Recensione: Hurtsmile

Di Alberto Biffi - 27 Gennaio 2011 - 0:00
Hurtsmile
Band: Hurtsmile
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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85

Monsieur Malaussène, professione: capro espiatorio.
Peculiarità, quella di addossarsi (suo malgrado) le colpe, che il noto personaggio nato dalla fervida mente dello scrittore francese Daniel Pennac, sembra avere in comune anche con Gary Cherone (ed ovviamente non solo: vogliamo ricordare Blaze “nonècolpasuasesteveharrishascrittoundiscoignobilecomevirtualeleven” Bayley?).
Il già noto cantante dei pluri platinati Extreme, si imbarcò nell’avventura Van Halen, pubblicando con loro il famigerato “Van Halen III”, che tutto fu, tranne che una rinascita per il combo guidato dal funambolico Eddie, tanto che, tra cali di ispirazione e ricadute nei vizi, non trovò di meglio che richiamare uno svociato Diamond Dave.
Riformati gli Extreme, che abbiamo potuto ascoltare con l’ottimo comeback “Saudades De Rock”, ritroviamo il dotato cantante Gary Francis Caine Cherone con questo progetto chiamato Hurtsmile.

Grande motore propulsivo per la nostra curiosità, è la presenza alla chitarra del fratello di Gary, Mark Cherone (Marcherone?), principale compositore di tutti i pezzi qui presentati.
Ci si chiede immediatamente quale coraggio e sicurezza nei propri mezzi debba avere questo guitar player, ricordando che Gary ha comunque collaborato, in studio o calcando il palco con loro, con chitarristi del calibro di Nuno Bettencourt, Eddie Van Halen, Brian May, Joe Satriani e Steve Vai (solo per citarne alcuni). Insomma, un singer che di “buona chitarra” se ne intende non poco.
Ci chiediamo sopratutto, questa volta dopo aver ascoltato questo CD, dove diavolo si sia nascosto Mark Cherone per tutti questi anni.

Procediamo con ordine.
Il disco si apre con il brano “Just War Theory”, in cui un ispiratissimo Gary apre le danze con un cantato ironicamente e platealmente mutuato da Jonny Rotten, per poi esplodere a pieni polmoni in un ritornello davvero coinvolgente, in cui riconosciamo la sua voce e caratteristica impostazione.
Ci si stupisce nell’accorgersi che già dalla prima traccia, l’ottima linea vocale e gli arrangiamenti dei cori, passano quasi in secondo piano rispetto ad un guitar work da manuale, in cui riff memorizzabili e potenti fanno da cornice ad un lavoro solista strappa-applausi.
Decisamente un brano rock riuscito, debitore degli Extreme quanto dei Mr.Big meno patinati (leggi: periodo Kotzen).

Non ci si scosta (per ora) di una virgola, con la successiva “Stillborn”, brano in cui la sezione ritmica si dimostra rocciosa e compatta, tecnica ed assolutamente di prim’ordine.
Rock di classe sopraffina, che non ha paura di mostrare i denti con parti di chitarra dure e quasi “metal oriented”, con il “fratello famoso” che si rende protagonista di una prova poliedrica e più che mai convincente. Prova dei musicisti a livelli stellari.
Breve intro “a cappella” per “Love Thy Neighbor”, subito traghettata dalla scoperta Mark su lidi hard rock con una ricetta ormai collaudata e ben eseguita: tonnellate di riff, stop’n’go, ritmiche “groovy” e trascinanti, assolo e scelta dei suoni e degli effetti (pochi) assolutamente azzeccati.
Vero biglietto da visita per Mark è il quarto brano “Kaffur (Infidel)”, dove davvero le sue dita non hanno riposo. Fraseggi al fulmicotone, riff stupendi e un assolo degno dei grandi guitar heroes, con un singer che davvero deve superare se stesso per non venir bonariamente offuscato dall’ombra del “fratello rivelazione”.

“Painter Paint” è un giusto tributo ai Queen, un brano dalla durata perfetta (poco più di due minuti) e dall’emozionante arrangiamento di chitarra acustica. Una canzone che non vi stancherete mai di ascoltare. Da brividi.
Ci risveglia poi dal dolce torpore con un brano che sembra estrapolato da un disco dei Velvet Revolver: “Tolerance Song”, pezzo grintoso ed adrenalinico.
Poderosa e futuro punto cardine del loro live-set, “Set Me Free” ci evoca in modo deciso il groove e  la potenza degli Audioslave, con un Gary che canta sui registri alti con piglio sicuro e deciso,  ben consapevole che “laggiù” il fratellino non ha bisogno di nessuno se non della propria chitarra.
Stanco di scriverlo: riff splendidi e un assolo incisivo e personale.
“Jesus Would You Meet Me” è una curiosa traccia in cui Bob Geldof incontra i Queen più scanzonati, il tutto condito in salsa folk, per un risultato allegro e solare, in grado di infondere buon umore ed energia.
“Slave” è poi un ulteriore esempio del talento della band. Soundgarden e Audioslave, convivono con un break melodico ed emozionale, in un crescendo Rossiniano in cui gli archi intervengono per evidenziare il pathos di un brano davvero memorabile.
“Beyond The Garden/Kicking Against The Goads”, è infine il modo migliore per chiudere il CD, con un atmosfera rilassata e quasi spirituale.

Tirando le somme, fa quasi sorridere che Gary Cherone sia tornato in coppia con suo fratello (o faremmo meglio a dire il contrario?) dopo la fallimentare esperienza maturata in seno ai “Van Brothers”, dalla quale ha ottenuto solo gli oneri e non gli onori.
Che voglia vendicarsi presentando al mondo una nuova coppia di consanguinei rockers?

Detto tra noi, temo che la qualità non basterà a rendere famosi gli Hurtsmile, a meno che non siano pronti ad indossare maschere, bruciare qualche chiesa, fidanzarsi con modelle cocainomani o comporre il singolo strappa-mutande, magari colonna sonora di un prossimo Marvel-movie.

Resta innegabile ed inopinabile un fatto: questo disco è un piccolo, grande gioiello hard rock.

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Tracklist:

01.    Just War Theory
02.    Stillborn
03.    Love Thy Neighbor
04.    Kaffur (Infidel)
05.    Painter Paint
06.    Tolerance Song
07.    Set Me Free
08.    Jesus Would You Meet Me
09.    Slave
10.    Beyond The Garden – Kicking Against The Goads
 
Line up:

Gary Cherone – voce
Mark Cherone – chitarre
Jo Pessia – basso
Dana Spellman – batteria

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