Recensione: Humanology

Di Stefano Risso - 21 Giugno 2005 - 0:00
Humanology
Band: Eminence
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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65

Gli Eminence sono una band brasiliana attiva dalla metà degli anni novanta e giungono solo nel 2003 con il secondo lavoro in studio:
Humanology. Il gruppo è originario di Belo Horizonte (vi ricorda qualcosa?) e per giunta il bassista/cantante
Jairo Guedz ha militato, come chitarrista, nei Sepultura ai tempi di Morbid Vision.

I richiami alla ben più famosa formazione brasiliana non si limitano però a soli dati anagrafici e statistici…durante l’ascolto di questo disco l’ingombrante presenza dei Sepultura
riecheggerà più volte. La musica offerta dai quattro brasiliani è un thrash metal di stampo moderno (per intenderci, ben lontano dal thrash anni 80) che potremmo inserire nel filone “post thrash”.

I numerosi brani presenti sono sufficentemete diretti e accattivanti, che vanno diritto al sodo senza concedersi divagazioni. La band esprime una grinta che pervade le trame chitarristiche delle canzoni dando vita a parti da headbanging puro. Passiamo ora agli aspetti “negativi” del disco, o meglio che non giocano a favore del combo brasiliano. Purtroppo in questo disco quello che manca è la personalità del gruppo. Se prendessimo le tracce singolarmente non avremmo nulla da obiettare, ma le stesse inserite nel contesto dell’album denotano una mancanza da parte degli Eminence di riuscire a cambiare il tema delle proprie canzoni, di apportare anche delle piccole variazioni in modo di stimolare l’attenzione dell’ascoltatore.

Inoltre le “citazioni” a gruppi ben più famosi sono frequenti e neanche troppo camuffate.

I primo luogo i
Sepultura dell’ultimo periodo (Chaos Ad, Roots) sembrano essere una fonte di ispirazione per il gruppo. Provate ad ascoltare la terza Overload. Riff, ritmiche, tempi di batteria “circolari” e utilizzo della voce, un misto tra growl e urlato, che richiamano spudoratamente la band di Kisser e compagni, con mimori capacità e con minore componente tribale in senso stretto (l’unica digressione in questo senso è il parsimonioso uso di maracas e percussioni). L’aria che si respira all’interno del disco è però lontana da quella dei dischi citati. Il suono è moderno e tagliente, in stile Machine Head tanto per intenderci. Machine Head che al pari dei Sepultura vengono ripresi più volte. Il tipico riffing della band americana è presente un po’ in tutto il disco
(Like I Hate You, The Freak I Become per fare due esempi). Una descrizione traccia per traccia sarebbe inutile. Sono tutte di buon livello, con la giusta dose di aggressività e componente catchy, ma che si perdono nell’insieme, senza una traccia che svetti sopra le altre.

Insomma un disco suonato bene, prodotto anche meglio (il lavoro di Neil Kernon si sente eccome…) che farà piacere agli estimatori di questo genere di thrash in chiave moderna (a tratti al confine col nu metal, senza mai oltrepassarlo però), con la consapevolezza che quello che troverete in questa ora scarsa di musica è presente, in meglio, da altre parti.

NB: questo disco, prodotto nel 2003, è stato distribuito solo
recentemente in Europa. Da qui la scelta di posizionarne la recensione tra gli
album nuovi/recenti. [Hellbound]

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