Recensione: HumUNperfection

Di Daniele D'Adamo - 20 Aprile 2012 - 0:00
HumUNperfection
Band: Hatesower
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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65

Sono due, i lustri di carriera alle spalle degli Hatesower. Dopo otto anni come Inside, nel 2009 avviene il cambio di nome e di direzione musicale, per un ulteriore incrudimento del suono e, finalmente, per l’uscita della prima fatica discografica: “HumUNperfection”. L’album, missato da Luca Minieri ai Dissonant Studio di Aosta, è stato masterizzato da Mikka Jussila presso i leggendari studi finlandesi Finnvox, con conseguente marchiatura di alta qualità sul prodotto finito. E, tutta quest’esperienza – anche live – si sente. Sia nella musica, sia nella professionalità con la quale è stato affrontato il processo produttivo del CD, dalle prime registrazioni agli ultimi ritocchi sulla copertina.

Per approfondire il discorso sullo stile che connota gli Hatesower, definire semplicemente ‘death’ il genere entro cui inquadrare detta foggia non è certo sufficiente. Il rabbioso cantato di Ago, da un lato, somiglia parecchio alle harsh vocals consuete del metal/deathcore, mentre le chitarre paiono disegnare con maggior continuità un riffing di estrazione tipicamente thrash. I loro soli, peraltro, rivelano inequivocabilmente una natura classica (heavy), quando invece il basso tratteggia delle linee moderne che si ascoltano spesso e volentieri in ambito technical. Vito, infine, chiude la quadra con un drumming robusto e possente, ricco di felling per rimandare alle sonorità del groove metal. Arrivati a questo punto, è il background culturale che fa la differenza fra un guazzabuglio di tipi musicali scoordinati fra loro e un insieme organico, continuo e consistente. Qual è, nel caso, il sound del quartetto casertano, ben saldo attorno a un’idea che non muta al cambiare delle sfumature stilistiche e che si potrebbe efficacemente definire, semplicemente ‘metal estremo’ o, meglio ‘extreme metal’. Un po’ come si non ci fosse distinzione fra death e thrash, insomma.

Se da un lato, però, è chiaro il raggiungimento di una propria identità musicale con il conseguente congelamento di una fisionomia artistica ben precisa, dall’altro si può rimarcare che detto amalgama non sia molto originale. Passando e ripassando “HumUNperfection” sotto il laser del lettore, cioè, non spicca quella personalità tale da far emergere con decisione l’ensemble campano dalla marea brulicante delle band che praticano il metallo oltranzista. Con il cambio di nome, gli Hatesower hanno abbandonato anche l’apporto delle tastiere, preferendo così un suono dal maggior impatto frontale. Se questa scelta ha portato a scardinare con più facilità i timpani degli ascoltatori, forse ha determinato, anche, un certo impoverimento della proposta, rendendola in tal modo troppo asciutta.     
    
Anche il songwriting, ahimè, soffre di questo difetto caratteriale. Le canzoni sono ben strutturate, ottimamente eseguite, precise nel loro sviluppo. Tutte assieme formano un insieme compatto come il marmo, pesante come il piombo, sì da dare a “HumUNperfection” un mood duro e arcigno. Peraltro, in esse non si esagera mai, nel senso che anche nei momenti più intensi i BPM non raggiungono valori assoluti e il muro di suono mostra sempre una faccia pulita e ordinata. Se, però, si vuol provare a citare un brano dopo qualche ascolto ripetuto del platter, si scopre che non rimane poi molto, in testa; se non una sgradevole sensazione di uniformità, potenziale madre del nemico pubblico di un disco: la noia. Per fare un esempio concreto, “Escape” è un pezzo dotato di una buona armonizzazione, cattivo al punto giusto, vario, dal ritmo e dalla melodia che rimangono impresse. Per il quale, quindi, parlare di tedio sarebbe un’eresia. Tuttavia, almeno a parere di chi vi scrive, la song non trova tanti altri riscontri, nell’album, se non sparsi qua e là in modo piuttosto discontinuo.  

L’ottima realizzazione tecnica, compresa quella di scrittura, regala a “HumUNperfection” una piena sufficienza. L’altro lato della medaglia, quello artistico, è debole e poco definito e, per questo, rimanda gli Hatesower a un’altra occasione per dimostrare appieno il loro indubbio valore complessivo.   

Daniele “dani66” D’Adamo

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Tracce:
1. Pain Of Screaming 3:27         
2. Apocalyptic Shadows 4:19         
3. Amon 4:01        
4. Blood Flows 4:33         
5. Slave Of… 3:59         
6. The End You Deserve 4:04        
7. Fragility 3:06         
8. Escape 4:39    

Durata 32 min.

Formazione:
Ago – Chitarra e voce
Val – Chitarra
Andreas – Basso
Vito – Batteria

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