirà a dimostrarsi non solo la migliore del cd, ma anche una tra le più accattivanti song Death Metal che io ricordi. Anche qui l’andamento thrasheggiante da un bel tiro alla canzone, e se quello che esce non è nulla di innovativo, è comunque uno di quei pezzi che ad ogni ascolto saprà farvi scapocciare: longevità, un’impresa non da poco per un musicista.

E tanto per darvi un’idea dell’attitudine di questo gruppo, vi riporto parte del testo della canzone intitolata proprio “Obscenity”:

We don’t care what others may say
Death metal is our life
The music is our weapon
Against the madness in this world

Insomma, scontati finchè volete, pacchiani magari, ma chi ama il Death Metal può solo aspettarsi buone cose, una volta appurato che la musica riflette senza sbavature questo spirito.

Questo è Human Barbeque così come lo vedo io. Tutto fuorchè un album mediocre: piuttosto un album schietto, sincero, suonato come si deve, capace di sprigionare una potenza incredibile. Da dimenticare solo la cover finale di “Raining Blood”, che tutto sommato preferisco considerare un semplice tributo agli immortali. Tributo dovuto, viste le notevoli influenze di cui sopra. Fossi in voi mi segnerei su un foglietto questo nome, questo album, e alla prima occasione con qualche spicciolo in tasca farei un investimento, forse non indimenticabile, ma indubbiamente più che onesto.
Matteo Bovio

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